Il Comune di Termoli non deve risarcire la Bio.Com per i ritardi con cui venne concesso (peraltro dal commissario ad acta) il permesso a costruire per realizzare la centrale, sul cui progetto la società di proprietà dell’attuale governatore del Molise Paolo di Laura Frattura (ceduta prima delle elezioni regionali) aveva anche avuto finanziamenti pubblici. Il ricorso chiedeva un indennizzo di 4,5 milioni di euro e mirava alla condanna del Comune di Termoli al risarcimento del danno derivante dall’illegittima condotta tenuta nell’ambito del procedimento di rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di un impianto per la produzione di biodiesel. La vicenda, è noto, mise politicamente contro l’ex sindaco Di Brino e lo stesso Frattura e l’attuale coordinatore regionale di Direzione Italia motiva proprio con questo ostruzionismo la ragione della sua caduta. La Bio.Com aveva ottenuto nel dicembre 2007 dalla Regione Molise un finanziamento a fondo perduto di oltre 620.000 euro, e presentò al Comune di Termoli in data 9 aprile 2009 la richiesta di rilascio di un permesso di costruire per la realizzazione di un impianto per la produzione di biodiesel nell’area industriale di Termoli già interessata da una grave alluvione nel gennaio del 2003. Il Comune di Termoli comunicava l’11 settembre 2009 il preavviso di rigetto cui seguiva il diniego definitivo del permesso di costruire per ragioni relative al rischio idrogeologico. La Bio.Com impugnava tale diniego dinanzi al Tar del Molise che respingeva la domanda cautelare con ordinanza successivamente riformata dal Consiglio di Stato che con ordinanza n.1222 del 16 marzo 2010 ordinava al Comune di Termoli e all’Autorità di Bacino di riesaminare la domanda chiarendo l’esistenza e la portata del rischio idraulico: a fronte poi della perdurante inerzia dell’ente locale, la ricorrente adiva nuovamente il Consiglio di Stato per l’esecuzione dell’ordinanza cautelare, ottenendola con ordinanza n. 2440 del 8 giugno 2011 che fissava il termine del 30 luglio 2011 concesso all’amministrazione per adempiere. Il 20 febbraio 2012 il commissario ad acta nominato rilasciava il permesso di costruire n. 18 in favore della ricorrente che tuttavia ometteva di ritirarlo. Nel frattempo con la determinazione del Direttore generale dell’Autorità di gestione del POR 2000/2006 n. 186 del 13 dicembre 2010 la Regione Molise disponeva la revoca totale delle agevolazioni concesse alla Bio.Com s.r.l. per la realizzazione dell’impianto – nell’ambito del programma pluriennale di interventi per la ripresa produttiva della Regione Molise, di cui all’ordinanza della PCM n.3268 del 2003 – contestando il ritardo nella presentazione della richiesta di erogazione a saldo sulla base delle spese effettuate, richiesta che, a mente degli articoli 12 e 10 lett. b) del bando, avrebbe dovuto contenere anche la documentazione attestante la completa realizzazione dell’investimento. Con ordinanza n.175 del 2011, il Tar accoglieva l’istanza cautelare di sospensione della citata revoca. Con la sentenza n. 760 del 18 dicembre 2012 il T.A.R. del Molise accoglieva in parte il ricorso, rilevando che il ritardo nel completamento dell’intervento oggetto di sovvenzione era dipeso da fatto proprio di terzi, così che non era possibile esprimere un giudizio di colpa della ricorrente, circostanza ignorata dall’amministrazione regionale. Il Consiglio di Stato, V, con sentenza 12 settembre 2017, n. 4310 riformava la sentenza del TAR Molise ritenendo la revoca del finanziamento legittima. Con il presente ricorso, ritualmente e tempestivamente notificato, la Bio. Com. srl ha chiesto all’intestato Tribunale amministrativo regionale la condanna del Comune di Termoli al risarcimento del danno patito in conseguenza del ritardo nel rilascio del permesso di costruire per la realizzazione dell’impianto. Si è costituito in giudizio il Comune di Termoli per resistere alla domanda contestandone la fondatezza e concludendo per la sua reiezione nel merito. L’udienza pubblica c’è stata lo scorso 5 dicembre e la richiesta è stata considerata infondata dai giudici del Tar Molise. L’incidente di esecuzione dell’ordinanza n. 1222 del 16 marzo 2010 della V sezione del Consiglio di Stato ha evidenziato l’incompletezza dell’istanza di rilascio del permesso di costruire che ha imposto al commissario ad acta l’acquisizione di documentazione istruttoria integrativa necessaria per rendere il parere di compatibilità ambientale da parte dell’Arpa sull’ultima versione del progetto con il piano quotato aggiornato, rilevante ai fini dell’accertamento delle quote di inondazione; tale documentazione risulta trasmessa dalla Bio. Com. srl solo in data 2.12.2011, dopo ben sei mesi dalla richiesta avanzata nel corso della conferenza di servizi del 25.7.2011.
