«Quella del detenuto albanese è la seconda evasione ‘reale’ avvenuta in pochi mesi ma è la terza se si conta il tentativo di fuga del detenuto fermato a gennaio dal poliziotto penitenziario che poi è stato sospeso. Sono passati ormai 9 mesi e l’agente, padre di due figli, non percepisce più stipendio e non è stato ancora reintegrato nonostante la procura abbia stabilito che non si è trattato di un reato penale. È assurdo». A parlare è il segretario generale del sindacato di Polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo che ieri mattina ha tenuto una conferenza per fare il punto a seguito dell’evasione del detenuto albanese, un 47enne condannato per il reato di omicidio, che godeva dell’articolo 21. «L’aspetto più lampante dopo l’ultimo caso è la fragilità del sistema. Negli ultimi due anni c’è stato un aumento di evasioni di detenuti in regime di articolo 21. Ciò significa che oltre all’aspetto sanitario e della criminalità interna, il sistema presenta delle falle. Questo non vuol dire che la rieducazione sia sbagliata – precisa Di Giacomo – nelle carceri è presente una parte ‘buona’ di detenuti che vuole reintegrarsi così come esiste una parte che continua a compiere reati: lo dice il numero crescente di aggressioni, i telefonini e la droga rinvenuta. Il proliferare delle infiltrazioni criminali nelle nostre carceri è inoltre evidente dalle sim acquistate fuori regione e rinvenute nelle celle di Campobasso».
Misure alternative sì, dunque, purché ci sia più sicurezza. «La rieducazione è essenziale, ma quando si verificano due casi in pochi mesi vuol dire che qualcosa va rivisto».
I permessi lavorativi aiutano dunque quei detenuti che vogliono reintegrarsi nella società ma rappresentano occasioni d’oro per chi non si è pentito delle proprie azioni: «Ricordiamo tutti il caso di Angelo Izzo e come andò a finire. Un caso così deve rappresentare una lezione e deve aiutare a mantenere alta l’attenzione».
Tornando al caso dell’agente sospeso Di Giacomo annuncia una nuova battaglia: «Nei prossimi giorni organizzerò una manifestazione.
L’arma del poliziotto aveva la sicura, non sarebbe partito un colpo neanche per sbaglio. Se poi qualcuno si impressiona nel vedere un agente usare un’arma allora vuol dire che non dovrebbero più darla in dotazione perché a questo punto non avrebbe più senso averla».

SL

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