Tutto finito: nonostante le battaglie, i comitati spontanei, i presidi e gli spesso duri faccia a faccia con la politica regionale. La sanità regionale, gli esiti del Piano Operativo 2019-2021, i debiti, le decisioni assunte e da assumere con riguardo ai presidi ospedalieri fanno i conti anche con il servizio di Senologia ormai destinato alla chiusura. Ieri l’ufficializzazione, con un post su Facebook, di una battaglia ormai persa. Le parole della dottoressa Francesca Scarabeo – che è ormai da una ventina di giorni al lavoro nell’ospedale de L’Aquila – sono chiare, amare, raccontano di una esperienza professionale terminata con dispiacere e disappunto. Ha issato bandiera bianca, si è arresa a decisioni sulle quali difficilmente si potrà tornare indietro. E con lei anche il marito, Ettore Rispoli, che è in attesa del nullaosta per lasciare il nosocomio isernino verso strutture ospedaliere extraregionali. Ed è un durissimo j’accuse quello che da ieri sta facendo il giro dei social. «Purtroppo è vero, dopo tanti anni, 28 per la precisione, il mio progetto di vita, il mio progetto professionale, la mia grande passione, il sogno di curare la donna di Fornelli, di Miranda o di Frosolone o di Sesto Campano, di Castrocielo, di Cervaro, di Vairano, di Roccamonfina, con la stessa accuratezza, con gli stessi presidi di ultima generazione con la stessa competenza, correttezza, professionalità, etica ed umanità, come la donna nata in centro a Milano è tristemente naufragato – ha scritto ieri, intorno alle 18, sul proprio profilo Fb -. Dopo anni di sacrificio, dopo oceani di lacrime asciugate per ogni diagnosi comunicata, dopo aver superato difficoltà ed ostacoli di ogni professione, ma dopo aver resistito per anni ad ingiustizie e dispetti, ma anche dopo aver presentato relazioni e posters a congressi nazionali ed internazionali, dopo aver partecipato a gruppi di studio multicentrici, ma soprattutto dopo aver curato e guarito migliaia di pazienti mi sono arresa. Non mi vergogno di confessare che è stata una decisione difficile e sofferta, presa in tante notti insonni, ma con il cuore in mano, e con grande rammarico mi sono dovuta arrendere. Si può sopportare molto, si può sopportare tutto, ma nessun essere umano deve essere umiliatoper ’permettergli’ di svolgere il proprio lavoro. A nessun medico può essere imposto di fare un elenco di pazienti di cui potersi occupare e di altri no. È come chiedere ad un genitore di salvare uno solo dei figli. Allora non c’è scelta. ‘Tu proverai si come sa di sale lo pane altrui, e come é duro calle lo scendere e’l salir per l’altrui scale. ‘È una sconfitta di tutti, della classe politica in primis, ma nonostante tutto da orgogliosa e testarda molisana, resterò a vivere nella terra che amo e resterò, come mi chiamano, la dottoressa sociale. Un grande abbraccio a tutti».

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