Mentre prosegue l’inchiesta giudiziaria contro ignoti del Pm Fabio Papa in Procura, a qualche chilometro di distanza dal palazzo di Giustizia di piazza del Popolo. La città di Larino si ferma per dare l’estremo saluto a una persona benvoluta, ancora giovane e che suo malgrado è divenuto un simbolo della sanità che la gente molisana non vuole, quella che non trova un Dea di secondo livello capace di assorbire emergenze come quella che hanno ucciso il 47enne Michele Cesaride. A 7 giorni dal suo decesso e a 9 dalla vicenda che lo vide correre in ambulanza da Larino a Termoli e quindi dirottato su San Giovanni Rotondo, centinaia e centinaia di persone hanno gremito la Cattedrale di Larino, con una folla che si è assiepata anche all’esterno, nel borgo antico della città frentana. Funerali davvero partecipati, quelli del conducente di autobus della ditta Calzolaro, stroncato da una emorragia cerebrale. Ma nonostante la moltitudine di persone, la comunità ha osservato un silenzio assordante. Ad accompagnare il feretro di Michele, giunto sul sagrato della Basilica di Larino poco dopo le 17, la moglie Beatrice ed i figli Domenico e Linda, stretti nell’abbraccio affettuoso e sincero di amici e parenti. Don Costantino Pietrantonio, parroco di Larino, già autore di una arringa pubblica nella manifestazione di sabato scorso, ha sottolineato il prezioso lascito concesso dai familiari, la donazione degli organi che consentirà a due persone di continuare a vivere. «Lui continua ad essere vivo perché ha donato parte di sé, perché quello che si fa con il cuore non si perde mai. Il parroco ha poi proseguito l’omelia dedicando al compianto Michele un passaggio del tradizionale canto della Carrese: tocca, carriero mio, su carro d’amore». «Ecco – ha poi aggiunto – oggi tocchiamo quel carro di amore che porta Michele ad una nuova vita». Poi, solo applausi, questì sì assai fragorosi, per testimoniare la vicinanza e la prossimità della comunità.

Un Commento

  1. Mara Iapoce scrive:

    Il tempo non cancellerà proprio nulla, anzi acuirà la rabbia e il dolore, ma una cosa si può fare: lottare perché le responsabilità vengano accertate e sanzionate, lottare perché si restituisca dignità ad una regione che l’ha persa sotto tutti i punti di vista.

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