Pierpaolo Nagni, assessore plenipotenziario della giunta Frattura (Lavori pubblici e infrastrutture – Urbanistica e politiche del territorio – Politiche abitative – Viabilità e trasporti – Impiantistica sportiva), ritenuto tra i politici molisani più intelligenti della seconda repubblica, ha una convinzione: alle prossime elezioni, il competitor dell’attuale governo regionale sarà il Movimento 5 Stelle.
Il suo ragionamento, all’osso: «Faccio politica da quando la fa Roberto Ruta. Abbiamo condiviso 24 anni. Non vedo differenze tra lui e me. Possiamo inventarci di tutto – ragiona – ma la storia parla per noi. Fino a qualche mese fa ha condiviso ogni nostra scelta, anzi, ha partecipato alle stesse. Perché un elettore di centrosinistra dovrebbe votare l’Ulivo 2.0 e non la coalizione di Frattura? In realtà in queste fughe in avanti leggo solo la spasmodica ricerca di una candidatura alla Camera e al Senato. Il centrodestra? Massimo rispetto per tutti, ma avete visto chi siede ai tavoli? Non ci nascondiamo dietro un dito, la questione è tutta tra Iorio e Patriciello. Ed entrambi hanno ragioni da vendere. Io la vedo così: tra qualche tempo quelli di centrodestra che dicono di non volere Michele (Iorio, ndr) andranno in ginocchio da lui a pregarlo affinché si candidi a capo della coalizione».
E con Patriciello come finirà?
«Vedremo. Conosco le dinamiche perché vivo gli ambienti politici ininterrottamente da più di due decenni. Ma non ho la sfera di cristallo. In genere quando faccio un pronostico, per dirla alla Di Pietro, c’azzecco».
Pierpaolo Nagni non si candidò alle elezioni del 2013, ma da coordinatore regionale del partito di Tonino Di Pietro tirò le fila della lista dell’Idv. Frattura lo nominò assessore esterno su indicazione dello stesso Di Pietro. Qualche mese fa, un fulmine a ciel sereno, il divorzio dall’ex pm di “Mani pulite” e l’adesione ad Alternativa Popolare di Angelino Alfano.
«Una scelta – spiega – coerente e in continuità con la mia storia politica. Ho sempre militato in partiti di centro. Dal ’95 nel Ppi, poi nella Margherita. Quando la Margherita è confluita nel Partito democratico, io non aderii. Andai con Di Pietro. L’esperienza del Partito democratico non mi convinceva perché troppo orientata a sinistra. Io, invece, mi riconosco nei valori di centro. Quando Di Pietro ha lasciato l’Idv ho deciso di seguirlo perché non avrebbe avuto alcun senso restare in quel partito. Ci sono stati intanto diversi appuntamenti elettorali ai quali ho preso parte con liste civiche nell’attesa che venisse fuori qualcosa dallo stesso Di Pietro. Ma, mi pare evidente, non ha voluto costruire nulla. Ho condiviso con lui anche qualche idea, per la quale però non ha mostrato grande interesse. Ad un certo punto ho dovuto fare una scelta, non potendo vivere il resto della mia vita nelle liste civiche. Cercavo da tempo un percorso di centro che potesse aderire al governo di centrosinistra di cui faccio parte. Alfano ha costruito qualcosa che oggi con la destra non ha più nulla a che fare, si chiama Alternativa popolare, e che rafforza il quadro di centro dove militano diverse, forse troppe, sigle. E che ha l’ambizione di diventare un partito di riferimento per i moderati. Alternativa popolare può guardare alla linea progressista con maggiore attenzione rispetto a quella conservatrice. Devo inoltre dire che ho trovato sul piano personale molto stimolante il dibattito con Alfano. È un ragazzo intelligentissimo, vivacissimo, una persona che profondamente conosce le meccaniche e le dinamiche politiche. L’impatto mi è piaciuto, ho condiviso la decisione con i tanti amici che mi hanno seguito con le liste civiche e con loro ho aderito a questo nuovo percorso».
E per il Molise Alfano cosa dice?
