Non è confortante l’esito dell’avvio della sperimentazione dell’Arpa a Venafro per quanto concerne la misurazione del Pm2,5. Da un paio di settimane, infatti, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale ha iniziato a monitorare quotidianamente il particolato fine presente nell’aria cittadina. In particolare, la stazione fissa di via Campania sta registrando dati al limite del livello di guardia. Anche se va sottolineato come questo primo periodo sia considerato sperimentale – gli analizzatori sono in fase di collaudo fino al 1° settembre – i primi dati parlano piuttosto chiaro, e indicano un valore medio pari a 17 µg/m3, con un picco di 22 lo scorso 7 agosto: il massimo consentito attualmente è 25, ma dal 2020 questa soglia – indicata per assicurare la «protezione della salute umana» – scenderà a 20. Dunque, in prospettiva si tratta di un valore elevato.
Altre due centraline sono state attivate dall’Arpa in Molise: Campobasso 3 e Termoli 2. In queste postazioni il valore raggiunto è pari a 13 µg/m3, pertanto più basso e lontano dal limite rispetto a Venafro.
Anche se si tratta di una sperimentazione, in realtà l’Agenzia aveva già misurato la presenza del particolato fine nell’aria venafrana in diverse campagne mobili. Da un valore medio di 11 µg/m3 del 2015 si è saliti a 15 µg/m3 del 2016 e poi fino addirittura a 28 µg/m3 nel periodo 9-23 febbraio 2017. Chiaramente i dati non sono perfettamente confrontabili in quanto misurati in diversi periodi dell’anno. Tuttavia, a preoccupare è il trend, in netta crescita. A questo punto per lanciare ufficialmente l’allarme occorrerà attendere il mese di settembre, con l’analizzatore collaudato che restituirà valori di Pm2,5 giorno per giorno.
Allo stesso modo, comunque, va evidenziato come siano invece rientrati nei limiti i valori del Pm10 e anche del No2 (biossido di azoto).
Adesso però sotto osservazione è il particolato fine, «in grado di penetrare più in profondità nell’albero respiratorio umano».
Come spiegato dal Ministero della Salute e dal Ministero dell’Ambiente, «per materiale particolato aerodisperso si intende l’insieme delle particelle atmosferiche solide e liquide sospese in aria ambiente. Il termine Pm2,5 identifica le particelle di diametro aerodinamico inferiore o uguale ai 2,5 µm, una frazione di dimensioni aerodinamiche minori del Pm10 e in esso contenuta. Il particolato Pm2,5 è detto anche “particolato fine”, denominazione contrapposta a “particolato grossolano” che indica tutte quelle particelle sospese con d.a. maggiore di 2,5 µm o, all’interno della frazione Pm10, quelle con d.a. compreso tra 2,5 e 10 µm».
Sorgenti del particolato fine «sono un po’ tutti i tipi di combustione, inclusi quelli dei motori di auto e motoveicoli, degli impianti per la produzione di energia, della legna per il riscaldamento domestico, degli incendi boschivi e di molti altri processi industriali. Come per il Pm10 – si legge ancora nel dossier del Ministero dell’Ambiente -, queste particelle sono caratterizzate da lunghi tempi di permanenza in atmosfera e, rispetto alle particelle grossolane, sono in grado di penetrare più in profondità nell’albero respiratorio umano».
Dunque, il valore limite del Pm2,5 «per la protezione della salute umana, stabilito dalla normativa», è attualmente 25 µg/m3 e poi 20 µg/m3 dal primo gennaio 2020. La speranza è che per quella data Venafro possa riuscire a tenere sotto controllo il particolato fine. Grande attesa c’è per il “Priamo”, il Piano regionale integrato per la qualità dell’aria del Molise che dovrà «garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente». Al momento, l’unica misura adottata per contrastare l’inquinamento della Piana è l’ordinanza prefettizia che limita il transito dei mezzi pesanti nel centro della città.
Riccardo Prete

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