Fulmine a ciel sereno in un pomeriggio di mezza estate. Se fossimo avvezzi alla narrativa stagionale andrebbe benissimo come incipit, ma gli strali sono quelli ministeriali e colpiscono il Punto nascita di Termoli, ancora una volta. A distanza di due settimane esatte dall’udienza celebrata al Tar lo scorso 24 luglio per la richiesta di sospensiva sul provvedimento di chiusura del Punto nascita di Termoli, poi accolta dai giudici del Tar Molise, è stato notificato alle parti l’appello al Consiglio di stato proprio contro la riapertura dello stesso punto nascita. A promuoverla i legali della Commissario straordinario alla Sanità del Molise, del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del ministero della Salute. Un fulmine a ciel sereno in questo torrido agosto che evidenzia quale sia la linea politica che proviene da Roma nonostante il reparto stia funzionando, l’udienza di merito sia stata fissata per l’aprile 2020. L’appello si fonda per i ricorrenti ministeriali e commissariali sulla nullità dell’ordinanza per incompetenza territoriale del Tar Molise in favore del Tar Lazio. «E’ indiscusso inter partes che l’impugnazione avversaria ha riguardato – tra l’altro – l’Accordo adottato il 16 dicembre 2010 in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell’articolo 9 del D. Lgs. n. 281/1997, recante le “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo” (rep. atti n. 137/CU). Come debitamente evidenziato nella memoria difensiva di primo grado, questo atto costituisce atto di indirizzo di rilevanza e portata nazionale, chiaramente esorbitante la questione territoriale molisana ex adverso dedotta in giudizio: sicché la sua contestazione giudiziale ha comportato l’attrazione della competenza giurisdizionale al Tar Lazio, ai sensi dell’articolo 13, comma 3, cod. proc. amm. Da tanto consegue la nullità dell’ordinanza cautelare resa dal Tar Molise, che ha palesemente ignorato l’eccezione ut supra formulata, e seccamente (ed illegittimamente) ritenuto la propria competenza a decidere anche dell’istanza cautelare avversaria, anziché dismetterla. Non solo, ma anche nullità dell’ordinanza per inammissibilità del ricorso per sua mancata notificazione alla Conferenza Unificata – Violazione dell’articolo 27 cod. proc. amm. In subordine, deve anche rilevarsi la nullità originaria del ricorso avversario, e con esso dell’ordinanza cautelare conseguentemente adottata, per essere lo stesso ricorso stato notificato ad organo diverso da quello che ha adottato l’atto impugnato. Il ricorso è stato infatti ex adverso indirizzato alla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome (la c.d. “Conferenza Stato-Regioni”), e non già alla “Conferenza Unificata”, la quale costituisce organo del tutto distinto dal primo: come ben noto, la Conferenza Unificata è organo complesso, costituito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome e dalla Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, ed è competente a partecipare ai processi decisionali che coinvolgono materie di competenza dello Stato e delle Regioni, al fine di favorire la cooperazione tra l’attività statale e il sistema delle autonomie, esaminando le materie e i compiti di comune interesse, e svolgendo anche funzioni consultive: cfr. articolo 8 del D. Lgs. n. 281/1997. La mancata notificazione del ricorso introduttivo all’organo che ha adottato uno dei provvedimenti impugnati ne comporta inevitabilmente l’inammissibilità per patente violazione dell’articolo 27 cod. proc. amm., e con esso la nullità della gravata ordinanza cautelare. Inoltre, nullità dell’ordinanza cautelare per mancata notificazione a controinteressati necessari – Violazione dell’articolo 41 cod. proc. amm. Ulteriore ragione di nullità dell’ordinanza cautelare quivi impugnata risiede nella circostanza che il ricorso avversario non è stato notificato ad alcun controinteressato necessario, quale avrebbe dovuto considerarsi (quantomeno) il Comune di Isernia e gli altri enti locali del bacino interessato, per come declinato in apposita eccezione al riguardo formulata nella sovratrascritta memoria difensiva di primo grado, ed anch’essa palesemente ignorata dalla decisione interinale. Il ricorso avversario avrebbe dovuto essere dichiarato preliminarmente ed è conseguentemente nulla l’ordinanza cautelare emessa dal Tar Molise. Quarto motivo, erroneità della ordinanza cautelare – erronea valutazione del difetto di istruttoria e motivazione. Ferme le superiori assorbenti ragioni di censura del provvedimento cautelare qui impugnato, valga anche considerare la inappropriatezza della valutazione sommaria operata dal Tar Molise con il medesimo provvedimento. Il cuore argomentativo della decisione cautelare che qui si avversa risiede in sostanza nelle affermazioni per cui “i provvedimenti impugnati sono essenzialmente ispirati da una logica emergenziale correlata alla limitata disponibilità di personale medico e non sembrano assistiti da idonee valutazioni e da puntuali riscontri