Sopravvissuto al referendum del 4 dicembre, il Senato aspetta la legge al varco. Per l’abolizione dei vitalizi, dopo gli applausi alla Camera, comincia il tratto in salita. A Palazzo Madama i numeri sono incerti. Pd, Lega e M5S contano su 146 voti, ne servono 161. Mdp alla Camera si è astenuto, Forza Italia non ha partecipato al voto. Gli autonomisti potrebbero andare in soccorso ma chiedono modifiche che riporterebbero il testo a Montecitorio e il tempo stringe. Perché la svolta punta ad entrare in vigore dalla prossima legislatura. E resta il dubbio di costituzionalità. Se, come ha detto fra gli altri Onida, nessun diritto acquisito è intoccabile, per ‘toccarlo’ e restare indenni da censure della Consulta che lo vanificherebbero l’intervento deve restare nell’alveo della ‘ragionevolezza’.
È ragionevole ricalcolare col sistema contributivo le laute pensioni (alcune davvero d’oro) dei parlamentari che le hanno maturate con quello retributivo, quando a contare erano gli anni (a volte perfino pochi mesi) di permanenza fra gli scranni parlamentari? È ragionevole farlo in via retroattiva, decurtando in media del 40% (è la stima del presidente Inps Boeri) gli assegni in godimento? Per i comuni mortali, lo è. Per la Corte costituzionale il ragionamento cambia.
Ma cosa cambierà, invece, se la norma passerà in via definitiva ed entrerà in vigore? E l’ipotesi non è peregrina perché nella casta degli ex, parlamentari e consiglieri regionali, si passa in queste ore dalla rassegnazione alla preoccupazione.
In pratica il ddl Richetti estende ai parlamentari in carica e a quelli futuri il sistema previdenziale contributivo in vigore per i dipendenti pubblici. Ai fini della determinazione del trattamento deputati e senatori sono assoggettati al versamento di contributi previdenziali trattenuti d’ufficio sull’indennità; in caso scelgano il trattamento economico dell’amministrazione di appartenenza, possono chiedere di essere ammessi al versamento di contributi per ottenere la valutazione del mandato parlamentare ai fini pensionistici. La legge è retroattiva, quindi si applica integralmente anche ai parlamentari cessati dal mandato che già percepiscono gli assegni.
Per avere diritto alla pensione il parlamentare deve avere esercitato il mandato per almeno 5 anni. La frazione di anno superiore a 6 mesi è computata come anno intero ai fini della maturazione del diritto, fermo restando il versamento per intero dei contributi. Le pensioni, per chi ancora non le percepisce (per esempio gli onorevoli in carica Ruta, Leva, Venittelli e per coloro che lo sono stati come Sabrina De Camillis) saranno calcolate secondo i principi della legge Fornero: gli onorevoli eletti nella prossima legislatura percepiranno la pensione come tutti gli altri lavoratori a 66 anni e 7 mesi. Mentre per i deputati dell’attuale e dei precedenti mandati valgono le regole della riforma del 2012 che prevede 65 anni per una sola legislatura e 60 anni per chi ne ha più di una.
La determinazione del trattamento previdenziale viene effettuata con il sistema di calcolo contributivo vigente per tutti i lavoratori (moltiplicando il montante individuale dei contributi per i coefficienti di trasformazione in vigore per i dipendenti e gli autonomi in relazione all’età del parlamentare al momento del conseguimento del diritto alla pensione).
L’articolo 3 del ddl Richetti prevede che entro sei mesi, le Regioni e le Province autonome adeguino ai principi del provvedimento la disciplina dei vitalizi per i consiglieri. Un obbligo che costituisce un principio di coordinamento della finanza pubblica: per le amministrazioni inadempienti è previsto il taglio dei trasferimenti statali in misura proporzionale ai mancati risparmi derivanti dal mancato adeguamento. Destino segnato per la truppa consistente di ex consiglieri. Se la legge passa, altro che taglio temporaneo e in base alla cifra percepita.
Nella rosa di ex parlamentari molisani che percepiscono il vitalizio dalle Camere più di qualcuno è destinatario di due assegni mensili: quello di Montecitorio o Palazzo Madama e quello della Regione. Entrambi destinati al ricalcolo. Per esempio, l’ex sindaco di Termoli Remo Di Giandomenico, l’ex governatore Giovanni Di Stasi, Luigi Occhionero (che è stato deputato e segretario del Pds), l’ex senatore Alfredo D’Ambrosio, l’ex assessore regionale alla Sanità Giuseppe Astore. Che commenta senza astio né polemica il primo sì all’abolizione: «Lo ritengo un provvedimento giusto. Lo proposi io nel 2012. Anzi, nella mia proposta era previsto che in caso di doppio vitalizio ad essere ricalcolata fosse l’intera somma, cumulata, col contributivo. Certo, lo stesso decisionismo e la stessa compattezza – conclude – mi piacerebbe vederla anche su altri problemi, gravi e da risolvere nel nostro Paese».
A quanto ammonta il vitalizio attuale di Astore? Dal Senato riceve una ‘pensione’ di 2.639 euro netti al mese. Spulciando fra gli elenchi pubblicati dalla stampa nazionale (in particolare in quello del Fatto Quotidiano con le cifre aggiornate a ottobre 2016), ecco i vitalizi di alcuni parlamentari molisani. O che hanno avuto a che fare col Molise (l’ex procuratore di Larino Nicola Magrone nel 1994 fu eletto alla Camera coi Progressisti). Assegni che presto potrebbero essere quasi dimezzati (nel box una prioiezione verosimile in base a quanto oggi percepito). ritai

Ex deputati

Remo Di Giandomenico da 2.121 euro  a  1.272

Giovanni Di Stasi da 3.007 euro  a  1.804

Antonio Di Pietro (contributivo pro rata) da 3.702 euro  a  2.221

Magrone Nicola da 2.138 euro  a  1.282

Occhionero Luigi da 2.083 euro  a  1.249

Riccio Eugenio da 3.992 euro  a  2.395

Sollazzo Angelo da 2.174 euro  a  1.304

Ex senatori     

Giuseppe Astore da 2.639 euro  a  1.583

Luigi Biscardi da 4.581 euro  a  2.748

Alfredo D’Ambrosio da 2.381 euro  a  1.428

Antonino Valletta da 3.408 euro  a   2.044

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