Arrivano le prime conseguenze del presunto caso di pedofilia che ha travolto la diocesi di Isernia. Il vescovo Camillo Cibotti lo aveva dichiarato qualche giorno fa proprio sulle colonne di Primo Piano: la ricerca della verità in totale trasparenza è il suo primo pensiero. Ed ecco che, dopo un intenso periodo in cui egli stesso ha svolto delle indagini interne e ha avuto anche dei colloqui col procuratore capo di Isernia, Paolo Albano, ha deciso di mettere in atto dei provvedimenti disciplinari verso gli ecclesiastici che sono stati tirati in ballo da un ragazzo straniero. Si tratta di una persona che ha vissuto in provincia di Isernia in gioventù, essendo stato affidato dalla madre al sacerdote che risulta il principale accusato. Il prete è tornato nel suo Paese, non riuscendo a sostenere il peso di questa situazione ed è sempre più convinto della sua totale innocenza. Un altro parroco e un laico che collabora con la diocesi figurano nell’inchiesta poiché, secondo la presunta vittima, erano a conoscenza degli abusi, ma non sarebbero mai intervenuti.
Per tutti e tre arriverà a breve la ‘sanzione’ stabilita da monsignor Cibotti, che non sarà la sospensione ‘a divinis’. Il vescovo è tornato a parlare di una vicenda che sta provocando molto dolore a tutto l’ambiente e ha spiegato che la sua intenzione è di andare fino in fondo. Il principio è quello ribadito proprio domenica da Papa Francesco: tolleranza zero verso i pedofili.
«Ho ritenuto fondamentale tutelare la riservatezza, verificare l’attendibilità, collaborare con la magistratura nel vagliare le responsabilità personali – ha spiegato in una nota -. Ho ascoltato il più possibile i sacerdoti coinvolti in varie forme, i fedeli della parrocchia presenti in alcuni dei fatti accaduti, altre persone interessate per vari motivi. Non ho potuto confrontarmi solo con chi ha scelto la via mediatica, a scapito della possibilità di dialogo e di collaborazione. Seguendo l’esempio di Sua Santità, Papa Francesco, ho agito in comunione con lui. Perciò, anche se penalmente non ci fosse rilevanza, canonicamente, cioè secondo le regole che come Chiesa ci siamo dati, siamo in dovere di prendere provvedimenti disciplinari, perché non possiamo accettare fraintendimenti. Sono stati avviati o in procinto di esserlo dei Procedimenti Canonici». Un atto dovuto da parte di monsignor Cibotti il quale ha ribadito come la sua porta sia aperta anche per i tre ecclesiastici finiti nella ‘bufera’.
«Questo non mi impedisce di guardare con misericordia i sacerdoti coinvolti in queste vicende e i confratelli che hanno attraversato esperienze simili – ha proseguito il vescovo -. Per questo, innanzitutto desidero chiedere perdono, anche a nome di tutta la Chiesa Diocesana a chi soffre nel presente e a chi ha un passato di profondo dolore, alle singole persone e alle loro famiglie, alle Comunità parrocchiali coinvolte in vario modo. Chiedo perdono per le vicende passate e per quelle che hanno ancora forti ripercussioni nel presente».
Poi i ringraziamenti che arrivano al termine di una sorta di lettera aperta in cui Cibotti si rivolge anche alle vittime di violenza.
«Grazie a chi ci aiuta a fare più trasparenza, per amore alla verità e alla giustizia – ha detto -. Grazie a chi avrà il coraggio, dopo questi eventi, di presentare a me, come vescovo, situazioni in cui sacerdoti o cristiani hanno tradito, non hanno dato buona testimonianza. Mi rivolgo a coloro che hanno visto la loro vita segnata per sempre: sappiano di trovare in me e nella Chiesa che mi onoro di servire ascoltatori attenti, disponibili a fare la propria parte fino in fondo e ad indirizzare alla magistratura, lì dove le competenze del solo Tribunale Ecclesiastico non fossero sufficienti. Questo risulterà fondamentale per restituire alla Chiesa la credibilità e l’onestà che le derivano dall’operato di tanti uomini e donne di buona volontà. Grazie, infine, per tutto il bene che silenziosamente e umilmente viene compiuto. Questa è la Chiesa che amo: quella che ha il cuore di tanti presbiteri di questa diocesi che vivono con autenticità e piena dedizione il proprio ministero».

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