Simbolo mediatico del ‘Molise che resiste’, centro di gravità permanente per i writer che nel borgo si ritrovano ogni anno per un festival diventato punto fisso nell’agenda di artisti di strada e influencer: Civitacampomarano non doveva essere costruita lì dov’è oggi. E a questo punto la soluzione per mitigare il rischio per la popolazione derivante dalla frana che minaccia la sopravvivenza del paese potrebbe essere anche la ricostruzione più in là.
Il governatore Donato Toma, a margine della presentazione della programmazione dell’Iresmo parla di Civitacampomarano come di «una bomboniera». E le bomboniere si ammirano. Non si usano, fanno bella mostra sui mobili. Borgo storico, da visitare, pare di capire. Forse però non da abitare.
Già, perché nelle interviste rilasciate al termine della conferenza Toma è anche più dettagliato sull’origine di questa sua riflessione. «Stiamo aspettando una pubblicazione sulla struttura di quel territorio dal 1800 ad oggi. Ma dalle prime anticipazioni che ho avuto verrà fuori che Civitacampomarano non doveva essere costruita in quel luogo.
Non è solo Civita, per la verità, anche altri paesi. Se così fosse e se non c’è una soluzione stabile per una frana del genere si dovrà pensare ad altre soluzioni che però mantengano la storia di questi paesi intatta lì dov’è».
Durante la stessa conferenza stampa annuncia pure il progetto di una nuova linea ferroviaria che costeggi la Bifernina e abbia collegamenti coi paesi. Ci sta lavorando insieme ai responsabili del settore ferrovie. Il spiega che l’opera servirebbe anche ad accorciare i tempi di percorrenza da e verso il basso Molise e la costa rispetto alla vecchia linea ferroviaria che al momento non è in funzione.
Non dimentica, infine, l’oro blu del Molise, l’acqua: «Entro novembre tutti i paesi della costa avranno acqua di sorgente che non ha bisogno di essere trattata». Poi il governatore conclude: «Vantiamo crediti enormi verso Campania, Puglia e Abruzzo e stiamo tentando di recuperarli. Questo è il motivo per cui stiamo rivedendo tutto l’assetto dell’azienda speciale Molise Acque che è la nostra ‘cassaforte’».

Triennio innovativo per l’Iresmo Cauto il governatore: valuteremo se mantenere in piedi l’ente

Più tecnologico, pronto a fare rete con altre istituzioni culturali, più proiettato nel territorio.
Parte la nuova attività dell’Istituto regionale per gli studi storici del Molise. Presentata alla stampa ieri mattina la road map per il prossimo triennio da parte del presidente Nella Rescigno e del presidente del Comitato scientifico Giuseppe Pardini. Tra le novità, bandi di ricerca e l’istituzione di un premio intitolato a Giorgio Palmieri, studioso e direttore della biblioteca Unimol stroncato da un infarto durante la presentazione di un libro a Campobasso nell’autunno scorso, da assegnare a un giovane ricercatore.
L’obiettivo, così la presidente del Cda Rescigno, è da un lato «continuare nella tradizione dell’Iresmo che ha una storia di 40 anni e dall’altra parte aprirci alla società civile sempre di più attraverso un piano di comunicazione anche relativo ai social e a un nuovo rapporto con le scuole».
Divulgare il Molise e la sua storia, dal paleolitico ai nostri giorni, fuori dal Molise: è la mission dichiarata da Pardini. Anche valorizzando figure come Benito Jacovitti, Corrado Petrone, «nati in Molise e che hanno fatto fortuna della cultura italiana fuori dalla regione».
Cauto sulla nuova programmazione, il governatore Donato Toma ha evidenziato la scarsa attività, dovuta anche a minori finanziamenti regionali, registrati dall’Iresmo dal 2013. Durante il mandato della precedente amministrazione, il contributo è sceso da 200mila a 30mila euro annui (che adesso diventano 50mila).
«Non posso dire se manterremo in vita l’Iresmo o lo chiuderemo – ha detto Toma – Oggi c’è un programma delle attività più dettagliato, plaudo a queste iniziative, ma bisogna vedere se la squadra funzionerà e su questo saremo molto attenti». Il governatore ha poi annunciato che sottoporrà nei prossimi giorni all’attenzione della giunta il ‘caso’ per decidere se l’Istituto «va finanziato, ripensato o eventualmente chiuso. A noi la storia serve, ma deve essere quella spendibile per il futuro».

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