Il comandante della Polizia municipale di Termoli, Massimo Albanese, rimane al suo posto. E’ stato rigettato, infatti, il reclamo proposto dal Comune adriatico dopo la reintegra disposta lo scorso 18 ottobre dal giudice del lavoro del Tribunale di Larino. A esprimersi, il 28 marzo scorso, il collegio formato da Michele Russo, Daniele Colucci e Rinaldo D’Alonzo. A renderlo noto è stato il portavoce del Movimento 5 Stelle in Consiglio comunale Nick Di Michele, che ovviamente non è stato dolce di sale nel commentare la seconda pronuncia giudiziaria sfavorevole di fila in questa vertenza estiva. Sì, perché Albanese venne destituito nel luglio scorso e trasferito alla dirigenza del Primo settore. «L’amministrazione di Termoli soccombe per l’ennesima volta nel giudizio contro il Comandante della Polizia locale Albanese. Oltre al danno economico che noi cittadini pagheremo ci sarà un evidente danno di immagine, ma evidentemente come sempre a loro non frega nulla dei cittadini e della città», il giudizio al vetriolo dell’esponente pentastellato, che conia l’hastag #Sbroccadimettiti. Il ricorso d’urgenza di Albanese dopo il sollevamento dall’incarico che aveva assunto come vincitore di concorso pubblico è datato 7 agosto, precisando che fosse in carica dal 10 febbraio 2015. Incarico dirigenziale a tempo indeterminato revocatogli con decreto sindacale n. 9 del 20 luglio 2017, per essere contestualmente nominato dirigente del Settore I —Affari generali. Albanese precisava che con delibera n. 199 dell’11 luglio 2017 il Servizio Affari Generali era stato privato dei settori risorse umane-sviluppo¬servizi, pensionamenti-contenzioso-relazioni sindacali, sistemi-informatici¬CED, tutti accorpati alla Segreteria Generale. Con separata determina n. 1265 del 21 luglio 2017 venivano conferite mansioni superiori al dottor Pietro Cappella, nominato nuovo Comandante della Polizia Municipale. Il ricorso si fondava sull’illegittimità della revoca subita, in considerazione del fatto che l’incarico dirigenziale non poteva essere revocato, salvo casi particolari, prima del decorso di tre anni, per non essere stato richiesto e acquisito il parere favorevole del Procuratore della Repubblica, Inoltre, per essere stato allontanato dall’incarico comunque senza il suo consenso e senza alcuna motivazione. A base del periculum poneva uno “stato ansioso depressivo reattivo con spunti fobici ed attacchi di panico”, ritenuto causalmente ricollegabile alla mortificazione subita. La vicenda – secondo i tre giudici – si inserisce in una pretesa riorganizzazione degli uffici comunali, operata dall’Amministrazione resistente, al fine di garantire la migliore utilizzazione delle risorse interne. In questo contesto al ricorrente venivano mutate le sue funzioni, da Comandante della Polizia Municipale a Dirigente del Settore 1 — Affari Generali, a sua volta riorganizzato, e in parte depotenziato, nelle sue articolazioni. Viene evidenziata l’autonomia del Corpo di Polizia Municipale e connaturale alla specificità delle funzioni del personale che vi appartiene, stante l’attribuzione in via ordinaria a tutti gli addetti della Polizia Municipale delle funzioni di Polizia Giudiziaria, di Polizia Stradale e di Pubblica Sicurezza con riconoscimento della relativa qualità, per Part. 5 della legge n. 65 del 1986 (in tal senso Cons. St, V, 17.2.2006 n. 616). In ragione delle delineate peculiarità del Corpo di Polizia Municipale, sia sotto il profilo organizzativo strutturale, sia sotto il profilo funzionale, in relazione ai delicati compiti attribuiti dalla legge ai suoi appartenenti, deve escludersi, per il massimo Giudice amministrativo (sempre Cons. St. n. 75/15 cit.), che la professionalità necessaria per lo svolgimento proprio di quelle specifiche funzioni sia acquisibile all’interno dell’organizzazione comunale, trattandosi di una professionalità che non può intendersi limitata alla conoscenza del territorio comunale e del suo substrato sociale ovvero dell’effettivo funzionamento dell’apparato comunale, né in tali conoscenze si esaurisce, comportando piuttosto lo svolgimento, sovente anche con piena autonomia di giudizio, di funzioni di Polizia Locale, nonché di Polizia Giudiziaria e di ordine pubblico, che implicano 1’appropriata conoscenza teoriche e tecniche di codici e di norme. Dunque, il Settore della Polizia Municipale è affatto peculiare rispetto a tutti gli altri dell’organizzazione amministrativa comunale, in termini di garanzia, di autonomia e di non fungibilità delle funzioni apicali svolte in quell’ambito. L’incarico dirigenziale conferito all’Albanese, se non lo si vuole ritenere a tempo indeterminato (si consideri anche che l’art. 109 Tuel specifica: “L’attribuzione degli incarichi può prescindere dalla precedente assegnazione di funzioni di direzione a seguito di concorsi”), deve comunque rispecchiare detto parametro temporale che, nel caso di specie, va ritenuto, in assenza di specificazione, e applicando un criterio più favorevole al lavoratore, di 5 anni e, in ogni caso, la revoca e intervenuta anteriormente anche al triennio, solo in caso di inosservanza delle direttive del sindaco o del presidente della provincia, della giunta o dell’assessore di riferimento, o in caso di mancato raggiungimento al termine di ciascun anno finanziario degli obiettivi assegnati nel piano esecutivo di gestione previsto dall’art. 169 o per responsabilità particolarmente grave o reiterata e negli altri casi disciplinati dai contratti collettivi di lavoro. Trattasi, allora, di una revoca palesemente illegittima e il mancato rispetto del vincolo posto dalla normativa vigente, non risultando il Procuratore della Repubblica nemmeno informato della rimozione qui impugnata, costituisce un indice ulteriore, ma non necessario, per la declaratoria di illegittimità, già coperta dalle argomentazioni che precedono. Ciò da un lato implica la disapplicazione di tutti i provvedimenti di macro-organizzazione adottati dall’Ente resistente nella parte in cui incidano sulla specifica posizione soggettiva, dall’altro rende ammissibile la domanda del ricorrente di rassegnazione all’incarico revocato. Le spese di lite della presente fase di reclamo seguono la soccombenza della parte reclamante. A tal fine si è tenuto conto, come nella prima fase, dei valori medi di cui alla tabella cautelari allegata al D.M. n. 55/14, causa di valore indeterminabile, scaglione euro 26.000,01-52.000 euro, esclusa la fase istruttoria e/o di trattazione, che non vi è stata.

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