Una chiacchierata al quarto piano di via Genova. Prima di me entrano alla spicciolata un paio di sindaci. Quando lascio l’ufficio ne riconosco altri due, uno del basso Molise e uno dell’Area Matesina, che aspettano di essere ricevuti. Il clima è da campagna elettorale.
Il presidente Frattura (ieri, ndr) veste casual. Niente giacca e cravatta perché «in agenda non ci sono incontri formali».
Si dice che dall’inizio dell’estate stia girando il Molise in lungo e in largo per «raccontare quello che abbiamo fatto. Tanto, tantissimo lavoro sottotraccia – dice – di cui adesso possiamo raccogliere i primi frutti».
Tra sei – forse – sette mesi gli elettori molisani andranno alle urne per il rinnovo del Consiglio regionale. Sul piano politico c’è molta confusione. E lo stesso Frattura sa bene che sarà difficile ricompattare tutto il centrosinistra attorno alla sua figura. Ma non demorde, anzi.
La legislatura volge al termine. Tempo di bilanci e giudizi, dunque.
Presidente, che voto dà da cittadino al suo operato e a quello del suo governo?
«È vero che prima di ogni cosa mi sento cittadino di questa regione, ma non posso giudicare me stesso. Posso però raccontare le cose che abbiamo fatto. Non voglio esprimere ‘il giudizio’. Voglio dare la possibilità ai cittadini di esprimere ‘un giudizio’ fornendo il dettaglio preciso e puntuale delle cose realizzate dalla maggioranza regionale. Lo farò fornendo una situazione al 31 dicembre 2017 e comparandola con quella ereditata al 31 dicembre 2012. Stiamo lavorando ad un report che oltre a riportare dati analitici di carattere generale, recherà anche un dettaglio comune per comune. Non solo in termini di infrastrutture, ma anche e soprattutto di servizi».
Ai molisani parlerà anche di sanità?
«No anche. Soprattutto di sanità, ma non solo».
Parliamone.
«Con piacere. Ho ereditato una situazione catastrofica: c’era un commissario commissariato e un sub commissario; premialità non riconosciute dal 2009 perché la Regione non aveva rispettato le richieste del tavolo tecnico; blocco del turnover dal 2007; costante e cadenzato incremento delle aliquote regionali in termini di tassazione per coprire un ripetuto e crescente disavanzo Asrem, con una pianta organica che anno dopo anno continuava a ridursi e la conseguente mancata possibilità di coinvolgere professionalità. Chiaro che così è impossibile offrire servizi adeguati ai pazienti. La situazione debitoria al 31 dicembre 2014 era pari a 426 milioni di euro. Debito oggi azzerato grazie alle transazioni con i creditori, grazie a 55 milioni di fondi Fas, 40 milioni dello Stato che è intervenuto con la Legge di stabilità 190/2014, grazie all’accesso alla liquidità per 257 milioni che dovremo restituire in 30 anni e grazie alle altre Regioni che hanno creduto nel Molise, concedendoci 73 milioni in tre anni, avendo dato noi soddisfazione alle richieste che venivano dal tavolo tecnico. È bene ricordare che la Regione è commissariata. La titolarità assoluta nella definizione delle scelte non è quindi esclusiva della Regione. Il piano di rientro, il Pos, non è stato approvato dalla Regione Molise, ma è stato condiviso all’unanimità in Conferenza delle Regioni e poi approvato in Conferenza Stato-Regioni. Questo vuol dire che le discussioni che fanno – tanto per rendere l’idea – il commissario Frattura e il direttore di Primo Piano Molise, sono importanti e costruttive. Però la sintesi che viene fuori dalla discussione deve essere comunque alla fine approvata da un organismo terzo che nello specifico è la Conferenza Stato-Regioni. Le Regioni hanno approvato e condiviso il Pos del Molise tant’è che ci hanno investito 73 milioni. Lo Stato, grazie ai pareri favorevoli dei due Ministeri affiancanti (Salute ed Economia), ha approvato. E solo grazie a quell’approvazione, grazie all’azzeramento del disavanzo con le risorse investite dalle altre Regioni, abbiamo ottenuto lo sblocco del turnover e siamo partiti con i concorsi. Il senatore Di Giacomo aveva detto che mai avremmo sbloccato il turnover. Al contrario di quanto sosteneva, non solo abbiamo ottenuto lo sblocco, ma abbiamo anche bandito i concorsi. Adesso sull’argomento tace, non una sola parola sulla riduzione delle aliquote che non per colpa di questo governo erano arrivate al massimo».
