Applausi e abbracci in piazza Pepe, pochi contestatori. Uno, il più rumoroso, si fa sentire prima che il leader della Lega arrivi e viene allontanato. Gli altri, al passaggio di Matteo Salvini gli indirizzano saluti poco accoglienti, qualche “buffone”, che nel clima avvelenato delle politiche 2018 è quasi una frase da gentiluomo.
In realtà Salvini fa il pienone: tifo da stadio al Rinascimento, per lui e per la candidata all’uninominale della Camera Campobasso-Termoli Aida Romagnuolo. «Il 5 marzo torno in Molise e ci torno da presidente del Consiglio», parte in quarta Matteo. Un brivido corre in prima fila, lì sono seduti gli alleati: Tartaglione, Pietracupa e Cavaliere di Forza Italia, Iorio e D’Aimmo di Noi con l’Italia. La partita per la premiership (incerta) di oggi e la leadership di domani la vince chi arriva primo. E la Lega tallona la corazzata Forza Italia. L’entusiasmo che la visita del capo del Carroccio ha suscitato a Campobasso spaventa il centrodestra tradizionale e fin qui campione di incassi.
Il servizio d’ordine organizzato dalla questura in piazza Prefettura è robusto, con dirigenti e agenti in borghese anche il reparto mobile e i carabinieri. Il segretario regionale dei Forconi avvia un ‘contro comizio’ in piazza all’indirizzo dei dirigenti della Lega e del leader, in ‘contumacia’ perché lui ancora non c’è. Agenti e militari si avvicinano, gli chiedono i documenti, lo allontanano per l’identificazione. Così lo scontro finisce prima di cominciare.
Quando arriva, da Bari, Salvini prende un caffè al Lupacchioli, si concede ai selfie, si intrattiene fra gli altri col consigliere comunale di Campobasso Francesco Pilone. Dopo il caffè, per le interviste sale su una panchina. Con lui Romagnuolo e Luigi Mazzuto, candidato al proporzionale del Senato, coordinatore regionale e ‘salviniano’ della prima ora che raccoglie i frutti del lavoro di questi anni. «Renzi il 4 marzo si cerca un altro lavoro, ha finito», dice il candidato premier della Lega. Risponde alla domanda che in tanti, logicamente, gli pongono: «Ci sarà tanta gente che sceglierà Lega al Sud, perché non vede l’ora di cambiare, se anche qui c’è tanta gente vuol dire che il centrosinistra ha fallito. Non vedo l’ora di andare al governo per passare dalle parole ai fatti, per dare sicurezza e lavoro agli italiani».ia
In piazza e poi al Rinascimento ripete: «Qui in Molise ci sono migliaia di migranti che mangiano a sbafo e fanno reati, prima mandiamo a casa Renzi, poi loro». Qualcuno, aggiunge, sui migranti «sta guadagnando, ma quando saremo al governo gli faremo pagare tutte le tasse. Nel mio giro nel Meridione vedo che c’è tanta gente che la pensa così: c’è chi non andava più a votare che ora voterà per noi. Io non tradirò, andrò fino in fondo: più lavoro meno clandestini».
Sulle regionali, sul candidato governatore e la sintesi da trovare nel centrodestra la posizione è netta: « Fino al 4 marzo io lavoro per mandare a Renzi, la Boldrini e gli altri. Dal 5 marzo torno per un centrodestra compatto che cambi la situazione anche a livello regionale. È fondamentale che il centrodestra sia unito».
Nell’incontro all’hotel i temi locali li introduce Luigi Mazzuto – la crisi di imprese storiche, la sanità, il lavoro – e dopo di lui li affronta Aida Romagnuolo: ridiamo dignità al Molise, dice la sfidante di Federico e Facciolla. All’iniziativa anche una delegazione del comitato dei lavoratori che attendono gli arretrati della mobilità in deroga. Qua e là nelle retrovie, in mezzo ai militanti della Lega, altri dirigenti di partiti del centrodestra e movimenti. Per esempio, Michele Marone e Antonio Di Rocco.
Temi locali, ma il ring è nazionale. L’altro Matteo, che per Salvini oggi è Renzi, firma il manifesto antifascista, «come se il problema di Campobasso oggi fosse il pericolo del ritorno del fascismo o del comunismo sovietico». Il pericolo è l’immigrazione clandestina, è la precarietà. «Dicono: Salvini vuol far tornare l’Italia ai tempi di sua nonna. Magari, quando c’era lei si dormiva con la porta aperta». Applausi.
Antagonista di Berlusconi ma milanista, Salvini: «È più certo che io vinca le elezioni che il Milan vada in Champions. Però Gattuso è un grande, ci abbiamo messo troppo tempo a mandare via Montella». Cutrone ha origini molisane, gli rivelano. E lui: «Corre tanto, mi ricorda Inzaghi, quindi devo ringraziare doppiamente i molisani oggi».

 

L’intervista

L’altro Matteo. Due anni fa ne rideva di gusto: «Avendo 42 anni, sono nato prima. E quindi ha scelto prima la mia mamma il nome», la sua risposta nell’intervista rilasciata il 4 marzo 2016 a Primo Piano. E aggiungeva: «Il mio obiettivo è arrivare al posto di Renzi per fare cose diverse rispetto a quelle che ha fatto lui».
La chiamano ancora l’altro Matteo, Salvini? E le dà fastidio?
«No, non mi dà fastidio… oggi è lui l’altro Matteo! Ha già avuto l’occasione di governare per tanti anni. Ha fallito e quindi ha perso la sua occasione. Io sono pronto».
Molise, piccola regione del centrosud. Perché dovrebbe votare Salvini?
«Perché altri hanno fallito, hanno tradito, sono spariti. Perché abbiamo candidati del territorio e idee chiare, fondate soprattutto sulla sicurezza e sul lavoro. Meno immigrati clandestini a spasso e posti di lavoro in più cancellando la Fornero. I ragazzi mi dicono: lasciami qua a lavorare, non costringermi a scappare. Lavoro e sicurezza sono i due grandi temi del Paese».
Qui si vota anche per le regionali.
«E ci rivedremo…».
Il centrodestra è in fibrillazione. Qualcuno vorrebbe indicare squadra e programma già da adesso…
«Guardi, io fino al 4 marzo ho la missione di mandare a casa il Pd a livello nazionale e dal 5 marzo torno in Molise per mandare a casa la sinistra anche a livello regionale. Però fino al 4 io mi sto consumando le suole delle scarpe. Ci sto mettendo l’anima, sto girando tutta Italia per dare un governo diverso a 60 milioni di persone. E poi ci rivediamo in Molise».
E ci sarà poi il tempo necessario per mettere su una squadra e un programma?
«Sì, assolutamente. Il programma è già ben chiaro in testa e me lo dicono i cittadini: sanità, lavoro, sostegno all’agricoltura, alle piccole imprese. Sulla squadra, in due giorni se uno vuole ci si mette d’accordo».

rita iacobucci

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