«La maggior parte del partito, mi riferisco all’ambito nazionale, tende a spingere per riconfermare l’alleanza con Renzi. In ambito locale mi è stata confermata la liberà, trattandosi di una forza di centro, di poter decidere, purché le scelte siano condivise con il partito e si fondino su ragioni reali e non personalistiche. Lo stesso Alfano ritiene che tecnicamente la scelta di un presidente uscente che si vuole ricandidare, in un’azione di governo che a nostro avviso rimane positiva, che ha bisogno di continuità perché molte cose che abbiamo avviato hanno necessità di tempo per far sì che siano evidenti i benefici per i cittadini, sia condivisibile. Sono convito di dover ripartire da questo contesto, da questo governo di cui faccio parte. Voglio dire, non è che quando sono passato con Alfano mi hanno cacciato, è un dato di fatto. Facciamo parte di questo governo e da questo ripartiamo. Sono dell’avviso che nulla deve essere precluso e chiunque voglia sposare il nostro programma è il benvenuto. Detto questo, trovo che delle azioni sono molto strumentali e personalistiche. Qualcuno si sta nascondendo sotto l’egida di nuove sigle (chiaro il riferimento all’Ulivo 2.0, ndr), ma dietro ci sono solo ragioni personali e di posizionamento. E questo mi fa pensare che sarà difficile trovare nell’ambito della sinistra un percorso comune. Ma questo è un problema del Partito democratico e non di Alternativa popolare. Siamo dell’avviso di non mettere veti. Tutto quello che va verso la continuità siamo pronti a discuterlo in qualsiasi istante. Devono essere gli altri a decidere se stare con noi o fare altro. Da quello che sento e vedo temo più che facciano altro».
Sul piano pratico, assessore, il settore dei trasporti non è messo benissimo. Quello della viabilità altrettanto.
«Lo so. Ma lei se lo è chiesto perché?».
Lo chiedo a lei.
«Sarà un caso che all’improvviso si fermano tutti i treni e franano tutte le strade? Sarà una maledizione divina contro il governo Frattura? Lei lo sa che questo governo è quello che ha investito di più negli ultimi 30 anni sia nella viabilità, sia nei trasporti?».
A maggior ragione. Avete investito, ma la situazione resta drammatica.
«Intanto aspetterei di vedere i risultati degli investimenti. Resta il fatto di aver ereditato una situazione che definire drammatica è poco. Il parco treni era in prevalenza costituito da “663” che avevano percorso 15 milioni di chilometri. Treni non dotati di aria condizionata di serie. Non è stato speso un solo centesimo prima del nostro arrivo sulla rete ferroviaria. Non solo: abbiamo ereditato un debito, saldato grazie ad un intervento straordinario del governo, di 90 milioni di euro. Un passo alla volta miglioreremo tutto. Avremo una linea grazie ai lavori impropriamente definiti della “metropolitana leggera” moderna ed efficiente. Aumenteremo le corse da Campobasso a Isernia e per Roma, contiamo di portarle a 15/16 al giorno. Quando, nell’arco di un paio di anni, avremo la rete elettrica fino al capoluogo pentro, con un accordo con il Lazio arretreremo a Isernia le corse che oggi partono ogni mezzora da Cassino. Isernia, forse le forze politiche locali non hanno ancora realizzato (consiglierei loro di non vedere l’area di pertinenza della stazione), diventerà un hub importantissimo, da dove partiranno e arriveranno treni elettrici per e da Roma. Con i treni elettrici avremo la possibilità di portare a 400 il numero dei passeggeri per ogni corsa e di ridurre i tempi di percorrenza perché sono molto più veloci di quelli a gasolio. Che, tra l’altro, non ci consentono di ottenere uno scalo diverso da quello attuale a Termini (all’interno della stazione non possono entrare treni alimentati a gasolio, ragion per cui i convogli molisani vengono destinati al binario 20/bis, ndr)».
Ha fatto cenno alla metropolitana leggera.
