Il decreto della Presidenza del consiglio dei ministri 10 agosto 2016 attuativo del famigerato articolo 35, comma 1, del decreto legge 133/2014, meglio noto come “Sblocca Italia”, viola il diritto dell’Unione europea.
Questo è stato statuito ieri presso la Corte di Giustizia europea adìta dalle Mamme per la salute e l’ambiente di Venafro. Dunque, in discussione il decreto che individua gli impianti strategici nazionali di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilati, tra i quali era stato inserito l’Herambiente di Pozzilli.
Di «grande vittoria» hanno parlato le Mamme che già nell’aprile 2018, insieme a “Il Comitato Donne del 29 agosto” di Acerra accolsero con «grande soddisfazione la decisione del Tar Lazio di condividere le argomentazioni proposte dall’associazione e dal comitato, insieme al “Movimento Legge Rifiuti Zero per l’economia circolare”, all’associazione “Verdi Ambiente e Società – Aps Onlus” e “VAS – Aps Onlus”, circa un possibile contrasto del decreto attuativo dell’articolo 35 del cosìddetto “Sblocca Italia” con i principi ed il diritto dell’Unione europea».
Le Mamme hanno quindi avuto ragione. «Ringraziamo l’avvocata Carmela Auriemma che ci ha assistiti in questa avventura a titolo gratuito, con grande professionalità e tenacia facendoci raggiungere uno strepitoso risultato. Ringraziamo anche i tanti cittadini che sempre più numerosi continuano a supportarci e che ci sono vicini. Vittorie come questa ripagano dei tanti anni di impegno continuo ed incessante dedicato alla difesa del territorio e della salute di tutti».
Una condanna definitiva per il governo italiano sugli inceneritori previsti nell’articolo 35 dello “Sblocca Italia”. Le associazioni ambientaliste avevano chiesto al Tar Lazio il rinvio alla Corte di Giustizia europea per «motivato contrasto tra le norme contenute rispetto all’articolo 35 – Piano nazionale di inceneritori – nel decreto legge “Sblocca Italia” e nel successivo Decreto attuativo e la Direttiva europea 98/2008/CE».
Due, in particolare, i punti fondamentali: «Stabilire che i 40 inceneritori esistenti e nuovi da realizzare siano “infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente” ponendo al primo posto una tecnologia obsoleta e nociva da rifiuti indifferenziati che alimenta anche le discariche, senza aver programmato nulla rispetto sugli impianti per il riciclaggio ed il recupero di materia»; e «stabilire che l’aumento delle emissioni di polveri e diossine dovute al “potenziamento al massimo carico termico” dei 40 inceneritori esistenti (quantificato in circa un ulteriore milioni di tonnellate annue incenerite) e la costruzione di otto nuovi inceneritori con annessa ubicazione e capacità in ogni regione (quantificati in circa altri tre milioni di tonnellate annue incenerite) non sia un piano/programma nazionale da sottoporre a Valutazione ambientale strategica».
Finalmente, hanno commentato le altre associazioni, «siamo riusciti a rimuovere il principale ostacolo al dispiegarsi sia in Italia che in Europa di una vera “economia circolare” basata sul “riuso-riciclo-recupero di materia”, dato che l’incenerimento distrugge materia per recuperare una bassa quantità di energia pagata salatissima dagli incentivi pubblici del Gse al contrario di quanto affermano sia necessario fare già da oggi le quattro nuove Direttive europee sull’economia circolare, in particolare la 851/2018/CE, di cui chiediamo che il governo italiano acceleri urgentemente il suo recepimento».
Anche i Verdi di Roma hanno commentato soddisfatti la sentenza: «La Corte Ue boccia la norma dello “Sblocca Italia” (governo Renzi) che dichiarava gli inceneritori “opere di interesse strategico”».
In sostanza, i giudici europei hanno ricordato come la gerarchia dei rifiuti non preveda al primo posto l’incenerimento, pertanto adesso il Parlamento potrà operare di conseguenza uniformandosi a quanto stabilito dalla Corte Ue.
A questo punto la palla passa al Tar Lazio che dovrà dirimere definitivamente la questione sulla scorta della sentenza di ieri.
Come sottolineato durante il dibattimento, «l’obiettivo principale di qualsiasi politica in materia di rifiuti dovrebbe essere di ridurre al minimo le conseguenze negative della produzione e della gestione dei rifiuti per la salute umana e l’ambiente. La politica in materia di rifiuti dovrebbe altresì puntare a ridurre l’uso di risorse e promuovere l’applicazione pratica della gerarchia dei rifiuti».
La Direttiva “rifiuti” dovrebbe poi aiutare l’Unione europea ad avvicinarsi a una “società del riciclaggio”, «cercando di evitare la produzione di rifiuti e di utilizzare i rifiuti come risorse».
Le associazioni ricorrenti, tra cui le Mamme di Venafro, hanno voluto evidenziare alla Corte Ue come «si dovrebbe ricorrere all’incenerimento dei rifiuti solo in ultima istanza, quando non è più possibile avvalersi delle tecniche di recupero o di riciclaggio».
Al di là delle questioni di merito, i giudici europei hanno dato ragione alle Mamme e alle altre associazioni perché l’articolo 35 che ha autorizzato l’incremento dell’incenerimento e la costruzione di nuovi impianti non è stato preceduto da una valutazione ambientale dei suoi effetti.
Chiaramente, la guerra prosegue anhce se una importante battaglia è stata vinta. Tuttavia, la speranza è che nelle more del procedimento intervenga il Parlamento, come chiesto anche dal Consiglio regionale del Molise, abrogando il famigerato articolo 35 dello “Sblocca Italia”.

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