Suo padre era professore di matematica e fisica. Severissimo. Ebbe come studenti giovani molisani diventati alti dirigenti dello Stato. Quarant’anni dopo la fine del liceo, in uno scritto che il figlio custodisce gelosamente, gli tributarono il migliore riconoscimento che un insegnante possa ricevere: il ringraziamento per aver lasciato una traccia nella loro vita.
In Luigi Di Marzio – per anni direttore sanitario del Cardarelli e oggi senatore dei 5 Stelle – si coglie l’ambizione di seguire le orme del padre lasciando al Molise una traccia. Meno social dei suoi colleghi parlamentari più giovani e di più lunga militanza grillina, è anche meno presente nello scontro col centrodestra sulla nomina del commissario della sanità. Ma se gli chiedete il perché di questa guerra al governatore, risponde: nessuna guerra personale, Toma non so chi sia.
Senatore Di Marzio, lei esattamente cosa c’entra coi 5 Stelle? Perché i 5 Stelle?
«Perché, pur non coincidendo e non potendo coincidere con la mia visione del mondo, questa è l’unica forza politica vergine, che può non dover cercare giustificazioni per il proprio operato, inventandosi alibi per aver malversato, perché non lo ha mai fatto. Non abbiamo l’esclusiva della serietà e dell’onestà. La differenza però è nella reale convinzione che ci vogliano nuove categorie per affrontare le sfide del futuro. Quelli della mia generazione, che rappresentano la vecchia politica, non hanno gli strumenti per interpretarle. Asino vecchio non impara strada nuova… Allora cosa ci faccio qui? Sono qui per offrire il contributo dell’esperienza alla capacità di innovazione di chi è stato in grado di coagulare dal niente il consenso di tutti quelli che non si identificavano nella politica militante perché questa aveva pensato di essere interprete delle aspettative delle persone senza verificare quali fossero realmente».
Governate con la Lega, che pure ha catalizzato in questi anni il malcontento. È solo questo che vi accomuna?
«La Lega rappresenta un’altra chiave di lettura con cui si interpreta il malessere della collettività. Certi fenomeni sono la conseguenza dell’incapacità di governare i processi. L’immigrazione, per esempio, è un processo che è stato lasciato incancrenire senza essere governato. La politica è come la necessità di irreggimentare le acque: se non lo faccio prima o poi un’alluvione porterà via tutto. E questo è un altro motivo per cui sto nei 5 Stelle: è l’unica forza politica che non si pone obiettivi immediati e di potere. Potrà sbagliare per inesperienza ma non per egoismo. D’altra parte seleziona i propri rappresentanti con un sistema che, per quanto lo si voglia criticare, è infinitamente meglio degli altri. Immaginiamo che avvenga solo per casualità. Bene: altrove c’è una selezione al contrario, devi essere di parte. Persone che pensano liberamente, prive di condizionamenti non possono far parte di forze politiche che fanno di una visione obbligata della realtà un elemento fondante».
Meglio l’estrazione a sorte per il Parlamento come dice Grillo?
«Certamente! Perché casualmente ci sarà dentro di tutto, viene cioè rappresentato tutto l’universo».
Parliamo della sanità molisana. Volete che il commissario non sia il presidente della Regione. A lei in particolare il centrodestra chiede: come fa Di Marzio, per anni al vertice della sanità pubblica, a sollecitare l’arrivo di un esterno che non sa nulla di questa terra e riordinerà i servizi in base ai numeri?
«Argomentazioni risibili, di chi evidentemente ha interessi diversi da quelli della comunità. I problemi del Molise hanno le specificità di questo territorio ma appartengono alla gamma dei problemi che riguardano l’intero Paese. E non mi pare che finora profondi conoscitori della realtà locale abbiano inciso in chissà quale maniera. Il problema non è avere radici in questa realtà ma avere un’idea di ciò che si intende realizzare. Curare, cioè, le persone o le clientele politiche? È chiaro che l’obiettivo di un sistema sanitario è curare i bisogni di salute dei cittadini. Ma i molisani sapranno dare da soli una risposta su quali sono stati i criteri ispiratori del governo del sistema sanitario di questa regione. Per la figura del commissario è invece necessario avere competenze tecniche, essere libero da condizionamenti e non avere conflitti di interesse».
Perché è meglio un tecnico del presidente della Regione? Dite che non è una battaglia contro Toma ma non è che ostacolate la sua nomina perché avete perso il 22 aprile?