«Certo, una svolta epocale che i molisani capiranno solo quando sarà in funzione. Intanto i lavori consentiranno un ammodernamento strutturale della rete ferroviaria. Dei binari e delle infrastrutture per intenderci. E parliamo della stessa rete che oggi genera spesso problemi e interruzioni. Su quella stiamo intervenendo, non ne stiamo realizzando una nuova. Mentre in altre regioni investono per costruire nuove reti, non abbiamo la fortuna di averne una. È messa male e anche poco sfruttata. Con gli investimenti in corso la renderemo efficiente e funzionale, dando la possibilità a tutti di spostarsi comodamente in treno, alleggerendo così il traffico su strada. Certo, comprendo le preoccupazioni di chi oggi gestisce le corse degli autobus, ma delle scelte vanno pur fatte. Sarà comodissimo spostarsi in treno, offriremo molteplici soluzioni e invoglieremo ad utilizzare il meno possibile le auto».
A proposito di autobus, ma il bando per il gestore unico? Era una priorità quando vi siete insediati, sono trascorsi quattro anni e mezzo.
«Il Consiglio di Stato si è espresso in nostro favore solo pochi mesi fa. Intanto abbiamo chiesto una manifestazione di interesse a cui hanno risposto 17 aziende da tutta Italia. Nel frattempo i gestori locali si sono rivolti all’Antitrust. Siamo stati auditi. Abbiamo avuto il via libera. Credo che entro metà ottobre saremo in grado di pubblicare il bando per l’assegnazione del servizio».
Le strade assessore.
«Sulla rete viaria regionale abbiamo già investito 95 milioni e abbiamo già programmato investimenti per altri 35 milioni. Cifre inimmaginabili fino a qualche anno fa. Se la situazione resta disastrosa è evidente che la rete viaria che abbiamo ereditato era messa in condizioni pietose. Diciamoci la verità, fondi per sistemare tutto non ce ne sono. E non ci saranno. Solo per far fronte alle richieste delle due Province servirebbero 400 milioni. Se sommiamo anche le richieste dei Comuni arriviamo a cifre superiori all’intero esercizio finanziario di un anno della Regione. Allora sono necessarie scelte importanti, è necessario ragionare in un’altra ottica. Intanto un grosso passo in avanti lo abbiamo fatto riuscendo a convincere l’Anas a prendere in gestione una serie di strade. Immaginare che il governo ci conceda 400 milioni per la viabilità è impensabile. Vuol dire che in proporzione alla Campania dovrebbe erogare 4 miliardi».
E come intendete risolvere?
«Abbiamo avviato un processo che sta portando buoni risultati. In un’epoca dove si accorpano anche le scuole è impensabile immaginare che un paese possa essere raggiunto da cinque, tanto per fare un esempio, strade quattro delle quali nate come interpoderali, realizzate, appunto, per raggiungere un podere. Mettiamo dunque sul piatto i finanziamenti per una determinata area, facciamo sedere attorno a un tavolo i sindaci di quell’area, e sono loro a decidere le priorità e, quindi, come utilizzare il finanziamento. Vi assicuro che sta funzionando. Di fronte al confronto nessuno ha neppure il coraggio di chiedere i soldi per aggiustare una stradina che non ha una seria utilità pubblica. Così facendo possiamo cavarcela e riusciremo a mettere mano alle principali vie di comunicazione. Il resto, purtroppo, fa parte di scelte urbanistiche sbagliate. Non possiamo permetterci di avere in ordine una viabilità che si perde in mille rivoli. Si consideri che un intervento serio costa dagli 800mila al milione e mezzo di euro al chilometro. Ho richieste assurde per strade che servono una famiglia o un’azienda. Mi chiedo, allora: chi ha autorizzato un insediamento produttivo in un luogo non servito da viabilità ordinaria? Guardi, in alcuni casi la Regione spenderebbe molto meno se concedesse i fondi al titolare dell’azienda per delocalizzare e non se intervenisse sulla strada. È così!».
Quasi ‘a bassa voce’ come è nel suo stile ma con decisione, Nagni non le manda a dire e rivendica risultati. Lanciando così la sfida, a pochi mesi dal voto, agli avversari e agli alleati.
lc

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