Il dentino da latte del bimbo vissuto più di 600mila anni fa, rinvenuto nel giacimento paleolitico di Isernia nel 2014, rappresenta un’occasione preziosa per valorizzare dal punto di vista turistico e culturale Isernia e la sua provincia. Ne è convinta l’amministrazione comunale che, nel corso dell’ultima seduta dell’assise convocata per l’approvazione del Dup e del bilancio di previsione, ha presentato la strategia di sviluppo messa a punto per il rilancio del sito. Un progetto ambizioso, che vede come perno proprio quel bambino preistorico.
«La presenza del bambino – si legge nella proposta – dà spunto alla creazione di un personaggio, cui dare un nome ben preciso (ci sono già delle ipotesi avanzate, basate su studi specifici). Per ora lo chiamiamo convenzionalmente ‘Bimbo’. L’animazione digitale di Bimbo in realtà aumentata e su basi scientifiche (anatomia muscolo-scheletrica e caratterizzazione somatica) è già in avanzata fase di realizzazione. Sulla figura di Bimbo bisogna creare diverse serie di prodotti ed un vero e proprio merchandising: narrativa, fumetti, album figurine, cartoons, videogiochi, app, souvenirs. Tutti i prodotti devono promuovere il territorio e stimolarne la visita».
E partendo proprio da questi presupposti, l’obiettivo è – in sostanza – quello di creare una marca territoriale, coinvolgendo i centri limitrofi, associazioni e privati per dare forma a una vera e propria rete.
Naturalmente affinché il progetto abbia ricadute positive sul territorio, è necessario migliorare la ricettività. Per questo «si è ravvisata l’utilità – si legge ancora nella proposta – di prevedere un terminal turistico d’accesso alla città, da localizzare sul parcheggio di località Santo Spirito. È di vitale importanza creare collegamenti rapidi tra l’area di Santo Spirito e l’Auditorium Unità d’Italia, perché è qui che deve collocarsi il nucleo centrale delle attività turistiche”. Spazio anche al potenziamento delle infrastrutture viarie, sia ferroviarie che su gomma. Non solo. C’è anche l’idea di dare forma al ‘Mythos Park’ nella zona delle sorgenti San Martino, comprendente l’area sorgiva delle Fonti delle pegee (laghetto, percorso perilacuale ludico-storico-didattico ispirato al mito delle pegee, acquedotto romano), parco biologico botanico e faunistico proprio delle acque dolci sorgive, aula didattica e multimediale; ma anche parco pic-nic, percorsi ed impianti sportivi (di minimo impatto), strutture di somministrazione, motel». Strutture ricettive che possono essere di supporto allo sviluppo turistico incardinato sulla risorsa ‘Paleolitico’.
Infine la proposta progettuale prevede il potenziamento del centro storico. Si tratta di «interventi gestionali (pedonalizzazione Centro storico, verde e arredo urbano), interventi sulle funzioni pubbliche (uffici comunali, ufficio turistico, Università, altri uffici, S. Maria delle Monache, Distaccamento P.M.), interventi sulle funzioni private (albergo diffuso, centro commerciale naturale, incentivi alle partite IVA, convenzioni con le Banche, disincentivi fiscali, interventi d’imperio, incentivi generalizzati, incentivi alle associazioni, mercatini), vivacizzazione socio-culturale (proiezioni, manifestazioni, centri culturali, attrazioni di strada, associazionismo, welfare di prossimità, street art), attrattività turistica (Museo del Territorio, Isernia sotteranea, percorsi di visita), interventi infrastrutturali (ampliamento di Palazzo San Francesco, Casa dello studente, accessibilità, Palazzo Jadopi, servizi igienici, acquisizione aree verdi), interventi strategici (città circolare, Parco del Sordo)».
Nella proposta progettuale elaborata figura inoltre un gemellaggio con Gemellaggio con Heidelberg, città di 156mila abitanti, situata nel Baden-Württemberg. È sede della più antica e prestigiosa Università tedesca. Nei suoi pressi, nel 1907, fu scoperta la mandibola di un uomo primitivo che fu nominato Homo heidelbergensis (da cui deriva l’Homo neanderthalensis). L’uomo di Isernia è appunto catalogato come Homo heidelbergensis. «Creando un gemellaggio con tale municipalità – viene spiegato nella proposta – , si potrebbero moltiplicare le occasioni di sviluppo, scambio e compartecipazione a candidature su finanziamenti Unione Europea.
Il network potrebbe estendersi alla provincia cinese dell’Hubei, dove sussistono importantissimi reperti paleolitici e l’interesse della governance di sviluppare progetti di partenariato anche con riferimento al giacimento paleolitico di Isernia ed alla sua proposta candidatura Unesco».
Un progetto ambizioso dunque, che tradotto in pratica, rappresenterebbe davvero un’occasione preziosa per lo sviluppo economico dell’intero territorio provinciale.

La scoperta: il dentino è considerato il più antico resto umano rinvenuto finora in Italia

Una scoperta straordinaria. Così, nel 2014, venne definito il ritrovamento del dentino nel sito ‘La Pineta’ che, allo stato attuale delle ricerche, rappresenta il più antico resto umano della penisola italiana. Gli scavi sono stati condotti in collaborazione tra Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise e l’Università di Ferrara, con la direzione scientifica di Carlo Peretto, Professore ordinario del Dipartimento di studi umanistici di Unife. Quello venuto alla luce è un primo incisivo superiore sinistro da latte di un bambino deceduto all’età di circa 5-6 anni. «Il dente – spiegarono gli studiosi dell’Unife – mostra caratteristiche particolari che non si ritrovano negli altri reperti rinvenuti in Europa, seppur riconducibili ad un ampio contesto cronologico. Da questi si discosta perché più gracile e meno bombato».
Come è noto, il reperto rinvenuto viene attribuito a Homo heidelbergensis sulla base delle sue caratteristiche, per le sue dimensioni e per la sua età cronologica In Europa, infatti, Homo heidelbergensis è attestato a partire da circa 600 mila anni e rappresenta l’antenato dell’Uomo di Neanderthal che si diffonde successivamente in tutta Europa e che scompare in seguito alla diffusione dell’Uomo anatomicamente moderno (Homo sapiens) almeno a partire da 40.000 anni fa.
Il dente umano rinvenuto ad Isernia rappresenta una scoperta straordinaria in quanto permette di fare luce sulla variabilità di Homo heidelbergensis, che sembra essere molto pronunciata, e di sottolineare la peculiarità dei resti umani italiani più recenti che mostrano spesso una persistenza di caratteri arcaici se confrontati al resto dell’Europa.

Deborah Di Vincenzo

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