Finisce dieci a sette. Dieci no e sette sì. La mozione di sfiducia al governatore del Molise avrebbe avuto bisogno di altri quattro voti per essere approvata. Quattro pure gli astenuti: lo stesso Paolo Frattura, Michele Petraroia e Vincenzo Niro (lontani dall’azione dell’esecutivo ma non tanto da condividere l’impianto del documento e le sue conseguenze) e il capogruppo Udc Giuseppe Sabusco. Firmatario della mozione, presentata inizialmente dai due consiglieri M5S, per motivi legati al riordino sanitario (è questo che rimprovera al presidente della giunta) che poi evidentemente nel dibattito che si è svolto ha trovato le ragioni per rivedere la sua posizione.
Perché la mozione non riguardava la sanità. Né i trasporti, né l’azione di governo. Non direttamente. La mozione M5S, sottoscritta anche dal centrodestra, chiedeva di sfiduciare Frattura perché – dopo le motivazioni della sentenza di assoluzione dell’ex pm Fabio Papa e della direttrice di Telemolise Manuela Petescia dall’accusa di tentata estorsione (sarebbe avvenuta in particolare durante una cena, secondo il racconto di Frattura e del suo amico e avvocato Salvatore Di Pardo) ai suoi danni e poiché ora indagato per calunnia – non più credibile, è eticamente inadatto (queste le valutazioni dei sostenitori del documento) a ricoprire ancora l’incarico.
Nella sua dichiarazione di voto il governatore contrattacca: «Io sono il denunciante. Non l’indagato o il processato. Non ho ricevuto alcuna condanna o rinvio a giudizio né sono stato destinatario di misure cautelari. Non ho ricevuto alcun avviso di garanzia. Lo affermano alcuni organi di informazione, voi – dice ai grillini – vi assumete la responsabilità di quanto dichiarate nella mozione. Fornite le prove di quanto avete scritto? Mi dovrei dimettere per delle voci?». Tra le accuse, che in tanti gli hanno mosso (pure chi si è poi astenuto), quella di aver «trascinato» la Regione nel processo come parte civile. E, addirittura, Palazzo Chigi, l’ex premier Renzi «di cui dice di essere amico», puntualizza il capogruppo Pd Scarabeo (che vota sì insieme al suo predecessore, oggi Mdp, Totaro).
La Regione è stata individuata come parte offesa dalla procura di Bari nel decreto con cui il gup Diella fissò l’udienza preliminare, replica Frattura, e dell’atto c’è traccia nella delibera di costituzione di parte civile. A chi, in particolare Scarabeo, ha evidenziato che con la sua denuncia Frattura ha voluto far allontanare (o comunque mettere in difficoltà) il pm che indagava su Biocom (e il Consiglio di Stato qualche mese fa ha stabilito che l’azienda di cui era socio Frattura deve restituire alla Regione il contributo ricevuto anni fa, l’inchiesta penale si è chiusa invece con l’archiviazione), il presidente risponde che nel 2014 il Csm si è pronunciato tre volte su «misure disciplinari nei confronti del sostituto procuratore che già allora non era più il procuratore che indagava su Biocom».
«A Bari – prosegue il presidente – siamo solo all’inizio e, per restare in tema, alla prima portata. Ero e resto parte offesa. Ho raccontato dei fatti accaduti, la procura li ha portati in giudizio. Ho detto che mi sono stati chiesti dei soldi e lo confermo. E me ne vanto. È stata emessa la sentenza di primo grado, ci sarà l’appello e, se necessario, la Cassazione. Solo allora potremo tirare le somme».
Nella cena Papa e Petescia avrebbero chiesto un contributo e una legge sull’editoria favorevole a Telemolise, minacciando in caso di diniego l’accelerazione dell’inchiesta sulla Biocom e una campagna mediatica. Il giudice Diella ha assolto gli imputati con formula piena. In Aula, pur con la premessa di non voler celebrare processi, molti gli spunti processuali citati. Oltre a numerosi stralci delle motivazioni. Antonio Federico, dopo aver ripercorso i fatti e aver ribadito la convinzione che per verità processuale quelli denunciati non sono avvenuti, chiede a Frattura: «Perché lei è andato a quella cena? Perché portare in stanze private un dibattito così importante quale quello sull’editoria?». Il codice di comportamento M5S non impone agli indagati di fare un passo indietro. Lo cita il capo di Palazzo Vitale: «Se l’indagato è dei 5 Stelle non deve dimettersi, se è Frattura provate a cercare un po’ di vetrina».
L’ex presidente Michele Iorio aggiunge altre valutazioni al contenuto della mozione, alcune lo riguardano da vicino. «La sentenza di Bari ha fatto emergere la volontà di Frattura di coinvolgere nella denuncia una parte politica. Il sottoscritto in quella denuncia viene descritto come mandante morale che da tempo avrebbe condizionato l’andamento della politica molisana. È la prima volta che il capo dell’esecutivo accusa apertamente un suo oppositore insieme ai suoi amici, descritti come una consorteria, un’associazione dedita addirittura alle estorsioni». Affermazioni gravi, sottolinea Iorio, che rappresentano un’innovazione nel rapporto fra maggioranza e opposizione: la critica, la denuncia politica possono diventare estorsioni. Epperò, rivendica, a Bari lui non è stato indagato, né a Campobasso – dove è sotto processo – il procuratore ha contestato l’associazione a delinquere. In poche parole, chiosa Iorio, «il presidente voleva utilizzare la via giudiziaria per risolvere un problema politico». Per questi motivi il centrodestra, conclude il suo primo intervento, ha firmato la mozione. «In assenza di legge, tutti prendevano risorse pubbliche e tutti erano contenti. Vogliamo tornare a quell’epoca? Io non ci sto», gli ribatte Frattura.
Scontro aperto con il capogruppo dem. Scarabeo, tra le altre cose, dice nella sua dichiarazione di voto a favore della mozione che c’è una evidente questione morale. Che nelle motivazioni della sentenza di Bari è emerso che «Frattura non ha detto la verità. Non l’ha detta ai giudici e ai molisani ed è indagato per calunnia». Il presidente «ha violato il patto con i molisani» e la costituzione di parte civile «è stata un boomerang». Durissima la replica del governatore: «Moralizza chi è stato arrestato e mandato al confino, ora è in corso l’udienza preliminare, e ha dovuto restituire alla Regione 16mila euro per spese sostenute in qualità di assessore con la carta di credito della Regione, spese non rinetranti fra le missioni istituzionali». Clima pesante, anche durante la risposta «per fatto personale». Frattura non la ascolta, lascia l’Aula mentre Scarabeo lancia accuse pesanti.
Totaro, infine, vota sì alla sfiducia non per i fatti giudiziari. Ma perché «se prima il Molise era di pochi, ora non è di tutti», perché non è stato attuato il programma elettorale, per le promesse assunte come coalizione e non mantenute, una sfiducia al governo Frattura. Lancia però un appello: il suo è dissenso e non chiusura: «Io e Mdp riteniamo indispensabile fare squadra alle prossime elezioni». Apertissimo si dichiara Frattura. «Ma, eletto nel listino con me, Totaro dovrebbe allora coerentemente dimettersi».
Si vota intorno alle 15. Esito scontato. Il tempo di tirare il fiato. Accanto all’aula, riunione di maggioranza.

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