A una settimana esatta dalla morte di Artù, il cane Bracco tedesco, legato, trascinato e ucciso da un 85enne, questo quanto annotato dai Carabinieri che stanno indagando sull’episodio, lungo la strada che conduce dal centro abitato di Larino alla zona del carcere di contrada Monte Arcano, rompe il silenzio Palazzo Ducale. «Non può passare e non passerà sotto silenzio la raccapricciante notizia della morte di un povero cane riportata dalla stampa alcuni giorni fa. Un fatto atroce, che ha sollevato sdegno e indignazione tra i cittadini. Alcuni dei quali, dalla pagina Facebook del Comune, hanno chiesto all’Amministrazione e al Sindaco non solo di commentare l’accaduto, ma addirittura di punire il “responsabile”. E a questo punto sì, sono doverose delle prese di posizione. Nessuno da Palazzo Ducale ha voluto “coprire” o peggio ancora giustificare la morte, così straziante, di un povero animale. Ma siamo proprio sicuri che i fatti si siano svolti così come sono stati raccontati? Siamo certi si sia trattato di un atto deliberato e non di un tragico errore? Domande indispensabili per capire come siano andate davvero le cose, non per insinuare dubbi sulle presunte responsabilità di qualcuno. Perché se qualcosa di buono in tutta questa brutta storia c’è, è innanzitutto il coraggio di quei cittadini che hanno denunciato quanto visto. Questo ha permesso di poter avviare immediatamente le indagini da parte dei Carabinieri e, tecnicamente, nulla al momento si può fare, da parte di nessuno, se non da parte dell’Autorità Giudiziaria. Questo non appaga certo la tristezza e lo sgomento, ma consentirà, senza ombra di dubbio e senza lanciarsi in pericolose condanne preventive, di accertare la verità. Solo allora, se si dovesse arrivare ad un regolare processo, deciso in un Tribunale e non su Facebook, si potrebbe valutare la possibilità da parte del Comune di costituirsi come parte civile. Tutto quello che viene prima, tutto il “giustizialismo a prescindere”, senza che i fatti siano realmente accertati dall’Autorità Giudiziaria e non solo commentati su Facebook sull’onda dell’indignazione, è sbagliato. E non va alimentato. Vanno invece spiegate come funzionano, nel mondo reale e non in quello virtuale, le cose: c’è un’indagine in corso, attendiamo le conclusioni, senza farci pervadere da pericolosi sentimenti di giustizialismo e non di giustizia. E soprattutto non dimentichiamoci di quello che è successo, affinché non accada più».

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