Vince la causa contro la Regione, che qualche giorno fa ha deliberato di ‘obbedire’ al Tar e pagargli le spese legali. Lamentava un comportamento illegittimo dell’assessorato alle Attività produttive. Per adesso, salvo cambiamenti per via della rimodulazione annunciata, quella delega ce l’ha in mano lui. Coincidenze da alternanza elettorale. «E lo so, un caso strano, uno scherzo del destino…», sorride Vincenzo Niro. Ma subito torna serio: «Comunque non è una vicenda da ricordare volentieri questa».
I rapporti con la maggioranza erano già tempestosi. Forse anche per via del rapporto ormai incrinato, Niro portò al tribunale amministrativo l’allora titolare dello Sviluppo economico Carlo Veneziale. Il ricorso era contro la Regione, lo scontro era fra loro due.
La storia è più o meno nota. Niro, consigliere regionale della maggioranza di centrosinistra, chiede di conoscere l’elenco delle imprese che hanno risposto alla call di Invitalia per investire nell’area di crisi complessa. La Regione chiede al ministero dello Sviluppo, che risponde che l’elenco è coperto da privacy. Il carteggio, sempre più rovente, fra Niro e la struttura di Veneziale va avanti per un po’. Finché la questione approda al Tar che dà ragione al consigliere: gli atti vanno messi a sua disposizione. «Ho dovuto presentare un secondo ricorso, chiedere un giudizio di ottemperanza perché neanche dopo la prima sentenza l’elenco mi era stato inviato. Pensate che il tribunale amministrativo aveva individuato un commissario ad acta, il prefetto di Campobasso. Per fortuna, o per evitare altre figuracce, pochi giorni prima della scadenza fissata dal Tar mi sono stati recapitati gli allegati richiesti», spiega Niro.
Il Tar ha condannato la Regione alle spese legali, poco più di 2.500 euro, relative alle due sentenze. Il dipartimento del Bilancio di Palazzo Vitale ha disposto il 16 maggio il pagamento ai legali che avevano assistito Niro, Carlomagno e Pettograsso.
Un «caso strano», ma è l’occasione per capire quali sono e saranno i primi passi di Niro come assessore allo Sviluppo.
Allora, assessore: acqua passata questa vicenda? La Regione ha anche ‘pagato’ il suo errore.
«Comunque un momento non certo bello per un consigliere allora peraltro di maggioranza. Maggioranza o minoranza, non si può precludere a un consigliere di accedere a notizie e documenti utili all’espletamento del proprio ruolo. È una questione di trasparenza. Da presidente del Consiglio ho sempre lavorato perché il palazzo fosse ‘di cristallo’. La comunità deve poter essere partecipe delle decisioni. I cittadini hanno non solo il diritto di votare ma anche di sapere quali atti produce il loro voto. Non si può arrivare a dover ricorrere alla giustizia per avere atti dichiarati, in maniera surrettizia, coperti dalla privacy. Gli atti riservati sono quelli su cui ci sono delle indagini, per esempio. Ma non l’elenco di chi ha manifestato interesse a investire nell’area di crisi!».
Ma alla fine questo elenco è arrivato o no?
«Ho dovuto promuovere un giudizio di ottemperanza. Con aggravio di costi che sarebbe utile addebitare a chi in maniera arbitraria ha opposto il diritto alla privacy su quei documenti producendo un danno reale alla Regione. Che quindi farebbe bene a costituirsi per essere risarcita».
Parliamo di futuro. Il presidente Toma le ha assegnato proprio lo Sviluppo economico, come intende muoversi?
«Mi auguro di avviare subito un discorso serio e costruttivo. Il governatore, anche in campagna elettorale, ha spesso evidenziato quanto sia fondamentale questo settore anche per la lotta alla disoccupazione e quindi nella creazione di nuovo e stabile lavoro. Se non riparte il tessuto produttivo, non si crea occupazione. Buona occupazione, aggiungo. Perché un altro fronte su cui bisogna incidere è il lavoro precario. Il tessuto produttivo riparte anche abbattendo i tempi della burocrazia. La risposta alle esigenze delle imprese deve essere rapida ed efficace, altrimenti un’azienda decide di non realizzare più un investimento».
L’area di crisi complessa è una delle partite più importanti da giocare. Si è fatto già un’idea?
«Diciamo che devo approfondire. Conoscere lo stato dell’arte non è leggere semplicemente le carte di un’amministrazione che nell’ultimo periodo non ho condiviso. Sicuramente, però, c’è da fare pressione sul governo nazionale per ottenere risorse aggiuntive. Con quelle stanziate si fa ben poco. Mi piacerebbe che il ministro, dello Sviluppo e del Lavoro, fosse Di Maio (anche se nelle ultime ore il suo nome è tornato in pista per la premiership, ndr). Se non altro perché potrei ricordargli di aver preso molti voti il 4 marzo in Molise. E il Molise ha bisogno di più fondi se vogliamo far ripartire un’auto con le gomme a terra».
Dei settori produttivi, tradizionali o meno, lei quali privilegerebbe per far ripartire questa macchina?
«Se andiamo avanti a tentativi, continueremo a rovinare la regione. Se invece elaboriamo un piano di sviluppo dei vari settori in maniera sinergica e coordinata, i cittadini capiranno, al netto del tempo che ci vorrà per riavviare una macchina senza motore, che è possibile disegnare una ripresa seria. Serve programmazione, insomma. Se oggi dicessi che punto su A o su B sarei superficiale. Abbiamo il mare, la montagna, la collina e siamo vicini a regioni più forti. Tutto questo bisogna metterlo a frutto».

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