I politici: assessori, consiglieri regionali, segretari di partito. E soprattutto le parti sociali: organizzazioni di categoria, sindacati, imprenditori. Il presidente della Camera di commercio Paolo Spina, la direttrice di Confcommercio Irene Tartaglia, la segretaria della Uil Tecla Boccardo e il responsabile organizzativo della Cgil Franco Spina.
C’è il pubblico delle grandi occasioni alla tavola rotonda organizzata da Primo Piano Molise alla Fonte del Benessere Cento Mességué. Delle grandi occasioni, numeroso e interessato.
Il confronto fra il governatore Paolo Frattura, l’ex presidente Michele Iorio e il portavoce M5S Federico ha dimostrato quanto il Molise reale abbia voglia di partecipare.
La politica, è fisiologico, ha presidiato l’iniziativa. Siamo a pochi mesi dal ritorno alle urne in primavera: per le regionali e per le politiche. Doppio appuntamento, posti a disposizione duplicati. Dall’ex senatore Alfredo D’Ambrosio, all’ex presidente del Consiglio regionale Vincenzo Niro. E poi il segretario del Psi Marcello Miniscalco, quello di Idea Maurizio Tiberio, di Energie per l’Italia Michele Marone. E molti altri. Il Pd, per esempio, è presente fra gli altri con Carlo Veneziale, Lorenzo Coia e Stefano Buono. Forza Italia con la coordinatrice Annaelsa Tartaglione.
Solo alcuni dei nomi che hanno accettato con entusiasmo l’invito del gruppo editoriale della famiglia Ricci e del nostro quotidiano.
Se la prima parte del dibattito a Castelpetroso è dedicata alle infrastrutture e al lavoro, l’ultima parte invece alle regole del gioco. Alla legge elettorale, che riguarda e interessa essenzialmente i politici. Quelli che siedono già a Palazzo D’Aimmo e quelli che ambiscono a entrarci. Anche se è un tema dal certo fascino pure per i cittadini.
Lunedì nell’Aula di via IV Novembre parte la maratona sul ddl licenziato dalla I Commissione. E quando Giuseppe Di Pietro introduce l’argomento, sottolineando il rischio incostituzionalità ed evidenziando l’elemento più ‘divisivo’, vale a dire il collegio unico, scoppia un applauso. È il gruppo isernino – destinato a perdere il collegio – che si fa sentire.
Dall’ex presidente Iorio l’appello lasciare le cose come stanno. A fine mandato non si cambiano le carte in tavola, anche lui avverte dal rischio di approvare una norma che potrebbe essere, suo parere, censurata e tacciata di illegittimità.
Federico annuncia che da M5S arriveranno una trentina di emendamenti. Pure lui non digerisce che, politicamente, a fine legislatura si modifichino le regole di ingaggio. E ribadisce l’accusa: la norma incentiva le coalizioni, che siano le più larghe possibile, per tenere fuori proprio loro, i grillini.
Il governatore Frattura chiude gli interventi dei politici sul punto, prima di passare la parola per la chiusura a Sallusti. Il Molise, dice, non ha una sua legge elettorale. Vota ancora, solo la XX Regione (con l’unica compagnia forse della Liguria), con la legge 108 del 1968, modificata agli inizi del 2000 da Tatarella per introdurre l’elezione diretta dei presidenti. Rigetta le accuse di incostituzionalità, sul collegio unico esce dal guado confermando di aver rappresentato in commissione – dove tuttavia non ha diritto di voto – l’indicazione del suo partito, il Pd, per i tre collegi. Bagarre sul punto, con Iorio e Federico che lo omaggiano di un lungo e sarcastico fuoco incrociato. Frattura se ne tira fuori chiamando a ‘testimone’ della regolarità della legge il primo firmatario del testo: Vincenzo Niro. Inflessibile censore delle operazioni meno che regolarissime. «Dov’è? Ah, vedo con piacere che si è spostato a sinistra…». Sorride, Frattura, alla ritrovata intesa con l’ex capo dell’Assemblea legislativa. Mesi di contrapposizione decisa. Niro a Frattura non ha ‘perdonato’ nulla: la sua azione di governo è stata passata al pettine fino dal capo dei Popolari per l’Italia. Ma ora i toni sono diversi. I contenuti, si vedrà. Fatto sta che a Castelpetroso, Frattura ufficializza la ‘corte’ politica. Anzi, dà il segno di un dialogo in corso.
Chiude, dunque, Sallusti. Leggi elettorali, meccanismi. Alla fine, polverizza le aspettative che i politici cercano di conciliare con qualche aiutino (per esempio, l’eliminazione del voto disgiunto o l’introduzione di una sola circoscrizione, una soglia di sbarramento per le liste del 3 o del 2,5%) con una inoppugnabile verità: «Se alla gente girano le balle, non c’è artificio che conta». È un tema, chiosa poi il direttore de Il Giornale, «che appassiona voi e soprattutto gli uscenti. Perché il problema della politica italiana non sono tanto gli entranti, ma gli uscenti che non vogliono uscire». ritai

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