In caso di calamità, i sindaci sono la frontiera. Non l’ultima, l’unica.
Dalle istituzioni ‘superiori’, solidarietà e pacche sulle spalle. Promesse e impegni. Poi piano piano spariscono. Resta la rabbia. Di chi amministra comunità colpite, persone che chiedono aiuto e depresse dall’assenza di risposte, sfiduciate sul futuro. Capita, è accaduto a Paolo Manuele ed è la cosa che dice con più rabbia, di non ricevere più risposte nemmeno alle telefonate. È la cosa che gli ha fatto più male in questi giorni, si coglie subito. Ha cercato ripetutamente il presidente della Regione, gli assessori. Nessuna risposta, al massimo un’interlocuzione con le segreterie, che danno appuntamento a fra qualche giorno, a settembre. «Se chiamo non è certo per esigenze mie personali. Loro lo sanno, il presidente lo sa…».
Civitacampomarano aspetta da cinque mesi e più. Il 10 settembre saranno sei. Una frana, collegata agli eccezionali eventi meteorologici dell’inverno, interessa una parte del centro. Il paese, già alle prese con problemi serissimi di viabilità che ne decretano uno spopolamento continuo – rimangono solo gli ostinati -, fronteggia un’altra emergenza. Sono 34 gli edifici sgomberati, fra prime e seconde case e sedi di attività e di istituzioni. Perfino il Comune è costretto a cercare un’altra collocazione: nel palazzo dove prima aveva sede il Giudice di pace, sistemazione per la quale servono 30mila euro (per la manutenzione ordinaria e ripristinare un minimo di decoro). Le persone fuori casa sono 24. Per le famiglie il sindaco aveva chiesto un contributo per l’autonoma sistemazione, «sarebbe più economico», anziché predisporre moduli abitativi. Sta di fatto che da aprile, quando in una riunione col direttore dell’Ufficio Rischi Idrogeologici della Protezione civile furono date precise indicazioni sugli interventi urgenti da realizzare nella zona colpita dalla frana, la Regione Molise ha finanziato l’attività di monitoraggio e le indagini geognostiche e ha consegnato 12 prefabbricati per i beni che le famiglie tenevano nelle abitazioni sgomberate. Né l’autonoma sistemazione, né una casetta alternativa dunque.
Sono tre le diffide che il sindaco Manuele ha inviato, a partire dal 27 giugno, al governatore Frattura e ai vertici della Protezione civile regionale. L’ultima è scaduta il 23 agosto. Tutte senza esito. La preoccupazione maggiore il primo cittadino la manifesta per la strada provinciale 163. L’unica che porta a Castelmauro e che da Castelmauro è utilizzata per andare in direzione Campobasso. Anche in questo caso i danni che la frana provocò furono evidenti. «Ma oggi la situazione è notevolmente peggiorata. Perché le case interessate dal movimento franoso e sgomberato, col loro peso aggravano le lesioni alla strada. Il mio timore, che la Regione conosce bene perché ho rappresentato in tutte le mie comunicazioni questo rischio, è che saremo costretti a chiuderla con conseguente interruzione di servizi essenziali. Proprio ieri (mercoledì, ndr) con i tecnici della Provincia abbiamo fatto un sopralluogo. La situazione è peggiorata e dovremo provvedere creando una fascia di sicurezza, quindi con un senso unico alternato».
A Castelmauro vanno a scuola i bambini e i ragazzi di Civita e c’è la postazione del 118. Se la strada sarà chiusa, questi servizi non potranno essere più garantiti. L’intervento, ritenuto urgente nella riunione del tavolo di coordinamento del 10 aprile, per realizzare una viabilità alternativa costa 1,5 milioni. Dalla Regione dicono che a settembre potrà essere soddisfatta. Ma intanto, ragiona il primo cittadino, se fosse stata soddisfatta quando si è posta a settembre inizierebbero i lavori. Con questa tempistica, invece, le procedure termineranno verosimilmente in inverno. «Un atto tardivo, assolutamente».
Paolo Manuele di professione è disaster manager, una figura professionale assai qualificata. A livello comunale il disaster manager si occupa di pianificazione e gestione dell’emergenza e del sistema. Nelle Regioni e nelle amministrazioni statali, oltre che nelle imprese, anche di analisi e gestione delle politiche di protezione civile. Le sue richieste, quindi, supportate peraltro dall’esito della riunione del tavolo di aprile, sono state sempre improntate alle esigenze reali della popolazione e alla salvaguardia di una situazione già compromessa, puntando cioè a non peggiorarla. Le ha prodotte come sindaco che è anche disaster manager. Oltre alla viabilità alternativa, riguardavano tra le altre cose il contributo per l’autonoma sistemazione (70mila euro), opere di regimentazione delle acque per 300mila euro, un finanziamento straordinario per recuperare l’ex edificio scolastico (650mila euro).
Nulla di tutto questo è stato fatto. «Ci hanno sempre risposto che non ci sono soldi. Che il bilancio non permette. Ma quante variazioni al bilancio vengono approvate? E per le esigenze della mia comunità, invece, non si riesce a fare nulla? A metà giugno – aggiunge Manuele – il Consiglio dei ministri ha riconosciuto la stato di emergenza per il maltempo di gennaio, che riguarda anche i danni subiti dalle famiglie di Civitacampomarano, al cui ristoro bisognerà provvedere. Bene, sono passati due mesi e mezzo e ancora la Regione non riesce a chiudere la scheda necessaria per la formalizzazione dell’ordinanza da parte del Dipartimento di Protezione civile».
Se dovesse verificarsi un’interruzione di pubblico servizio, conclude non senza amarezza, «porterò à tutte le carte in procura. Sono carte che la Regione conosce da mesi. E finora, ripeto, a parte le indagini geognostiche e i 12 moduli per i beni delle famiglie, non ha fatto nulla di tutto quello che è stato ritenuto urgente e indifferibile». Il festival della street art, il borgo che non vuole morire: Civitacampomarano ce l’ha messa e ce la mette tutta. È il simbolo del Molise che resiste. Intorno, però, non sembra esserci alcuna attenzione per questo simbolo. «Il presidente della Regione è autorità di Protezione civile, ha competenze e deleghe in quel settore. C’è stato il terremoto a Ischia e il Molise e la sua Protezione civile erano pronti a partire. Come è giusto che sia. Ma trovo paradossale che allo stesso tempo non si sia trovato finora alcun modo per rispondere alle richieste disperate di una comunità molisana colpita da una calamità». r.i.

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