Il ritardo con cui è stato rilasciato il permesso di costruire discende pertanto, prim’ancora che da una possibile negligenza dell’organo istruttore del Comune di Termoli nella valutazione del rischio idraulico alla luce delle prescrizioni del piano di bacino, dalla incompletezza documentale imputabile esclusivamente alla ricorrente che con la propria condotta ha quindi concorso al tardivo rilascio del titolo edilizio ponendo in essere una causa efficiente autonoma ed assorbente di ogni ulteriore concausa nella determinazione del danno da ritardo. In assenza della predetta documentazione non era infatti possibile ottenere il parere di compatibilità ambientale dell’Arpa, atto necessario presupposto al rilascio del titolo edilizio che infatti veniva adottato il 20.2.2012 dal commissario ad acta – nominato ben quattro mesi prima il 13.9.2011 – solo dopo il rilascio, in data 19.1.2012, del parere favorevole dell’ARPA Molise. La predetta documentazione era inoltre necessaria ai fini della VIA e dell’AIA cui il progetto doveva essere sottoposto, secondo quanto chiarito con nota dell’ARPA Molise del 25.2.2012. Deve pertanto escludersi che sussista il nesso di causalità tra il danno asseritamente patito e la condotta del Comune di Termoli. Inoltre l’originario diniego risulta motivato per ragioni inerenti il rischio idraulico insistente sull’area di localizzazione, alla luce della nuova perimetrazione proposta dal Comune di Termoli sulla base di uno studio redatto dal Consorzio industriale di Termoli che ha interessato tutta la zona industriale. Poiché il progetto della Bio Com. srl era precedente la nuova perimetrazione, l’Autorità di Bacino, nel corso della conferenza di servizi del 28.4.2011, ne ha sollecitato una verifica alla luce della nuova disciplina pianificatoria del rischio idraulico, tenuto conto della elevata vulnerabilità dell’area in questione, attraversata dal fiume Biferno e già colpita da una grave alluvione solo pochi anni prima nel gennaio 2003. Solo la trasmissione del piano quotato aggiornato avvenuta in data 9 maggio 2011 ha poi consentito di accertare in via definitiva la non pericolosità dell’area, tenuto conto delle quote di inondazione in funzione dei diversi tempi di ritorno (cfr. nota della Autorità di Bacino prot. 898/11 del 27.5.2011 sub doc. 22 in fascicolo ricorrente e verbale della conferenza di servizi del 28.6.2011 sub doc. 23). La decisione del Comune di Termoli di autovincolarsi alla ponderazione delle emergenze idrogeologiche censite dalla cartografia del P.A.I. e dei relativi indirizzi di tutela, prima della loro formale approvazione, appare comunque rispondente ad una regola di buona amministrazione e coerente con il generale principio di precauzione oltre che rispondente alle indicazioni della circolare dell’Autorità di Bacino prot. 189 del 6 marzo 2008 che invita a non sottovalutare o ignorare le informazioni contenute nel P.A.I. “sia nella proposizione di progettazione di interventi ma in particolare negli atti di pianificazione territoriale anche in relazione a quanto previsto nella legge regionale del 6 giugno 1996, n. 20 nonché della direttiva approvata con deliberazione di Giunta Regionale del Molise n. 3073 in data 5 agosto 1996”. Dopo il rilascio del permesso di costruire, la Bio. Com. srl ha omesso di dare inizio a lavori e persino di ritirare il titolo edilizio, incorrendo nella relativa decadenza di legge, sicché la mancata realizzazione dell’impianto e la perdita dell’utile atteso è la conseguenza immediata e diretta di una scelta imprenditoriale della ricorrente che ha liberamente deciso di non dare seguito al progetto imprenditoriale. La Bio.Com. è stata condannata a pagare le spese di giudizio. Il legale della società, Salvatore Di Pardo, valuterà col liquidatore l’opportunità di proporre appello al Consiglio di Stato.

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