«Non so neanche chi sia costui. È per dire che io non personalizzo nulla, sono gli altri a farlo perché evidentemente si sentono chiamati in causa. Un tempo si chiamava coda di paglia. È un problema di principi: già è difficile fare bene una cosa, pensare di poterne fare bene tre è presunzione. Altra cosa fondamentale: affrontare i problemi della sanità in questo Paese significa condannarsi al risentimento, al rancore e alla disistima generalizzata. Se resuscito Lazzaro non sarò apprezzato ma criticato perché se l’avessi resuscitato un paio d’ore prima sarebbe stato meglio. Chi ha interesse, non essendo obbligato a farlo, ad assumere un ruolo per il quale è destinato a pagare un prezzo estremamente elevato e già noto in partenza? Oltre tutto, senza avere alcuna competenza in questa materia perché la salute non si affronta come problema ragionieristico. È chiaro che bisogna fare il conto con le risorse disponibili ma va fatto dopo aver individuato le priorità per garantire la salute delle persone. Quindi, non è necessario saper fare la partita doppia ma saper interpretare sulla base dei dati epidemiologici – e questa regione non ha conoscenza della propria epidemiologia – i bisogni reali della popolazione. Come pure ci sono equivoci sull’utilità della mobilità attiva: il compito di un ospedale è garantire la salute dei cittadini che vivono in quel territorio, non richiamare persone dall’altra parte del pianeta».
Il governatore ha avviato l’apertura della Stroke unit al Cardarelli. Una sfida in attesa del commissario?
«Io la leggo come una iniziativa che non si inquadra in nessun progetto organico. Il problema non è aprire un reparto o un altro, ma sapere quali sono i bisogni dei 300mila molisani e come fare per garantirne la soddisfazione in sicurezza e con il minor consumo di risorse. Il che significa: quanti ospedali devono esserci in Molise e dove, quali sono i reparti indispensabili da garantire? La rete dell’emergenza per l’ictus è fondamentale, però bisogna avere ben chiaro il livello di standard e funzionamento per cui queste cose possano organizzate in sicurezza. Per l’ictus l’esigenza non è arrivare in tempo in qualsiasi posto, arrivare in tempo in un posto in cui c’è possibilità di avere trattamenti appropriati è una mistificazione. Bisogna arrivare nel tempo minore possibile nel posto in cui ci siano tutte le competenze per affrontare il problema».
Alla ministra Grillo ha proposto un identikit o un nome?
«Non decido io il commissario, lo fa il Consiglio dei ministri. Però desidero per il Molise un commissario che finalmente abbia competenze professionali ed etiche per affrontare senza timori reverenziali nei confronti di chicchessia una ristrutturazione organica e profonda della sanità che garantisca sicurezza e tempestività delle cure. Quindi, diciamo che ho contribuito a offrire al ministro un range di possibilità che rispecchiano questo identikit».
Ammetterà che sei mesi di attesa sono davvero troppi.
«Guardi, il tema non riguarda solo il Molise e attiene a un principio generale valido per tutte le Regioni commissariate: la compatibilità o meno con l’incarico di presidente. Consideri poi che
il ministero è oberato da tanti problemi derivanti dalla cattiva gestione della sanità pubblica. Penso ai vaccini…».
A proposito, come la pensa sui vaccini?
«Nessuno può mettere in discussione l’efficacia dei vaccini, hanno cambiato i destini dell’umanità. I miei studenti all’Università da 25 anni ascoltano le mie lezioni sui vaccini. Oggi, rispetto a un secolo fa, le persone non sono illetterate e quindi incapaci di capire perché bisogna vaccinarsi. Il problema è che devono convincersi, è necessario quindi smontare le farneticazioni di chi immagina complotti. Durante una lezione, ho raccontato di quando ero ragazzo e c’erano bambini malati di poliomelite mentre oggi non sappiamo più neanche di cosa sia, è scomparsa per le vaccinazioni. Dalle ultime file mi ha raggiunto una ragazza del Senegal in sedia a rotelle e ha detto: vedete, io sono sulla sedia a rotelle per la poliomelite, perché a casa mia la vaccinazione non c’è».
Tornando al commissario, per la nomina dovremo attendere che l’incompatibilità dei presidenti torni ad essere legge vigente?
«Non c’è bisogno di attendere la norma generale per tutti, il divieto. Oggi non c’è il divieto ma neanche una norma che dice che il presidente deve essere commissario. È possibile che lo sia e che non lo sia. È nella facoltà del Cdm nominare chi creda più idoneo».
rita iacobucci

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