Presidente del Consiglio comunale di Campobasso, esponente fra i più ‘longevi’ dell’area a sinistra del Pd, Michele Durante anche alle regionali ha deciso di dare fattivamente il suo contributo.
Lo fa nella lista di Liberi e Uguali, dopo la prova delle politiche. Lo fa nel centrosinistra che ha ritrovato unità e, a suo parere, competività. Una chiacchierata con Durante – che in tanti vedono già fra i principali protagonisti del 2019 quando la città capoluogo sarà chiamata a rieleggere il sindaco – non è mai stereotipata o paludata. E quindi viene fuori una tirata d’orecchie all’arcivescovo e aneddoti su ex alleati che potevano essere ancora tali se non avessero cambiato fronte, scegliendo nell’ultimo giorno utile il centrodestra.
L’appuntamento è al Gran Caffè Savoia di Campobasso: cuore della città, salotto sotto il sole di aprile. Durante ordina un tè. E ragiona sul Molise che verrà.
Come immagina questa regione nella XII legislatura e come spera invece che sia?
«Penso che realtà e immaginazione debbano coincidere. Perché credo che nonostante le difficoltà iniziali la proposta di centrosinistra sia competitiva. Il popolo molisano vota centrosinistra sebbene abbia avuto tanti motivi per ricredersi e cambiare idea, come dimostrato alle ultime elezioni politiche. Fondamentalmente però i molisani si sentono rappresentati dal centrosinistra. Quindi quello che immagino e vedo è un Molise che finalmente si scrolla di dosso la polvere degli anni passati e riparte con dignità, con le proprie ricchezze e capacità, con una popolazione di persone perbene, grandi lavoratori, modesti, umili e produttivi. Un Molise dove ci siano più opportunità e pari opportunità per tutti. Uno dei vincoli che abbiamo è questa sudditanza dei più deboli nei confronti dei più forti che normalmente si amplifica nei periodi elettorali. Io dico sempre che alle europee si vota con la fantasia, alle politiche con la pancia e alle elezioni di prossimità con il portafogli, con la testa, con la promessa, con il favore. È un livello che io rifiuto ma al quale ci siamo dovuti abituare. Ecco vedo un Molise con maggiore libertà in futuro».
Si è liberi anche quando si sta bene economicamente e per esempio si lavora.
«Sono d’accordo. Se non si riparte da politiche attive del lavoro serissime questa regione non avrà motivo di esistere. I territori poveri come il Molise hanno pagato lo scotto peggiore della crisi. Da noi è bastato perdere tre aziende di riferimento in tre settori cardine – Zuccherificio, Arena e Ittierre – per mettere al tappeto il mondo del lavoro. All’Ittierre erano collegati circa 300 laboratori: manifattura di grandissima qualità, senza concorrenti in Italia per quanto riguarda il denim, lo sportswear, la camiceria, la maglieria tagliata. Terzisti di grandissima qualità che sono caduti insieme al fallimento Ittierre. In quella storia c’è una grossa responsabilità del centrodestra che non ha avuto la capacità di capire che Ittierre era una scatola vuota e che avrebbe trascinato con sé un sistema manifatturiero che invece andava sostenuto. Si è sostenuta l’Ittierre – anche se continuano a dire che non ci hanno messo una lira ma non è vero perché ci è stato messo tantissimo – che oramai era fuori mercato e decotta. Feci una proposta all’allora assessore Franco Giorgio Marinelli, non ottenni risposte. Secondo me è ancora valida oggi: ricostruire – con incentivi ad aziende sane – un distretto del manifatturiero che ha ancora tutte le caratteristiche per emergere e mettersi in competizione con Nord Africa e Albania che ci rubano tantissimo della manifattura di abbigliamento».
Si è occupato di turismo in Comune prima di diventare presidente dell’Assise. È un asset su cui puntare e in che modo?
«Mi lasci dire che mi fa piacere e mi diverte un po’ vedere che a tre giorni dalle elezioni si firmano protocolli per il turismo religioso… E vedo un vescovo (chiaro il riferimento al titolare della diocesi di Campobasso Bregantini, ndr) molto attivo in politica, dovrebbe pensare un po’ più alle anime, a mio avviso, e meno a dettare programmi politici. Ma comunque, l’aspetto del turismo religioso è effettivamente un bel percorso. Quando ero delegato alla promozione del territorio in sei mesi facemmo cose che ebbero un risultato: creare un’app turistica, che non ha grande successo perché non la scaricano neanche i consiglieri comunali come se l’app fosse mia, l’app di Michele Durante… C’era tutto un percorso a monte: applicazione turistica, promozione dei Misteri, due marchi di qualità, uno per i B&B e uno per i ristoranti. L’idea era realizzare un ufficio turistico con sede al Circolo Sannitico. I Comuni avrebbero contribuito economicamente. Andai in Regione a parlarne con un signore che si chiama Di Nunzio (era il delegato regionale al Turismo oggi candidato con l’Udc, ndr) … Dissi: non dovete metterci una lira, ma il patronage vero della Regione, creiamo lavoro e innovazione. Mi guardò, aveva uno sguardo anche molto sicuro. Non l’ho più sentito!».
Poteva essere un suo compagno di viaggio oggi Di Nunzio.
«Beh, se è per questo sono candidato con Facciolla, con Fanelli, con Nagni. Ma siamo antagonisti. Candidati in un’aggregazione ma è evidente che io cerco di prendere un voto in più degli altri per spostare le politiche della Regione dalla parte che desideriamo noi che è quella di sinistra. Non avrei avuto problemi a essere candidato anche con Di Nunzio. Ci saremmo rincontrati e forse ci saremmo capiti meglio su quel progetto di tre anni fa».
E allora qual è stato l’obiettivo raggiunto da Ulivo e poi Molise 2.0?
«Con Ulivo 2.0 abbiamo cercato di rimettere al centro gli interessi di tutti quanti rispetto all’arroganza di pochi che pensavano di gestire la Regione credo in maniera egoistica. Guardi, forse nell’atteggiamento, non nelle cose. Però la classe politica degli ultimi cinque anni è risultata quella più invisa al popolo molisano, quella con il minore indice di gradimento della storia, un motivo ci sarà. Con Molise 2.0 abbiamo chiesto quindi discontinuità di politiche e di uomini almeno a livello apicale. Queste due cose si sono realizzate e io a quel punto sono stato il primo, nonostante fossi l’unico a non aver votato quel centrosinistra nel 2013, a dire sì. Dopo il 4 marzo, due centrosinistra in campo sulla scorta di diversi egoismi avrebbero avuto la più cocente sconfitta della storia, un centrosinistra credibile non l’avremmo rimesso in campo che in 20 anni. Se riprende il potere l’aggregazione – con tutto il rispetto personale e pochissimo politico – fra Iorio, Vitagliano, Di Sandro e quel che c’è nelle loro liste, quel sistema ce lo teniamo per vent’anni.
Detto questo, non vinciamo le elezioni? Forse. Ma intanto Carlo Veneziale sta parlando del suo pensiero sul Molise. Abbiamo messo per iscritto delle cose prima di cominciare a parlare di nomi. E cioè: sanità, riordino sul pubblico, privato complementare per quel che sa fare benissimo, investimenti su apparecchiature pubbliche e un po’ di sana spesa pubblica. Io cercherò di attestare quanto più possibile la forza di LeU ed è il motivo per cui mi sono candidato. Ho creduto fosse giusto mettere ancora il mio ruolo a disposizione del centrosinistra».
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Un Commento