Ruta e Leva accusano il commissario Frattura di aver spostato l’ago della bilancia verso la sanità privata a discapito delle strutture pubbliche.
«È falso. L’incidenza del privato convenzionato è scesa da 121 milioni (governo Iorio) a 107 milioni. Ma non è tutto. Perché dal 2011 i privati convenzionati operavano senza aver stipulato i relativi contratti con la Regione. Ciò generava una marea di contenziosi. Noi non solo abbiamo preteso e ottenuto la stipula dei contratti che regolano il rapporto tra l’ente e i privati convenzionati, ma abbiamo anche chiuso tutti i contenziosi».
Così come li illustra, i numeri le danno ragione. Ma nel merito c’è ancora tanto da fare. Tante, tantissime le lamentale che arrivano soprattutto dagli ospedali.
«Adesso abbiamo gli strumenti per intervenire. È in atto un processo di riorganizzazione che sicuramente va migliorato secondo le esigenze del territorio. Siamo pronti a metterci in gioco su ogni aspetto, a recepire i consigli e le indicazioni degli addetti ai lavori e dei cittadini».
Tra sei mesi si vota e il Pd ancora non ha sciolto il nodo delle primarie.
«Ne parli con il Pd».
Ha cambiato partito?
«Assolutamente no».
Quindi?
«Ok. Qualcuno chiede di indire le primarie. Indire le primarie senza che ci sia un candidato significa sfiduciare il sottoscritto. Ci sono le norme e c’è lo statuto in cui è scritto che nel caso di governatore uscente, l’uscente è riproposto. Se sarò io o meno il candidato lo devono dire i simpatizzanti, i cittadini, i dirigenti, gli amministratori. A breve, come aveva deliberato l’assemblea del Pd, cominciamo un giro nei vari comuni molisani aggregando più realtà territoriali. Negli incontri presenteremo i risultati del governo e della maggioranza di centrosinistra».
Ma quando avverrà?
«Ci sono già le prime date. Entro fine settembre i primi due incontri (Agnone e Venafro, ndr). D’altronde, anche durante le recenti feste dell’Unità non è mancata occasione e opportunità di approfondire alcuni temi».
Ha percepito un clima ostile, di sfiducia?
«Questo però lo chieda al Pd. Faccio parte del Pd ma non ‘sono’ il Pd».
Andiamo avanti.
«Alla fine delle consultazioni nei comuni, tre sono i passaggi: alleanza programmatica; coalizione; individuazione delle modalità per arrivare alla designazione del candidato. Questo ha stabilito l’assemblea. Non si è mai visto che la rotta la detti la minoranza. Rotta e tempi non vengono dettati dalla minoranza. Ci sono gli organismi di partito e dei partiti della coalizione. Se oggi, tanto per fare un esempio, parlassimo di primarie a Rialzati Molise, Rialzati Molise ci risponderebbe: “Fatevi le primarie e poi discutiamo del resto”».
Assemblee per i soli iscritti al Pd, le piace vincere facile.
«Assolutamente. Sono assemblee aperte a tutti, certamente agli iscritti, ma soprattutto ai cittadini. Voglio confrontarmi con chi non è convinto. Sono pronto al contraddittorio e sono pronto a fugare ogni dubbio».

Tonino Di Pietro l’ha sempre difesa, è stato tra i suoi più convinti sostenitori. Ma ad un certo punto ha invertito la rotta.
«Tonino Di Pietro si è posto il problema della spaccatura del centrosinistra. E da padre nobile quale si è appunto dichiarato ha giustamente rilanciato sull’unità. Un centrosinistra unito, e come fare a dargli torto, ha sicuramente maggiori chance rispetto a un centrosinistra spaccato. Ha pertanto offerto la sua disponibilità laddove avesse verificato la possibilità di riunire il centrosinistra attorno alla sua candidatura».
