Le elezioni regionali di domenica scorsa hanno consacrato Donato Toma governatore del Molise. Che ha raccolto 8mila preferenze in più di Andrea Greco, il giovane attivista di Agnone sceso in campo a capo del Movimento 5 Stelle.
Se si fosse trattato della competizione canora nazional popolare per eccellenza, la giuria di Sanremo avrebbe senza ombra di dubbio assegnato ai grillini il premio per la critica: sono loro i vincitori morali delle elezioni. Non fosse altro perché hanno avuto il coraggio di scendere in campo 20 contro 180. Ma i premi di consolazione in termini elettorali servono a ben poco. I molisani hanno votato in maggioranza per il presidente dell’ordine dei commercialisti di Campobasso e a lui tocca l’onere e l’onore di governare.
Se Toma ha vinto e Greco ha quasi vinto, qualcuno ha perso.
Intanto va preliminarmente detto che rispetto alle regionali del 2013 hanno votato 32mila persone in meno. I paragoni, dunque, potrebbero non rendere la giusta misura del dato a confronto. Altro elemento che destabilizza il quadro statistico è la migrazione di partiti e movimenti dal centrosinistra, che cinque anni fa vinse le elezioni con il 44,70%, al centrodestra.
Il Movimento Cinque Stelle ha raddoppiato i voti, passando da 32.200 a 64.875.
Forza Italia (nel 2013 era presente il simbolo Popolo della libertà e in coalizione c’era pure La Destra) cinque anni fa totalizzò 17.310 dieci preferenze, domenica scorsa 13.627. La lista di Vincenzo Cotugno (Rialzati Molise) nel 2013 raccolse14.282 voti, quest’anno (Orgoglio Molise) 12.122. In calo pure l’Udc di Casini (da 10.514 a 7.429). Ha incrementato invece il consenso, nonostante, come ribadito, si sono recati alle urne 32mila molisani in meno, la compagine di Vincenzo Niro che è passata da 6.831 a 10.514. La Lega di Salvini nel 2013 non partecipò con proprio simbolo alle regionali.
Gli elettori del Molise hanno deciso di punire il centrosinistra, che oltre a perdere pezzi per strada fino a poche ore prima della presentazione delle liste, ha avuto un decremento di 57mila e rotti voti. Un tonfo pazzesco, nonostante l’intesa con LeU e civiche.
Il Partito democratico, benché abbia eletto due consiglieri che hanno avuto un ottimo risultato personale (Facciolla 4.078, Fanelli 2.259), ha perso 11.700 voti. Male male, dunque. Anche rispetto alle consultazioni politiche del 4 marzo scorso.
La ritrovata unità con quella parte della sinistra che per cinque anni ha tormentato l’ex governatore Frattura, fino a costringerlo a non ricandidarsi, sembrava concedere qualche chance all’incolpevole Carlo Veneziale. E invece è andata peggio di come si poteva immaginare.
Sotto la sconfitta del centrosinistra molisano ci sono molte firme. Ogni sottoscrittore ha portato in dote un bagaglio di responsabilità. Qualcuno più che un bagaglio ha portato una cassa. Come chi dal giorno dopo l’elezione di Frattura, nonostante ne fosse stato il principale sponsor e sostenitore, ha deciso che doveva fargli la guerra. Il primo atto ostile, lo sgambetto a Vincenzo Cotugno che, come concordato, dopo aver rinunciato a un posto in giunta, doveva salire sullo scranno più alto del Consiglio. Da allora un crescendo di azioni devastanti e condotte con scientifica sapienza dai banchi del Parlamento da chi immaginava, da eterno Peter Pan, il Molise dei parchi, delle morge. Delle gran manze.
Fantastica l’invenzione – resa nota in una conferenza surreale – dell’ingresso della Regione nel Cda della Fondazione Giovanni Paolo II (Cattolica), operazione – fu detto – che avrebbe dovuto riequilibrare il rapporto tra pubblico e privato. Tutti sanno con’è finita.
Le conferenze stampa sui marciapiedi, il documento con i “punti programmatici”: qualcuno svelato, qualcuno no. Come se il Molise fosse uno show televisivo: l’importante era dare spettacolo.
Fino al grande bluff dell’Ulivo 2.0. Una messa in scena da premio Oscar che si è sciolta come neve di aprile al sole.
Frattura, benché costretto, ha avuto il buon senso di farsi da parte.
Il senatore Ruta, invece, ha portato a termine il progetto avviato dopo la batosta del 2006, quando, candidato per la presidenza della Regione, fu sconfitto dall’uscente Michele Iorio. Forse non tutti lo ricordano, ma in un incontro con i cronisti, annunciando l’addio alla politica, affermò che si sarebbe dato al cinema. Avrebbe girato un film. Siamo ai titoli di coda.

lu

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