Ancora un’aggressione all’interno delle mura del carcere di via Cavour. A segnalare l’ultima violenta rissa tra detenuti è il segretario generale del sindacato di Polizia penitenziaria, il dottore Aldo Di Giacomo che spiega: «Nei giorni scorsi si è verificata l’ennesima lite tra alcuni detenuti del carcere. Si tratta di un nigeriano e un tunisino. Mercoledì i due hanno avuto uno scontro verbale, apparentemente sfumato subito dopo. Il giorno seguente, però, è partita una ‘spedizione punitiva’ contro il detenuto nigeriano, un ex pugile, che ha subito un tentativo di accoltellamento. L’uomo per fortuna non ha riportato ferite preoccupanti e non è stato necessario il trasferimento in ospedale. È stato condotto in infermeria dove gli sono stati applicati dei punti alla ferita».
Ma le criticità non finiscono qui: sempre nei giorni scorsi è stato rinvenuto un altro cellulare all’interno del carcere. «L’ennesimo ritrovamento – aggiunge il sindacalista – conferma ciò che ormai ribadiamo da tempo, ossia che i detenuti hanno in mano la situazione e riescono a gestire traffici illeciti anche dall’interno del carcere. Solo nell’ultimo mese, infatti, sono stati rinvenuti circa 10 telefonini».
Alla luce degli ultimi avvenimenti uno dei problemi principali, secondo Di Giacomo, resta quello della vigilanza dinamica che permette ai detenuti di muoversi in libertà all’interno dell’istituto penitenziario.
«In questo modo viene meno il principio di rieducazione su cui si basa il nostro sistema carcerario poiché i detenuti più tranquilli vengono sopraffatti da quelli più violenti. In tal modo, inoltre, risse e aggressioni come queste trovano terreno fertile e di conseguenza i poliziotti penitenziari non riescono a svolgere in maniera serena il proprio lavoro».
Una situazione che ha bisogno di interventi mirati da parte della classe politica e dello stesso Dipartimento amministrativo, dunque, non solo in Molise ma a livello nazionale perché, conclude Di Giacomo, «ciò che accade a Campobasso altro non è che lo specchio di ciò che succede in tutte le altre carceri italiane».

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.