Più che friulano, «asburgico». Ettore Rosato è puntualissimo. Nell’ultimo fine settimana di campagna piena per le primarie (il prossimo sarà quello del voto ai gazebo) il capogruppo del Pd alla Camera è in Molise a sostegno della mozione Renzi-Martina.
Alle 8 è già a Riccia, con la segretaria Micaela Fanelli gira per il mercato. Si fermano poi insieme sulla frana che da tempo interessa la Fondovalle, a Pietracatella. Qualche foto per documentare la situazione assai precaria per la circolazione, Rosato le invia seduta stante al ministro delle Infrastrutture Delrio.
A metà mattina, prima della tappa a Isernia, a Campobasso una passeggiata in centro e una conferenza stampa insieme ai candidati per l’assemblea nazionale Messere e D’Achille. Si fanno attendere la deputata Laura Venittelli e il governatore Paolo Frattura. E giù sorrisi ironici: nessuno crede che arriveranno insieme. È delle ultime ore infatti l’ufficialità di una rivalità via via più evidente. La deputata termolese, se ci saranno le primarie per scegliere il candidato presidente del centrosinistra, si è detta pronta a scendere in campo. C’è fermento in casa Renzi. i due entrano a pochi secondi di distanza e si siedono agli estremi opposti del tavolo. Rosato scherza con entrambi, a Venittelli un rimprovero bonario sul ritardo: lui è il suo capogruppo. A Frattura una battuta sull’abbigliamento casual (Rosato è in giacca e cravatta d’ordinanza).
Si vota domenica prossima, dalle 8 alle 20, per scegliere il segretario nazionale del Pd. E in questa battaglia i renziani molisani hanno lo stesso obiettivo. Con loro, anche alcuni dirigenti che nel 2013 stavano con Cuperlo (per esempio il segretario della Federazione di Campobasso Maio). Ad accompagnare Rosato nel tour molisano, inoltre, il sindaco di Termoli Sbrocca, la vicesindaca di Campobasso Chierchia, l’assessore regionale Facciolla, l’ex segretario dei Ds D’Alete.
Aprendo l’incontro con la stampa, Nicola Messere sottolinea che si tratta di primarie e non di una guerra o di una resa dei conti. Mariateresa D’Achille (in sala anche il marito, l’imprenditore Camillo Colella) focalizza sui «risultati insperati» che il Molise ha raggiunto quando Renzi era premier e segretario (il Patto per il Molise, l’elettrificazione della Isernia-Roccaravindola). Venittelli ricorda: in Renzi ho creduto fin dall’inizio. Poi evidenzia la chance democratica offerta dalle primarie, gli altri partiti – lancia bordate – hanno «il click day», gli avversari «vogliono immettere nella comunità il virus della paura».
Frattura torna al 2011, quando «perdemmo contro Bersani» e poi alla vittoria del 2013 alle primarie nazionali. Lui era capolista. L’auspicio è di migliorare quel risultato, «che si superi anche in Molise il 60%». La strada è quella giusta a suo parere: la piazza, il confronto coi cittadini, «si riapre un pezzo di politica». Il capogruppo alla Camera che si ferma su una frana e sollecita il ministro delle Infrastrutture real time, dice, «è questo il Pd che vogliamo».
E Rosato ricambia: ha parole chiare per l’azione del governo Frattura. Dice due cose raccontando la «fatica» nel fare riforme, ma sono due cose emblematiche del mandato del presidente: «È più difficile privatizzare che lasciare in piedi un’azienda decotta. È più difficile fare il piano sanitario di riordino che lasciare tutto com’è». Un endorsement? Presto e impreciso, Rosato è a Campobasso per parlare di Renzi. L’ipotesi però non è campata in aria.
Dunque, Rosato mette in luce come il Pd sia l’unico partito ad avere una leadership contendibile. «Grillo è l’unico proprietario del Movimento. In confronto, Berlusconi era un dilettante». La democrazia, anche interna, è fatica. Tanto che le primarie del 30 aprile sceglieranno il segretario, la linea e la ripartenza (con le elezioni amministrative, regionali e politiche). Ripartenza significa anche capire perché ci si è fermati. Capire «perché abbiamo perso il referendum e da qui sono scaturite le dimissioni da premier e da segretario di Renzi. Bisogna avere la consapevolezza che un messaggio giusto, perché riformare le nostre istituzioni era necessario, è stato percepito meramente come un messaggio politico». L’analisi c’è stata, chiosa sul punto il capogruppo dem a Montecitorio. Ora «bisogna andare avanti ripartire, sapere che le riforme non sono mai facili, che quando uno vuole cambiare c’è sempre una fatica a spiegare il perché ma lasciare tutto immobile non è quello di cui ha bisogno questo Paese. Matteo Renzi ci ha messo la carica per cambiare, oggi lo facciamo in un modo più plurale con una mozione che coinvolge in maniera importante anche Maurizio Martina ma soprattutto con una consapevolezza: che l’Italia ha bisogno di un cambiamento mite, che sappia andare alle radici dei problemi, costruire condizioni migliori per l’occupazione, rispondere in maniera più attenta ai bisogni di chi è un po’ più indietro e in Italia c’è tanta gente che è un po’ più indietro e su questo investiamo tutte le nostre energie».
La sfida, si dice, sarà la partecipazione. «Dieci anni che facciamo le primarie, dieci anni che la domanda è questa: in quanti voteranno? Se ci impegniamo voterà sempre uno in più di quello che ci aspettavamo». È l’appello che anche la segretaria Fanelli ha fatto in apertura, andare ai gazebo.
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