Però ha dichiarato che le sue idee sono molto vicine a quelle dell’Mdp di Bersani.
«Mi pare di aver letto che si vede vicino alle posizioni di Bersani forte dell’esperienza dell’Ulivo. E l’Ulivo era un’esperienza nata dall’unione di più anime del centrosinistra. Indipendentemente dalla vicinanza di Di Pietro a Bersani che si rifà, appunto, all’Ulivo, io mi auguro e lavorerò perché l’alleanza di centrosinistra, qualunque sia il mio ruolo, possa essere confermata nella sua unitarietà. Laddove qualcuno non volesse far parte della squadra, se ne assumerà ovviamente tutte le responsabilità».
Il rapporto con il figlio Cristiano?
«Non ho mai registrato da parte sua un solo attimo di esitazione nel sostenere questo governo. Mai nessun problema. Oltre a essere capogruppo, Cristiano ha anche una delega e per quanto mi riguarda svolge il suo ruolo con passione e profitto. Mai nessun dubbio sulla compattezza dell’alleanza».
Ruta?
«Ruta è senatore del Pd».
Qualche frizione all’inizio, poi, seppur su un marciapiede, pare fosse tornata la simpatia.
«Lui sostiene che il punto di rottura sia stata la sanità. Abbiamo tentato di condividere idee e strategie. Rispetto però ad una situazione dove avevamo due scelte, andare avanti o fermarsi, non credo che avrebbe fatto bene al Molise e alla sanità molisana fermarsi. Per le ragioni già esposte. Sarebbe arrivato un commissario da Roma che avrebbe deciso solo e soltanto sulla base dei numeri. E sulla base dei numeri sarebbe stato un disastro».
Il bilancio della Regione è in salute?
«Ora sì».
Perché ora, prima non lo era?
«Non vorrei tediare i lettori, però anche questo va spiegato. Quando ci siamo insediati abbiamo trovato una situazione disastrosa. La prima cosa che abbiamo fatto è stata quella di ripulire il bilancio, cancellando i residui che non erano più rintracciabili e che continuavano ad essere riportati nelle scritture. Parliamo di circa 222 milioni (di residui). Ciononostante siamo riusciti a riequilibrare il bilancio. D’altronde – e questo anche vorrei fosse chiaro – non avevamo bilanci approvati dal 2010».
Si dice che lei sia parsimonioso e allo stesso modo amministra le casse della regione.
«Ci proviamo».
È vero che quando è fuori per ragioni di lavoro spende pochissimo?
«Non è vero. Spendo quello che spenderei se mi muovessi con mezzi propri. Se pernotto in albergo, non pernotto nel 5 stelle o nel 5 stelle lusso perché paga la Regione. Mi comporto come se la trasferta fosse a mie spese».
Sta dicendo che chi amministrava prima di lei quando era fuori per missione pernottava in alberghi di lusso?
«Non lo so e francamente nemmeno mi appassiona. Sono informazioni pubbliche e facilmente reperibili. Le posso dire che in quattro anni e mezzo per missioni questo presidente della Regione ha speso in totale 23mila euro».
Frattura non conferma. Ma a quanto pare 23mila euro nella passata legislatura li spendeva un solo assessore in meno di un anno.
Quindi adesso la Regione ha un tesoretto?
«No. Innanzitutto abbiamo dimostrato di avere la capacità restitutoria dell’esposizione debitoria. Per dirla in parole povere, quando una persona si presenta in banca e chiede un mutuo, la prima cosa che l’istituto di credito valuta è il valore della garanzia che presta e la capacità che ha di restituire i soldi avuti in prestito. Se guadagni 2mila euro al mese, mai nessuno ti concederà un mutuo che prevede una rata mensile da 2mila euro. Tornando alla Regione, prima di approvare il bilancio, lo stesso deve ottenere dalla Corte dei conti il giudizio di parifica, ovvero, la verifica degli impegni presi e come poi sono stati mantenuti. Quindi, l’efficientamento della macchina amministrativa regionale ci ha dato la possibilità di assumere un impegno per spalmare il debito. Ovvero, avviare i pagamenti. Perché se c’erano 300 milioni di debiti quando ci siamo insediati, vuol dire che qualcuno vantava nei confronti della Regione 300 milioni di crediti».
