Maxi frode da 85 milioni di euro: restano ai domiciliari le sorelle Edda e Clara Rossi, finite al centro dell’inchiesta della Guardia di Finanza di Isernia ‘Fil Rouge’. Lo hanno stabilito i giudici del Riesame di Campobasso respingendo la richiesta di revoca della misura cautelare, formulata dalla difesa, che alla luce della decisione, valuterà nuove mosse, compreso il ricorso in Cassazione.
Si attendono nuovi sviluppi dunque in merito all’inchiesta partita due anni fa.
Come è noto oltre alla frode è stata contestata anche un’evasione fiscale di 24 milioni di euro. Sotto la lente il gruppo societario gestito di fatto dalle due sorelle che però comprendeva anche 15 società al momento attenzionate dalla Procura, ma ce ne sono anche altre su cui la Guardia di Finanza sta indagando. Operavano ad Isernia e nel resto d’Italia, con sedi in Campania e a Roma che però erano fittizie. È stato infatti dimostrato che la sede operativa era il capoluogo pentro.
Secondo gli inquirenti la caratteristica era la creazione di diverse società, tutte gestite di fatto dalle sorelle Rossi. «Di solito – ha spiegato il pm Andricciola durante la conferenza stampa che si è tenuta al termine dell’operazione delle Fiamme Gialle – avevano un capitale sociale minimo e operavano nella gran parte nell’ambito della manutenzione di strade e autostrade. C’erano anche delle società esclusivamente ‘cartiera’, destinate soltanto ad emettere fatture per operazioni inesistenti nei confronti delle altre aziende del gruppo. Le società operavano nel corso dei primi 3-4 anni di vita, presentando bilanci e dichiarazioni dei redditi. Poi la situazione societaria diveniva insostenibile perché le dichiarazioni erano infedeli e i bilanci non rappresentavano la realtà dei fatti, soprattutto perché si caratterizzavano per un’indicazione di acquisti Iva nettamente superiori rispetto al fatturato soltanto per maturare crediti da compensare in maniera verticale e orizzontale con le altre imposte. A quel punto, le società venivano abbandonate attraverso a cessione di quote e la nomina di ‘teste di legno’ in qualità di amministratori. Inoltre la documentazione contabile veniva sistematicamente fatta sparire, per essere sottratta all’accertamento da parte della Guardia di Finanza».

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