Ha attirato subito l’attenzione. E i sospetti, classificandosi come la potenziale ‘furbata’ della casta annidata nella manovra di bilancio. Nel mirino è finito l’articolo 10 del disegno di legge di Stabilità 2015 del Molise, all’esame della Prima commissione di Palazzo Moffa. L’articolo che detta la disciplina della nuova pensione dei consiglieri regionali. Il sospetto è che, uscito dalla porta, il vitalizio rientri dalla finestra. E che la pensione sia in realtà comunque una super pensione per chi ‘lavora’ dalle parti di via IV Novembre.

Non più retributivo, il sistema previdenziale diventa contributivo, quello in vigore per i dipendenti: ogni mese dalla busta paga degli eletti di via IV Novembre verrà trattenuto il 20% dell’indennità di carica, la quota che grava sulla Regione è due volte quella di competenza del consigliere. Il meccanismo della Camera dei deputati, con numeri diversi. A Montecitorio, spiega il presidente dell’Assemblea legislativa Vincenzo Niro, dovrebbe trattarsi del 9% a carico del deputato e del 35 a carico della Camera. “A introdurre il passaggio da sistema retributivo a contributivo è stato il decreto 174, il decreto Monti”, ricorda poi Niro. L’origine del provvedimento che oggi sta facendo discutere il Molise – come ha già sollevato polemiche in Puglia e altrove – è nel decreto legge 138 del 2011( decreto Tremonti), il primo ad imporre l’austerity agli enti territoriali. Provvedimento poi richiamato dal 174. “Io ritengo che sia un percorso obbligatorio – prosegue Niro -, anche se so che c’è chi la pensa diversamente”. Il ddl di Stabilità, infatti, dice che i consiglieri regionali sono assoggettati d’ufficio al sistema contributivo. Così come il dl 138, poi convertito in legge, usava l’imperativo nel disporre che le Regioni “debbono” adeguare i propri ordinamenti ad una serie di parametri, fra cui il passaggio al sistema contributivo. Il provvedimento di Monti ha poi collegato l’adeguamento a quei parametri al trasferimento di risorse da parte dello Stato centrale.

Il contenuto dell’articolo 10 del ddl di Stabilità, conferma poi Niro, è frutto di linee guida condivise a livello nazionale. In Veneto c’è una legge quasi identica, cambia solo la percentuale della trattenuta (25% a carico del consigliere, da moltiplicare per 1,4 per definire quella a carico dell’Assemblea). Qualche numero: l’indennità lorda  è pari a 6mila euro, la trattenuta a carico degli inquilini di Palazzo Moffa sarà di 1.200 euro, 2.400 euro la quota mensile che la Regione verserà per ognuno dei consiglieri (e per gli assessori esterni). Soldi che andranno ad un istituto di previdenza che dovrà essere individuato dall’Ufficio di presidenza del Consiglio. Non è escluso che possa trattarsi di un fondo di investimento. I vitalizi degli ex consiglieri, infatti, da quando sono stati aboliti la somma per pagarli è a carico dell’erario in maniera ‘secca’: non c’è più il flusso delle trattenute dalle indennità di coloro che sono in carica ad alimentare il fondo. “È una valutazione che dobbiamo ancora affrontare”, dice sul punto Niro. Che sottolinea un aspetto a suo parere importante della ‘riforma’: “Siamo comunque passati da un sistema in cui il vitalizio si poteva percepire a 60 anni ma con le anticipazioni previste anche a 55. Oggi il diritto si matura a 65 anni e a seguito dell’esercizio del mandato per almeno cinque anni effettivi in Consiglio regionale”. Per ogni anno di mandato oltre il quinto, si va in pensione con un anno in meno fino però al limite dei 60 anni.

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