Ma prima che arrivasse lei non sembrava che la Regione fosse messa così male. Il precedente governo i soldi li spendeva.
«Certo. Ma il bilancio del 2010 era stato bocciato, quello del 2011: bocciato! Se non avessimo rimesso i conti in ordine, sarebbe arrivato un commissario. Stessa esatta dinamica di quanto accaduto in sanità. Forse è difficile rendere l’idea di quanto è grave non avere il bilancio approvato».
Ma com’è possibile governare senza il bilancio?
«Lo chiede a me? Non ne ho la più pallida idea. Quando sento o leggo osservazioni in merito alla nostra gestione, vorrei che qualcuno mi spiegasse come mai la Regione non aveva il bilancio approvato dal 2010 e perché i bilanci del 2010 e del 2011 erano stati bocciati. Perché? Noi ci siamo insediati nel 2013. Tre esercizi finanziari in balìa delle onde. Le obbligazioni assunte dalla Regione non avevano certezza di essere onorate. Ma ci rendiamo conto? Ma di cosa parliamo?».
Ma rispetto al passato adesso la gestione complessiva dell’amministrazione regionale quanto costa?
«Posso farle degli esempi che spero siano esaustivi. Per il personale nel 2012 la Regione ha speso 45 milioni, nel 2016 13 in meno (32 milioni); carburante: 124mila euro nel 2012, 30mila euro nel 2016; centralino: prima 1 milione e 700mila euro, adesso 425mila euro all’anno; il numero di autovetture è passato da 50 a 28; per la connettività si spendevano 1 milione e 800mila euro + Iva, adesso 354mila euro Iva compresa; i dirigenti erano 54 adesso sono 34. Qualche accenno sulle partecipate. Finmolise siamo passati da 124 milioni a 60; Molise Dati da 285 a 70; Sviluppo Italia da 107 a 36. Spero che a breve mi darete la possibilità di illustrare cosa accadeva prima del nostro insediamento con le consulenze. Sarebbe riduttivo spiegarlo con due cifre. Abbiamo realizzato la centrale unica di committenza, il protocollo informatico. Abbiamo ottenuto l’area di crisi e su questo aspetto mi farebbe piacere approfondire l’argomento in altra circostanza altrimenti rischiamo di fare confusione. Il governo, grazie ad una costante e oserei dire asfissiante pressione, ci ha concesso 90 milioni per saldare il debito dei trasporti. Mi creda, sulle cose fatte non temo alcun confronto. Abbiamo avuto un grande difetto: la comunicazione. L’architetto Franco Valente, durante la festa provinciale del Pd di Montaquila, ha detto: “Se per quattro anni e mezzo lavori in una fogna per liberare il canale, il tuo lavoro non è evidente a chi sta sul piano della strada. Che magari pontifica, critica, accusa. Non solo. Lavorando nella fogna sei costretto a prenderti tutto quello che arriva”. Questo è accaduto a noi. Oggi pare che quel canale ostruito lo abbiamo liberato. Adesso dobbiamo essere bravi a raccontare le cose fatte».
La sua giornata tipo degli ultimi quattro anni e mezzo?
«Sveglia 6.30, un’oretta, un’oretta e mezza per le cose extraregionali e poi qui al lavoro».
È vero che spesso a mezzanotte, anche più tardi, è ancora in ufficio e con lei i suoi più stretti collaboratori?
«Sì, è vero».
E i suoi collaboratori non si lamentano?
«Glielo chieda. Secondo me (sorride) se potessero mi affogherebbero».
Perché nonostante il grande lavoro che lei sostiene di aver fatto molti molisani le rimproverano di aver fallito. Ce l’hanno con lei, talvolta sui social l’apostrofano in maniera inenarrabile.
