Uno supervisionava i lavori di ristrutturazione di una casa, l’altro lo aiutava nel carico, scarico e trasporto della merce. Tutti e due, però, sono dipendenti della Provincia di Campobasso. Ma nei giorni scorsi il sostituto Nicola D’Angelo della Procura del capoluogo ha messo la parola fine su un’indagine che ha accertato la condotta della coppia di ‘furbetti’ e firmato l’avviso di conclusione indagine a carico di entrambi.
A segnalare che qualcosa non andava erano stati gli stessi colleghi della coppia. Da lì sono partiti le verifiche condotte dagli agenti della Squadra mobile di via Tiberio e durate quasi un anno.
Ambedue sono accusati del reato di truffa e peculato.
Coetanei di 54 anni e colleghi, insieme avevano pensato di scappottarla e di poter arrotondare la remunerazione da dipendenti della pubblica amministrazione con lavoretti extra. Fin qui nulla di strano. L’anomalia, punita a norma di legge, consiste nel fatto che i lavori extra erano soliti compierli mentre risultavano a lavoro in Provincia e soprattutto utilizzando mezzi e strumenti dello stesso ente.
Con artifici e raggiri erano riusciti a far risultare la loro presenza nel sistema informatico e cartaceo di riepilogo mensile per la rilevazione delle presenze a Palazzo Magno, inducendo dunque in errore l’amministrazione provinciale circa gli orari di lavoro che avevano realmente effettuato e procurandosi quindi un ingiusto profitto patrimoniale.
Ma sono andati oltre. Perché secondo quanto emerso dall’attività investigativa, nel corso della quale i poliziotti li hanno seguiti e pedinati per diversi mesi, i due ‘impiegati’ erano soliti utilizzare i mezzi in dotazione alla Provincia – di cui avevano il possesso per motivi di servizio – assentandosi reiteratamente dal posto di lavoro per adempiere a commissioni personali.
Così sono stati sorpresi mentre con un autocarro dell’amministrazione provinciale caricavano aste di acciaio per poi trasportarle e quindi scaricarle presso l’abitazione di uno dei due. In un’altra occasione, invece, hanno caricato e scaricato legna. In un’altra ancora sabbia e materiale da costruzione. E poi ‘passeggiate’ con la Fiat Panda che nulla avevano a che fare con le mansioni lavorative.
Insomma, mentre avrebbero dovuto svolgere lavori indicati si ritagliavano il tempo per fare tutt’altro.
Tutti e due sono accusati, a vario titolo, di truffa ai danni di un ente locale, falso in attestazione sulla presenza in servizio e peculato. Ci.A.

2 Commenti

  1. Mara Iapoce scrive:

    Beh, signora Emanuela, il fatto che ci siano delle persone oneste e lavoratrici nella pubblica amministrazione non deve impedire di parlare dei lavativi. Parlarne, ma soprattutto denunciarli significa dare onore a coloro che il loro dovere lo fanno scrupolosamente ogni giorno. Pensi alla criminalità organizzata: e’ vero che in Campania, in Calabria e in Sicilia ci sono tante brave persone ed anche chi denuncia, ma è altrettanto vero che ci sono i camorristi, gli ndranghetisti ed i mafiosi: parlare del fenomeno significa conoscerlo per combatterlo e non mischiarsi ad esso! Si cerchi di avere onestà intellettuale per trattare i problemi.

  2. emanuela scrive:

    Quello che dispiace di più è il fatto che per colpa di qualcuno sembra che tutti i dipendenti delle PA siano dei lavativi mentre ci sono come ovunque lavoratori buoni e cattivi. Per esempio gli insegnanti che se no hanno un’ora libera o qualcuno che li sostituisca almeno nella sorveglianza dei minori loro affidati, nonostante possono nemmeno ottemperare alle più impellenti necessità fisiologiche senza rischiare il reato di abbandono di minore!!!

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