Che domani potesse essere già licenziata la riforma elettorale era un’idea azzardata. L’impianto c’è, è il ddl Niro-Di Pietro-Sabusco. Uscito dalla I Commissione quasi senza modifiche, il vaglio dell’Aula si annuncia – era però fisiologico – invece meno rapido e scorrevole. C’è chi vuole abbassare la soglia per le liste al 2 o al 2,5%. E chi invece punta a introdurre la norma denominata ‘di salvaguardia’ (i maligni direbbero salvaguardia per gli uscenti) che mette sindaci e amministratori di enti dipendenti dalla Regione di fronte a una scelta: il Comune, l’ente o la Regione. Dovrebbero dimettersi tre mesi prima di candidarsi, pena l’ineleggibilità.
Sul tavolo del governatore Paolo Frattura, che in questi giorni al dossier ‘legge elettorale’ sta dedicando incontri con la maggioranza, il Pd e gli amministratori, la pila di ‘approfondimenti’ da curare prima di discutere il testo in Assise e arrivare al voto si è infoltita. Era prevedibile. È il momento dell’assalto al ddl per renderlo più digeribile alle varie anime della maggioranza.
Con ordine, partendo dai fatti più recenti. Ieri mattina a Palazzo Vitale una riunione fra i vertici della giunta – c’erano il presidente Frattura e gli assessori Vittorino Facciolla e Carlo Veneziale – e una delegazione del Pd guidata dalla segretaria Micaela Fanelli. Con lei il segretario del circolo di Termoli Sciandra e i rappresentanti isernini Coia, Buono e Capone. I dem hanno ribadito la richiesta dei tre collegi (la legge Niro ne prevede uno). E ne sono usciti con l’impegno a un approfondimento, appunto, di un’altra settimana. In assemblea a maggio i democratici avevano chiesto molto altro: sistema maggioritario, voto di genere, cancellazione di disgiunto e listino. Tutti elementi ‘spuntabili’, sono recepiti nella legge che ha superato il vaglio della Commissione. Ma certo l’istanza di rappresentatività dei territori non è facilmente archiviabile. Oggi un altro incontro a Isernia.
Amministratori della provincia pentra e rappresentanti del basso Molise si dicono pronti a farsi sentire, anche già domani in Consiglio.
In maggioranza, invece, il dato del collegio unico sembra acquisito. Piuttosto sono altre le limature proposte nel vertice di maggioranza di venerdì pomeriggio. Dai movimenti più piccoli e dai civici la richiesta di agevolare la rappresentanza abbassando la soglia, comunque non insormontabile, del 3% per le liste. Richiesta che trova oppositori nel centrosinistra. Il collegio unico innalza anche la qualità degli eletti, abbassando lo sbarramento – ragionano alcuni – si vanifica questo impianto. In Umbria, piccola regione che ha istituito il collegio unico, lo sbarramento interno alla coalizione è del 2,5%.
A Palazzo D’Aimmo, inoltre, ambiscono amministratori locali, molti vicinissimi al governo regionale (le indiscrezioni danno in corsa per esempio Fanelli, sindaco di Riccia, e Travaglini di Montenero), e pure vertici di enti subregionali (il capo di Molise Dati Cacciavillani starebbe pensando a un futuro a Palazzo D’Aimmo). Una legittima aspirazione che alla coalizione porta linfa e consensi. Però un sindaco che non viene eletto in Regione resta a fare il primo cittadino. Di qui la proposta della norma di salvaguardia: sindaci dei centri superiori a 5mila abitanti e amministratori di aziende e società partecipate dalla Regione devono dimettersi tre mesi prima della candidatura o saranno ineleggibili (decadendo così da consiglieri regionali).
Mentre la questione della soglia di accesso al Consiglio è stata discussa in maggioranza, sull’ineleggibilità si sta solo ancora ragionando, l’appunto non è stato formalmente lasciato sulla scrivania del presidente Frattura. Che spiega: «Era giusto avere una base di discussione, un testo su cui confrontarsi e da convidere in Aula. Adesso c’è. Aspettiamo che la Commissione termini la predisposizione degli atti. Ritengo, poi, che tutti i consiglieri vorranno avere il tempo necessario a studiare per bene la proposta». Se domani non sarà tutto pronto, provvederà lui stesso a chiedere e motivare il rinvio della discussione, assicura.
Sulle questioni di merito ritiene giusto che si esprimano i consiglieri. E conclude: «Saranno loro, naturalmente, a votare la riforma. Io ritengo che sia importante che venga approvata, come ci eravamo impegnati a fare. E che lo sia con la più ampia maggioranza possibile».

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