Nel primo pomeriggio le prime indiscrezioni, via via più consistenti. Poi il testo firmato, senza l’articolo 45. L’incompatibilità fra la carica di presidente di Regione e quella di commissario della sanità, sancita dalla legge finanziaria 2015 e congelata da quella del 2017, ripristinata con decreto è durata lo spazio di una notte. O meglio, era nel testo del Decreto emergenze ma si è saputo ufficialmente solo giovedì. Quando la bozza era passata dalla Ragioneria dello Stato al vaglio del Quirinale.
Contro il provvedimento Forza Italia, col capogruppo in Consiglio Romagnuolo, aveva già annunciato battaglia. Ma a stoppare i 5 Stelle che puntano a reintrodurre la piena operatività di un principio stabilito dall’allora nuovo Patto per la Salute di Lorenzin, è stato per ora il Capo dello Stato.
Che quell’articolo – era il 45 del decreto Genova – potesse non ottenere il placet del Colle il governatore Donato Toma lo aveva rimarcato subito. Dopo lo stralcio della norma che lo avrebbe messo fuori dalla partita sulla nomina del commissario, commenta: «Al decreto legge si ricorre per disciplinare materie che hanno il carattere della necessità e dell’urgenza. Evidentemente la norma inserita nel Decreto emergenze non ce l’ha. A mio avviso è un atto che va assunto con il carattere dell’ordinarietà, con una legge, attraverso il dibattito parlamentare, e non con un decreto che è immediatamente esecutivo». Ai 5 Stelle molisani che avevano annunciato con entusiasmo la disposizione non risparmia una stoccata: «Bisogna studiare, tutti dobbiamo studiare di più. È bene evitare sui decreti manifestazioni di giubilo. Quelle, insieme alle lodi, vanno indirizzate solo al Cielo». L’incompatibilità è solo questione di tempo, la parte 5s del governo Conte la riproporrà con altra norma. «Sì, ma intanto l’emergenza del Molise – chiude Toma – è la nomina del commissario che aspettiamo da cinque mesi».
La linea della ministra della Salute e dei pentastellati resta la stessa: no ai presidenti commissari. L’articolo del decreto tolto dal testo firmato da Mattarella prevedeva anche i requisiti per essere nominati: «Qualificate e comprovate professionalità nonché specifica esperienza di gestione sanitaria ovvero aver ricoperto incarichi di amministrazione o direzione di strutture, pubbliche o private, aventi attinenza con quella sanitaria ovvero di particolare complessità, anche sotto il profilo della prevenzione della corruzione e della tutela della legalità». Aveva il pregio di essere norma ‘erga omnes’, tutti i presidenti commissari sarebbero decaduti dalla seconda carica (anche De Luca e Zingaretti, il primo ieri ha parlato di «miseria politica» e «scorrettezza istituzionale»), non un blitz solo ‘contro’ il governatore molisano. Non è escluso che ora la nomina di un tecnico sia più vicina. Intanto però i 5s devono masticare amaro. Il deputato Antonio Federico non si scompone ma accusa il colpo: «La linea politica resta la stessa, quella è la nostra volontà. Troveremo altre strade». Sulla nomina avverte: la attendiamo dal Ministero «e siamo certi che sarà fatta proprio nel solco dell’incompatibilità».
Non si lascia sfuggire l’occasione il capogruppo dem in Consiglio regionale Vittorino Facciolla: «Sono stato facile profeta», dice ricordando di aver evidenziato che l’inserimento dell’incompatibilità fra presidente e commissario della sanità nulla aveva a che fare col Decreto Emergenze». Dopo lo stralcio va giù duro: «Posso affermare con soddisfazione che i miei studi giuridici sono salvi ma anche che siamo certamente alle prese con dei balordi istituzionali».
r.i.

 

Molise promosso sui Lea, Calabria e Campania uniche bocciate

Non più nell’inferno dei bocciati e neanche nel purgatorio di quelli che si impegnano ma non ce la fanno ancora. Il Molise, nel 2016, è fra le Regioni adempienti riguardo all’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in sanità. Solo due le pecore nere: la Calabria e la Campania, uniche inadempienti delle 16 monitorate.
È stata ufficializzata ieri la cosiddetta “griglia Lea” a cura del ministero della Salute. La griglia si compone di 33 indicatori. Analizzando il trend 2012-2016, emerge che il numero di regioni “adempienti” è altalenante e tendenzialmente in crescita (10 nel 2012, 9 nel 2013, 13 nel 2014, 11 nel 2015, 14 nel 2016). Nell’ultimo biennio, in particolare, la conferma di Veneto, Toscana, Piemonte ed Emilia Romagna su punteggi superiori a 200 e il netto miglioramento di Puglia, Molise e Sicilia, infine la conferma di inadempienza per Calabria e Campania.
Tra i dettagli, la copertura vaccinale nei bambini a 24 mesi per ciclo base (polio, difterite, tetano, epatite B, pertosse, Hib) risulta totalmente raggiunta in Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria e Sardegna mentre in Valle d’Aosta, nella Provincia autonoma di Bolzano, Friuli, Veneto e Sicilia si registrano bassi livelli di copertura.

Un Commento

  1. Domenicocristofano@yahoo.it scrive:

    La massoneria non vuole mollare l’osso (la sanità) 5 4

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