Alle 19.15 a Palazzo D’Aimmo il clima si infiamma sul collegio unico. La novità vera della riforma sta tutta qui. E viene approvata due ore dopo.
Una sola circoscrizione in Molise: basta con la suddivisione finora conosciuta che ricalca il territorio delle due province, no all’ulteriore parcellizzazione che addirittura propone 3 collegi (per molti osservatori visti i piccoli numeri del Molise, sarebbe un’elezione di condominio, eppure era questa la volontà del Pd).
L’articolo 3 della legge introduce la circoscrizione che coincide con tutto il territorio della Regione.
È l’elemento caratteristico dell’impianto presentato da Vincenzo Niro, Cristiano Di Pietro e Giuseppe Sabusco. I primi due lo difendono passo passo, il terzo invece vota sì all’emendamento del capogruppo Pd Massimiliano Scarabeo che di collegi ne prevede tre. In linea con la presa di posizione del partito. L’emendamento non passa: 7 sì e 13 no. Ma tra i sì ce ne sono di pesanti, uno fra tutti quello del governatore Paolo Frattura. Come aveva più volte annunciato, Frattura porta in Aula il mandato del partito (così fa pure il suo vice Facciolla), a costo di andare sotto. Come infatti accade. Respinto l’emendamento sui tre collegi, è pronto quello sui due. Ha la firma di Iorio e Totaro. Stessa sorte dell’altro documento, anche se sul filo di lana. I due collegi vengono bocciati con 11 no ma incassano 9 sì (fra cui quello del presidente Cotugno).
Stesso lungo dibattito e posizioni che restano distanti. Petraroia, Iorio, Totaro, Cavaliere, Scarabeo puntano il dito su vari rischi: che il collegio unico sia il primo passo per la cessione dell’autonomia, che possa rivelarsi incostituzionale, che stravolge a fine legislatura i piani di chi pensava di correre per le regionali in una circoscrizione ora dovrà combattere su un ring molto più grande.
Niro, Ioffredi, Di Nunzio, Monaco, Di Pietro jr rispondono con decisione che il Molise non perde nulla, forse perde qualcosa chi non ha lavorato bene ma è meglio che in Consiglio vada chi ha i voti e se li guadagna su tutto il territorio. Basta, dice Di Pietro, «al consigliere circoscrizionale che pensa solo al proprio orticello». E aggiunge: «Non mi sento il ragazzo di bottega del Pd che deve fare quello che dice il Pd». Pochi minuti prima Petraroia ha ricordato che un tempo i consiglieri regionali del Pci e quelli della Dc dovevano rendere conto ai partiti di quanto votavano. Per Di Pietro, invece, il pressing del Partito democratico è quasi un’escalation degna dello scontro fra Kim Jong Un (nella foga diventa Kim Jam Jung) e Trump.
Alle 21 l’Aula è nel pieno della discussione. L’intesa, dopo la riunione di maggioranza che ha confermato l’orientamento prevalente per il collegio unico e stoppato invece l’ineleggibilità dei sindaci (nessuna proposta di modifica in tal senso dal centrosinistra, c’è solo quella dei 5 Stelle in coerenza con il loro regolamento per cui non si può interrompere un mandato per candidarsi altrove), è di andare avanti a oltranza per arrivare al traguardo dell’approvazione in nottata o all’alba. Tra gli emendamenti della maggioranza, inoltre, c’è quello che abbassa la soglia per le liste al 2,5%.
Al collegio unico, invece, bastano pochi secondi per passare. Nessuno ha chiesto l’appello nominale, si vota per alzata di mano. No di M5S, centrodestra, Scarabeo, Totaro e Petraroia. Bocciata la proposta dei 3 collegi, (indicazione del partito), Facciolla e Frattura votano il collegio unico (così pure Cotugno che aveva annunciato che non si sarebbe contrapposto alla maggioranza), indicazione della I Commissione e coerente con l’impianto del ddl. L’assessore all’Agricoltura lo annuncia mentre spiega perché dirà no alle due circoscrizioni.
r.i.

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.