«Intanto c’è stata ed è tuttora in atto una campagna diffamatoria. Questo è un dato che evidentemente ha sortito negatività non di poco conto. D’altra parte, la difficoltà a comunicare le cose che si stavano facendo. Difficoltà soggettiva perché non siamo bravi comunicatori, difficoltà oggettiva perché quando metti mano ad un bilancio o a una sanità disastrati e ai cittadini che in te vedono la soluzione di tutti i mali devi dire che dovranno fare ancora sacrifici, diventa tutto più complicato se non impossibile. Nel senso che mancano proprio le argomentazioni. Oggi credo che la tendenza sia invertita. Abbiamo dati certi e terzi, come quelli di Bankitalia o dell’Inps, che ci parlano di inversione di tendenza sulla spesa sanitaria, sull’occupazione, sulla diminuzione del rischio di indigenza. Adesso possiamo dire ai cittadini che i frutti dei sacrifici chiesti si cominciano a toccare. Se la cassa integrazione diminuisce del 69,1%, se la cassa straordinaria diminuisce del 5,6%, evidentemente qualcosa di buono è stato fatto».
Presidente, la Procura di Bari muove gravi accuse nei suoi confronti. È indagato per calunnia.
«Ad oggi non ho ricevuto alcuna informativa. Ma non ho motivo di mettere in dubbio quanto sostenuto dall’avvocato Messere. Ritengo fondamentale, prima di dire anche una sola parola sull’argomento, leggere le motivazioni con cui il Tribunale di Bari ha assolto il dottor Papa e la dottoressa Petescia. Rispetto alle accuse che mi vengono mosse, sono certo di poter dimostrare quanto non ho potuto dimostrare nel processo che si è svolto con la formula del rito abbreviato».
Come crede di convincere i molisani a ridarle fiducia?
«Dobbiamo confermare la qualità del lavoro svolto dal centrosinistra. E raccontare ai molisani le cose fatte. E in contraddittorio fugare i dubbi che mi rendo conto sono tanti».
Cosa e chi politicamente teme di più?
«Nessuno».
Consentirebbe a chi nel tempo ha preso le distanze da lei di candidarsi in liste che, se sarà candidato, appoggeranno la coalizione?
«Tranne qualche caso specifico, qualche rarissimo se non unico caso, la politica è l’arte della ricomposizione».
Il consigliere Federico che ho incontrato poc’anzi le manda a dire che in Movimento 5 Stelle è pronto a prendere il suo posto.
«Ci vorrà qualche legislatura. Federico è giovane».
Un voto ai suoi assessori?
«I voti li danno i cittadini».
luca colella

3 Commenti

  1. E voi ancora credete alle promesse dei politici uhuhuhuhu…sto morendo!
    Ho i crampi allo stomaco per le risate….le promesse farlocche!
    VOTATE PD uhuhuhuhuhu

  2. Gaetano Sabetta scrive:

    Voglio ricordare al presidente Frattura,o meglio quello dovrebbe ricordare Lui,di quanto ha promesso in materia di Sanità prima delle elezioni.Dove ha creato disagi e inefficienze c è poco da capirlo…

  3. Giandomenico Cacciapuoti scrive:

    E’ fuori discussione che il precedente governo regionale abbia fatto man bassa di tutto quel c’era, attuando una politica clientelare che ha mortificato le vere professionalità presenti in regione, le quali sono state costrette a farsi la valigia per costruirsi un futuro. E’ altresì fuori discussione, tuttavia, che è mancata, a questo governo, quella marcia in più che potesse proiettare il Molise fuori dal pantano: mi riferisco in particolare ad una politica industriale e dei trasporti. Sono questi i veri volani di una regione, non gli uffici pubblici, fatti di personale sproporzionato rispetto al reale bacino d’utenza e, in non rari casi, molto poco competente. La vicenda dello zuccherificio di Termoli è emblematica: sono mesi che gli ex dipendenti attendono risposte certe dal governo regionale circa la loro ricollocazione, e sono mesi che non si sta pensando neanche lontanamente a riconvertire il sito in un altro polo industriale, magari sempre legato al comparto saccarifero, ma con un raggio d’azione più ampio. I treni -se non parliamo delle ‘Frecce’, che non a caso funzionano perché non sono in mano alla regione- continuano ad essere la Cenerentola locale. L’agricoltura non si capisce in quale modo la si vuole proiettare al di fuori degli angusti confini regionali. Ci vuole una marcia in più, insomma, e non bisogna dormirci la notte per trovare quelle giuste strategie -ma anche sinergie- che ci facciano uscire dalla palude.

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