Per la Suprema Corte di Cassazione Pino Spada, Anna Norma Spada, Giuseppe Spada, Eleonora Casamonica, Enrico Spada e Giuseppina Spada non possono tornare in libertà. I giudici di ultimo grado hanno così respinto i ricorsi contro la decisione del tribunale della Libertà di Campobasso scaturiti a seguito del blitz operato dai Carabinieri di Isernia e di Venafro con la maxi operazione antidroga denominata “Last Dose II”.
Solo per Eleonora Casamonica erano stati adottati i domiciliari poiché madre di bimbi in tenera età: la donna è figlia di Ferruccio Casamonica (quest’ultimo elemento di spicco del “clan Casamonica” operante a Roma, arrestato nel mese di luglio scorso nella Capitale per tentato omicidio, rapina ed estorsione).
Dopo gli arresti il procuratore capo Carlo Fucci in conferenza stampa parlò di «persone pericolose». Ricordiamo che per quasi un anno gli inquirenti sono stati sulle tracce del clan Spada-Casamonica registrando tutti i movimenti e tutte le cessioni soprattutto di cocaina ma anche di hashish e marijuana: tra le centinaia di acquirenti tantissimi giovani, anche minorenni.
La Cassazione, come detto, ha stabilito che la misura cautelare in carcere è necessaria poiché, tra le altre cose, la minima offensività degli arrestati «è stata ragionevolmente esclusa in considerazione del notevole giro di spaccio e di denaro che è risultato ruotare attorno alla famiglia Spada, in funzione del rilevante numero di tossicodipendenti che quotidianamente accedeva all’abitazione a tutte le ore (anche 17 al giorno), nonché della consistente quantità di sostanza stupefacente detenuta, tanto che in una sola occasione Casamonica Eleonora cedeva a (…) oltre 44 grammi di cocaina».
Inoltre, per i giudici è significativa «la riscontrata grave minaccia, ad opera di Spada Pino e della moglie Spada Anna Norma, ad uno degli informatori per costringerlo a dichiarare di essere stato costretto dai Carabinieri a riferire cose non vere, minaccia verosimilmente rivolta anche ad altro informatore che risulta aver denunciato i militari che avevano proceduto alla sua escussione».
In merito al filone della giovane coppia Enrico e Giovannina Spada beccata a spacciare nella propria abitazione a Venafro, «ulteriori elementi indiziari erano stati acquisiti in sede di esecuzione della misura cautelare: i Carabinieri avevano bussato invano alla porta dell’abitazione dei due, sentendo più volte lo scarico del water. L’indagata aveva aperto la porta soltanto quando i militari decidevano di accedervi coattivamente. La successiva perquisizione aveva consentito di rinvenire tracce di marijuana attaccate allo spazzolone del water, in cui era stato rinvenuto anche un pezzo di sostanza galleggiante, del peso di grammi 2,4, posto in sequestro». C’è da dire che la difesa ha provato a far valere le ragioni dei due rilevando come «gli episodi osservati erano solo nove in un arco temporale di due mesi, che il ricavo era stato irrisorio 350 euro» ma la Cassazione ha comunque respinto il ricorso.

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