Come era del resto facilmente prevedibile, hanno fatto molto rumore le dichiarazioni del prefetto di Isernia, Fernando Guida, in merito all’ipotesi di una gestione da parte della criminalità organizzata del traffico illecito di rifiuti nella Piana di Venafro.
Come scritto anche ieri, le indiscrezioni parlavano già dallo scorso luglio di una inchiesta da parte della Dda di Campobasso sul caso a seguito dell’esposto dell’associazione «Caponnetto». Le rivelazioni del prefetto hanno chiaramente poi fatto il resto. Ieri mattina, abbiamo sentito il procuratore capo Paolo Albano che, da un lato, ha confermato l’incidente probatorio sulle analisi delle ceneri pesanti sequestrate un anno fa, mentre dall’altro ha tenuto a precisare come, in ogni caso, un ipotetico traffico di rifiuti gestito dalla camorra sarebbe di competenza della Direzione distrettuale Antimafia di Campobasso.
Sul sequestro delle ceneri pesanti di fine 2016 e inizio 2017, il procuratore ha poi aggiunto: «Presso la Procura di Isernia non risulta nulla, anche perché noi procediamo solo ed esclusivamente per reati ambientali. In merito al sequestro del materiale sospetto, al momento non abbiamo avuto indicazioni della presenza della criminalità organizzata».
In merito invece alla ipotesi di risultati discordanti tra quelli forniti dall’Arpa Molise e quelli di un laboratorio esterno attivato su impulso delle forze di polizia, Albano si è trincerato dietro un: «Non mi pronuncio assolutamente».
Insomma, prende corpo l’ipotesi che il prefetto abbia in mano carte diverse e scottanti, magari proprio la proroga delle indagini disposta dalla Dda di Campobasso con tanto di procedimento stralcio rispetto a quello che invece è in capo alla Procura di Isernia. Le indiscrezioni di Primo Piano Molise del luglio scorso, ad oggi mai smentite, riferivano di un procedimento contro ignoti scaturito dalla segnalazione dell’Associazione nazionale per la lotta contro le illegalità e le mafie «Antonino Caponnetto». Il “comitato antimafia” presieduto dal segretario generale Elvio Di Cesare chiedeva insomma di «accertare la sussistenza di un presunto traffico illecito di rifiuti speciali e pericolosi legati a residui di incenerimento tramite combustione – Ipotesi di reato rientranti nella tipologia prevista dalla Legge 13 agosto 2010 numero 136 di competenza delle Dda». Alla richiesta di svolgere «le opportune indagini su quanto evidenziato richiedendo di essere avvisati in caso di archiviazione», la Direzione distrettuale antimafia di Campobasso aveva quindi replicato con una richiesta di proroga delle indagini, appunto (tra le altre ipotesi) per traffico illecito di rifiuti con l’aggravante del favoreggiamento di associazione mafiosa.
Ric. P.

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