istruttori volti ad apprezzare – in senso compiuto e coordinato – le conseguenze delle sospensione (anche in considerazione dell’incremento demografico nel corso della stagione estiva), e comunque ad accertare la concreta ed effettiva possibilità per gli utenti di avvalersi di strutture limitrofe in condizioni di tempestività e sicurezza, tanto in ambito regionale, quanto in ambito extraregionale”, e nel rilievo per cui “le dette carenze non consentono di individuare, nel breve periodo, scenari assistenziali alternativi rispetto alla soluzione in atto, ciò che, in ultima analisi, si traduce in un rischio di inadeguatezza delle specifiche organizzative del servizio rispetto alla effettiva tutela del diritto alla salute degli utenti”; e si traduce – in estrema sintesi – nella condivisione (pur nella sommarietà della fase interinale cui la valutazione accede) della censura di carenza di istruttoria formulata dai ricorrenti. Tale motivazione è tuttavia del tutto inappropriata, ove si consideri che il percorso delineato dal surrichiamato Accordo raggiunto il 16 dicembre 2010 in sede di Conferenza Unificata, in relazione alla soppressione dei punti nascita con trend di partorienti inferiore alle 1000 unità all’anno è preciso. Emerge dunque con assoluta limpidezza che la soppressione di punti nascita (quale quello di Termoli) con numero di parti anno inferiore al valore di 1000/anno (nel caso di Termoli addirittura inferiore a 500 parti/anno, e con dato in costante diminuzione) era in effetti già contenuta nel Pos Molise allo stato vigente, e trattasi dunque di misura niente affatto eccezionale ed improvvisa, ma ben anticipata da una puntuale e generale istruttoria già da tempo svolta a monte dell’Amministrazione Commissariale della sanità molisana, anche in aderenza a quanto previsto nel richiamato Accordo 2010 di Conferenza Unificata. Occorre ancora rimarcare che la disposta “chiusura” del Punto Nascita di Termoli deriva – anche – da un’altra circostanza, debitamente rappresentata dalla Difesa Erariale al Tar Molise, ma da questo parimenti ignorata. Proprio in attuazione del richiamato Accordo del 2010 di Conferenza Unificata dianzi ricordato (e dalle controparti ricorrenti impugnato), il Commissario straordinario pro tempore ha avviato un percorso amministrativo presso il Ministero della Salute, con coinvolgimento del “Comitato Percorso Nascita nazionale” (CPN nazionale) ivi istituito, per percorrere la eventualità (ivi prevista) di mantenimento di punti nascita “in deroga”, ossia di strutture pubbliche che – pur aventi un numero di parti anno inferiore al valore di 1000/ anno – potessero essere mantenute per ragioni eccezionali: situazione che interessava, appunto in Molise, sia il Punto nascita di Isernia che quello di Termoli. Con nota prot. n. 32479 in data 19 ottobre 2018 (già versata agli atti del giudizio di primo grado), il Ministero della Salute ha comunicato il parere favorevole del CPN nazionale (reso nella seduta del 9 ottobre 2018) al mantenimento “in deroga” del Punto Nascita di Isernia per un anno, a condizione – tra l’altro – della “chiusura del PN di Termoli ed eventuale attivazione di accordi inter regionali per l’accoglienza delle partorienti del Molise presso altri PN collocati anche fuori Regione”. Tale circostanza era d’altronde ben evidenziata nella stessa nota commissariale prot. n. 78739 del 25 giugno 2019 (oggetto di impugnazione avversaria in principalità), unitamente al fatto che gli stessi Ministeri vigilanti sulla regione commissariata (Salute ed Economia e Finanze) avevano rimarcato l’esigenza di chiusura del Punto Nascita di Termoli nel corso delle riunioni del Tavolo tecnico in data 21 novembre 2018 e 11 aprile 2019. Ecco dunque che la decisione al riguardo assunta dall’Amministrazione Commissariale è appropriatamente supportata da un compendio istruttorio e motivazionale ben più ampio ed articolato di quello semplicisticamente valorizzato dall’ordinanza cautelare del Tar Molise, unicamente calibrata sulla “limitata disponibilità di personale medico” che, pur costituendo una delle ragioni della decisione organizzativa ex adverso contestata, non è stata di certo l’unica. D’altro canto, valga rimarcare che la chiusura di “punti nascita” con numero di parti inferiore alle quote individuate nel richiamato Accordo del 2010 di Conferenza Unificata costituisce una misura organizzativa (tra l’altro adottata proprio attraverso lo strumento ordinamentale della concertazione tra Stato, regioni ed autonomie locali) che è stata considerata tale da assicurare ex se il miglioramento della qualità dei servizi, l’appropriatezza delle prestazioni e l’unitarietà del sistema con ciò essendosi a monte già fatta una valutazione organizzativa assorbente sulla esigenza, anche clinica, di assicurare che i punti nascita svolgano attività al di sopra di determinati standard quantitativi e qualitativi prefissati in via generale ed astratta».

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