Il tribunale di Isernia ha condannato a quattro anni di reclusione e cinque di interdizione dai pubblici uffici Remo Perna. Ieri pomeriggio, dopo due ore e mezza di camera di consiglio, il collegio di magistrati presieduto da Vera Iaselli ha emesso la sentenza a carico dell’imprenditore che fondò la Pop 84 e la Gtr, chiudendo uno dei filoni processuali del ‘caso Zuccherificio’. I giudici lo hanno ritenuto responsabile di riciclaggio, stabilendo anche a suo carico il pagamento dei danni subiti dalla Regione, che dovrebbero aggirarsi attorno ai tre milioni di euro, ma che saranno definiti in sede civile. E quella è anche la cifra con cui Perna acquistò dalla famiglia Tesi il 37,74% delle quote dello stabilimento saccarifero di Termoli, nel 2009. Soldi che però, hanno accertato i giudici, erano gli stessi concessi ad altre due società riconducibili all’imprenditore isernino e che transitarono nella G&B Investement, l’impresa con cui rilevò lo zuccherificio. È per questo, quindi, che si è configurato il riciclaggio, secondo la sentenza di primo grado.
La Moda 2 srl e la Solba srl avevano infatti ottenuto un finanziamento per un milione e mezzo ciascuna e la posizione dei legali rappresentanti è stata già vagliata da un altro filone dell’inchiesta, che si è concluso il primo dicembre del 2016 a Campobasso. Si tratta di Vittorio Testa e Antonio Mucciardi, condannati in primo grado per truffa, ai danni della Regione, rispettivamente a due anni e otto mesi di reclusione.
Ieri il tribunale pentro ha assolto invece l’ex amministratore della G&B Investments Spa Deni Romano, per non aver commesso il fatto.
Il processo su ‘zuccheropoli’ ha avuto un lungo travaglio fino a essere sdoppiato in più parti, ognuna riferita alla competenza territoriale dei vari tribunali molisani.
Il tutto è nato appunto dall’acquisizione delle quote dello zuccherificio da parte di Remo Perna, dopo che la Regione rinunciò, con una delibera di giunta, al diritto di prelazione.
Per l’avvocato Fabio Del Vecchio, del Codacons, che sulla vicenda è stato sempre in prima linea, quello fu un abuso d’ufficio che rese possibile l’operazione finita sotto la lente della procura. È stato proprio il legale campobassano a ottenere che Perna e Romano andassero a giudizio.
Il 25 gennaio scorso la corte d’Appello di Campobasso ha condannato Michele Iorio e Gianfranco Vitagliano a sei mesi e un anno di interdizione dai pubblici uffici in un altro dei filoni processuali legati alla vicenda dello Zuccherificio del Molise.
Soddisfatto all’esito del processo isernino Franco Parente, il legale che ha curato gli interessi della Regione e che ha ottenuto anche il pagamento delle spese per la costituzione come parte civile dell’ente.
«Abbiamo chiesto sia il danno materiale sia quello d’immagine, perché ho evidenziato che in realtà il danno riportato dalla Regione nella vicenda non è solo patrimoniale – ha spiegato l’avvocato Franco Parente -. Sulla vicenda c’è stata un’ampia diffusione mediatica, sin dalla fase delle indagini preliminari e questo ha determinato un danno di immagine perché ha innescato dubbi circa la violazione dei principi di imparzialità e di buon andamento che devono sempre connotare l’azione amministrativa. Ovviamente questa situazione ha ingenerato nei cittadini molisani un risentimento e un senso di sfiducia nei confronti dell’ente Regione e questo è un danno d’immagine».

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.