Protagonisti assoluti gli studenti del “Giordano” all’interessante seminario che si è tenuto nella mattinata di ieri a Venafro presso la sede centrale dell’Istituto, in via Maiella, e che aveva come titolo un vero e proprio manifesto su problematiche di stringente attualità: “Internet, videogiochi e sicurezza: chi sono i veri nemici?”.
Su questo tema si è sviluppato il “racconto” degli studenti che hanno messo in scena contributi di alto valore culturale e sociale, che hanno ottenuto unanimi consensi tra i relatori. In cabina di regia, la referente di Istituto per il bullismo Paola Di Iorio. Formazione e sensibilizzazione di alunni e genitori sul corretto utilizzo dei sociale e del web, sulle novità introdotte dalle legge 71 del 2017 e sulla prevenzione al cyberbullismo. In cattedra l’Unimol con i professori Giovanni Capobianco, delegato del rettore per la didattica e orientamento, e Fausto Fasano, professore di ingegneria del software delegato del rettore per l’informatica dell’Ateneo molisano che hanno inquadrato il problema sotto tutte le sfaccettature.
A fare gli onori di casa la preside Carmela Concilio che ha ringraziato tutti i suoi collaboratori per l’organizzazione della manifestazione che ha dimostrato ancora una volta il valore del “Giordano” come punto di riferimento per tutto il territorio.
Pertinente anche l’intervento del referente regionale per il bullismo Maria Antenucci che, insieme al delegato Usr Molise per la Comunicazione Giuseppe Lanese, hanno parlato della sindrome di “hikikomori” che colpisce oltre 100mila italiani, colpa della crisi e del web. «A volte- ha affermato Lanese- capita di lasciarsi andare. Di non avere voglia di combattere. Capita dopo una grande delusione. Le sconfitte lasciano cicatrici non sempre facili da rimarginare. Ma capita di lasciarsi andare anche perché non si riesce a capire quale possa essere il nostro posto nel mondo o perché si ha paura o si è stanchi di combattere per obiettivi e per certezze che stentano ad essere raggiunti. Ne sanno qualcosa coloro che soffrono della “sindrome di hikikomori” (letteralmente “stare in disparte”), termine giapponese che sta ad indicare una persona che per mesi o addirittura per anni sceglie di ritirarsi dalla vita sociale. Un fenomeno che è stato identificato per la prima volta in Giappone. E in Italia cosa succede? Qui da noi le persone affette da sindrome di “hikikomori” sarebbero circa 100mila. Tutto dipende dai cambiamenti in atto nella nostra società. Una società sempre più “fluida” come direbbe il filosofo Bauman. Con figli unici sempre più soggetti a pressioni, con il lavoro che manca, con la crisi economica che ha modificato le nostre certezze sul futuro, con l’avvento dei social network e l’ascesa della società dell’immagine. La sindrome di “hikikomori” non colpisce in via repentina. È un viaggio, spesso lento e costante, verso l’isolamento, prima interiore e poi esteriore. Bisogna comprenderne il percorso per aiutare chi ne resta colpito. L’”hikikomori” è una malattia a sé, mentre il disturbo d’ansia, la depressione o la dipendenza da Internet potrebbero rappresentare una conseguenza dello stesso isolamento, spiegano gli esperti. Bisogna far comprendere ai nostri ragazze e ragazzi una certa “cultura della sofferenza”, come viaggio in grado di segnarci (con le sue cicatrici) ma anche in grado di forgiare noi stessi come un essere umano unico ed irripetibile. Un essere completo non è colui che vince sempre, ma colui che apprende dalle proprie sconfitte per migliorarsi. Le sconfitte, le delusioni della vita servono a migliorarci. Ed è questo lo scopo finale che andrebbe insegnato ai nostri ragazzi: puntare al miglioramento e non alla vittoria».
Al “Giordano, dunque, si è aperto l’ampio dibattito sull’”hikikomori”. Un dibattito destinato ad allargarsi nel mondo della scuola, anche in Molise.

M. F.

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