Utilizzare società ‘cartiere’ con il chiaro obiettivo di ottenere ingenti, ma indebiti, benefici di natura fiscale. Questo il meccanismo portato alla luce dalla Guardia di Finanza di Isernia, che ha consentito di accertare una frode da 85 milioni di euro e un’evasione di circa 24 milioni. Imponenti i numeri dell’operazione ‘Fil Rouge’ scattata ieri mattina al termine di indagini durate anni. L’inchiesta, coordinata dalla Procura, ha portato all’emissione da parte del gip Federica Rossi, di sette misure cautelari e all’iscrizione di venti persone nel registro degli indagati. Nel mirino degli investigatori è finito il Gruppo Rossi. Ai domiciliari sono state confinate le sorelle Clara ed Edda Rossi, di 66 e 63 anni. È invece scattato l’obbligo di dimora per la madre 91enne delle imprenditrici. Provvedimento analogo anche per D. P., 53 anni imprenditore di Campobasso, N. T. B., 53 anni, imprenditrice di Bojano, A. G., 65 anni, professionista di Cantalupo nel Sannio e D.G., 69 anni, commercialista di Isernia.
Sotto la lente il gruppo societario gestito di fatto dalle due sorelle che però comprendeva anche 15 società al momento attenzionate dalla Procura, ma ce ne sono anche altre su cui la Guardia di Finanza sta indagando. Operavano ad Isernia e nel resto d’Italia, con sedi in Campania e a Roma che però erano fittizie. È stato infatti dimostrato che la sede operativa era il capoluogo pentro.
Il modus operandi. I dettagli dell’inchiesta sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa dal procuratore capo Carlo Fucci, che ha incontrato i giornalisti insieme al sostituto Maria Carmela Andricciola (che ha coordinato le indagini), al comandante provinciale delle Fiamme Gialle Vito Simeone e al comandante del nucleo di Polizia tributaria Antonio Matteo Stoico.
La caratteristica era la creazione di diverse società, tutte gestite di fatto dalle sorelle Rossi. «Di solito – ha spiegato il pm Andricciola – avevano un capitale sociale minimo e operavano nella gran parte nell’ambito della manutenzione di strade e autostrade. C’erano anche delle società esclusivamente ‘cartiera’, destinate soltanto ad emettere fatture per operazioni inesistenti nei confronti delle altre aziende del gruppo. Le società operavano nel corso dei primi 3-4 anni di vita, presentando bilanci e dichiarazioni dei redditi. Poi la situazione societaria diveniva insostenibile perché le dichiarazioni erano infedeli e i bilanci non rappresentavano la realtà dei fatti, soprattutto perché si caratterizzavano per un’indicazione di acquisti Iva nettamente superiori rispetto al fatturato soltanto per maturare crediti da compensare in maniera verticale e orizzontale con le altre imposte. A quel punto, le società venivano abbandonate attraverso a cessione di quote e la nomina di ‘teste di legno’ in qualità di amministratori. Inoltre la documentazione contabile veniva sistematicamente fatta sparire, per essere sottratta all’accertamento da parte della Guardia di Finanza. Le società andavano a morire, per esserne create di nuove. Un dato questo riscontrato per tutte le società finite nel mirino degli inquirenti. Questo il meccanismo che la Finanza ha cercato di fare emergere con l’inchiesta».
Secondo la ricostruzione della Procura «l’ideazione, la gestione e il controllo dell’intera attività criminale era demandata alle sorelle Rossi che si sono avvalse della stretta e fattiva collaborazione di professionisti, dipendenti e collaboratori storici del Gruppo».
Fondamentale, ad avviso della Procura, anche il ruolo di due commercialisti, F.B. e M.S., rispettivamente con studio nella provincia di Latina e di Caserta, attraverso la cui opera professionale è stato possibile compensare ingentissimi crediti Iva inesistenti. Inoltre, prezioso è risultato essere l’apporto di «compiacenti e fedeli prestanome» residenti nei Comuni di Volla (Napoli), S. B. di San Severo (Foggia), G. F. di Apricena (Foggia), A. D. I. di Pescara (Pescara), G. R. di Monteroduni, G. P. di Isernia, C. C. D. di Sant’Agapito , M. L. di Isernia, A. U. di Fornelli e M. D. C. di Bojano. È inoltre rilevante, per gli inquirenti, il il ruolo rivestito da M.M. odontoiatra romano. Grazie alla sua ‘collaborazione’ sarebbe stato possibile occultare e, in alcuni casi, distruggere la documentazione di alcune società che avevano dichiarato la loro sede legale nella sua abitazione ubicata nella Capitale, adibita anche a studio odontoiatrico.
I numeri. I finanzieri sono riusciti ad accertare la sistematica distruzione e occultamento della documentazione di quasi la totalità delle società coinvolte. Ma anche l’emissione di fatture per operazioni inesistenti per un importo di 16.589.514,00 euro ed un’Iva dovuta di 3.554.332,00 euro, l’utilizzo di fatture fittizie per un imponibile di 48.275.604,00 euro, l’indebita detrazione di Iva per un importo di 10.713.766,00 euro, la indebita compensazione di crediti Iva inesistenti per un importo complessivo pari ad 5.288.235,00 euro e l’omessa dichiarazione di elementi positivi di reddito per 1.468.015,00 euro.
Infine, la Procura ha ottenuto anche l’adozione da parte del Gip Arlen Picano di un decreto di sequestro preventivo, eseguito dalla Guardia di Finanza, per l’importo complessivo di 23.744.121,00 euro, dei beni mobili ed immobili e delle somme depositate presso gli istituti bancari, delle quote societarie e dei fabbricati appartenenti agli indagati.

Il procuratore Fucci: «Anche nei piccoli territori accadono fatti significativi»

Un’operazione ‘gigantesca’. Così il procuratore capo Carlo Fucci ha definito l’inchiesta ‘Fil Rouge’. «Va sottolineato – ha affermato – che anche nei piccoli territori accadono fatti significativi, per questo è importante poter contare su forze dell’ordine specializzate in grado di portare a compimento inchieste del genere, in sinergia con l’autorità giudiziaria». Significativo anche il settore nell’ambito del quale si è consumata la frode. «La storia giudiziaria ci insegna – ha detto ancora Fucci – ogni settore è ‘buono’ per porre in essere frodi fiscali. Certo che, quando si tratta di ditte che hanno a che fare con la pubblica amministrazione può, per certi versi ‘scottare’ di più. Probabilmente si tratta di ditte che non opereranno più con a pubblica amministrazione».
Un impegno enorme da parte degli uomini della Finanza di Isernia.
«Questa operazione – sottolineato il comandante Simeone – costituisce l’epilogo di una complessa attività di indagine che va avanti da oltre due anni. Sono stati impiegati un centinaio di uomini su tutto il territorio nazionale e abbiamo attivato diversi reparti, in base alle competenze. Per noi è un’indagine bellissima, condotta in modo esemplare e con grande professionalità da parte dei miei uomini, in stretta collaborazione con la Procura».
Deborah Di Vincenzo

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