  1. MASSIMO scrive:

    Caro Michele, sono costretto a contraddirti sulla questione ittierre. Sai perfettamente che sono diversi anni che scrivo e mi dibatto per trovare un fondo che investa sul territorio nel tessile (leggi la mia pagina facebook), e la colpa, non è assolutamente del centrodestra, semmai di Frattura. Perchè l’idea di rilasciare la fideiussione a Bianchi da parte del governo Iorio, era un obbligo per poter continuare le attività produttive in Regione a quel tempo: senza sarebbe cessata definitivamente già da allora con la immane conseguenza del licenziamento di oltre 700 persone. La fideiussione, altresì, consentiva alla Regione, in caso di default di Bianchi, di poter divenire il socio unico della ITR che allora aveva ancora 156mil. di fatturato, 300 dipendenti e diversi marchi importanti (sarebbe stato facile rimetterla immediatamente sul mercato conservandone TUTTI i posti di lavoro). il governo Frattura invece, ha deciso di non escutere la stessa facendo cadere, in mano a Bianchi, le sorti della ITR: e sappiamo come è finita. Oggi ITR è una scatola vuota vero, ma altrettanto vero è la capacità, della stessa, a poter divenire punto di riferimento per le produzioni nell’affordable luxury e nel denim, grazie al know how immenso dei dipendenti e dei fasonisti. Ad Isernia siamo in condizione di produrre qualsiasi capo di abbigliamento utilizzando il miglior Made in Italy presente sul territorio e con vantaggi esponenziali sia per la stessa Ittierre che per la Maison: perché siamo quelli che hanno ideato, prodotto, distribuito e venduto 8milioni di capi negli ultimi esercizi nell’affordable luxury, con i migliori marchi, e siamo quelli che hanno inventato il denim di lusso (senza dimenticare la creatura del jeans POP 84). High quality, Italian made products. Il nulla lo creiamo noi se rimaniamo in silenzio. Su questo Giuseppe Saluppo ha già scritto quanto in appresso: “La mia prima proposta in consiglio sarà quella di far impegnare il nuovo governo regionale sulla richiesta di un nuovo bando per l’area di crisi complessa che destini, però, i propri fondi esclusivamente alle attività tessili e agroalimentari che premino, con un maggior punteggio, il fattore occupazione. E, contrariamente a quanto fatto, si dovrà investire in un road show su tutte le piazze e strutture finanziarie, teso a pubblicizzare non solo l’incentivo ad investire in Molise ma soprattutto sulla elevata capacità e know how dei dipendenti ex Ittierre. In Emilia per far continuare a produrre la Lamborghini, il governo ha finanziato l’area di crisi con ben 100milioni: perché il Molise dovrebbe essere da meno?
    Ricordiamoci sempre che la ITTIERRE è stata una attività industriale che ha assorbito tanta forza lavoro sia diretta che indiretta in quanto il plus di questa azienda risiede nella sua immensa manodopera specializzata.
    La seconda proposta in consiglio sarà quella di istituire un fondo presso la Finmolise destinato alla costituzione della filiera o distretto del tessile e dell’agroalimentare. Il Molise potrà riuscire se incrocia le cose che lo rendono unico: storia, arte, cultura, tradizioni, comunità, enogastronomia e se abbiamo la capacità di produrre all’ombra dei campanili cose che piacciono al mondo, ovvero il prodotto Made in Italy. I distretti tradizionali vanno trasformati in “reti della conoscenza”, capaci di andare oltre i confini fisici del territorio. E noi dobbiamo finanziare la crescita della filiera attraverso bandi regionali mirati alle aziende che vogliono investire seriamente in Molise.
    Far ripartire il tessile significa far ripartire il Molise.”

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