Fissate le primarie il 16 dicembre, il Pd Molise ci ha ripensato. Ha deciso di aspettare ancora. Aspettare, cioè, la data del congresso nazionale. E così resta in stand by pure la decisione sui candidati sindaci di Campobasso e Termoli. Finché ci si spartisce il comando, nei fatti non comanda nessuno.
La scelta, si legge nella nota ufficiale, è stata « attentamente ponderata e condivisa all’interno del coordinamento, raccogliendo anche le indicazioni emerse in tale direzione dai circoli e dalle federazioni, nel comune obiettivo di promuovere un forte rilancio del partito sul territorio che dovrà avvenire attraverso un dibattito aperto e chiaro a livello politico – programmatico, da svilupparsi nei tempi e nei modi giusti, per garantire la più ampia partecipazione democratica possibile in tutte le fasi congressuali previste».
Una ripartenza lenta, a cui non è estranea la volontà di trovare la consueta quadra o, comunque, l’alternativa a Facciolla.
C’è un ostacolo che potrebbe scombinare i piani però. Il regolamento pubblicato sul sito nazionale parla chiaro: «La data di svolgimento dell’elezione dei segretari e delle assemblee regionali è fissata da ogni singolo regolamento regionale. In ogni caso, le primarie ed i congressi territoriali devono essere celebrati entro il mese di dicembre 2018, come deliberato dall’assemblea nazionale». Un ostacolo aggirabile con una deroga. Già concessa ad Abruzzo ed Emilia (ma lì si torna al voto in primavera per le regionali). Mentre, secondo alcune indiscrezioni in attesa di conferma, dal Nazareno sarebbe arrivato un no alla richiesta della Campania (che vota nel 2020 e ha il segretario dimissionario).
Durante l’ultima riunione il coordinamento molisano ha deciso dunque che se le primarie nazionali si svolgeranno entro il 28 febbraio quelle molisane saranno fissate lo stesso giorno, altrimenti resta ferma la tappa del 16 dicembre. La data dell’elezione del segretario nazionale si conoscerà il 17 novembre: circola la data del 10 febbraio come quasi certa. In quel caso anche il successore di Fanelli sarà eletto quel giorno. In caso di slittamento o in caso di un diniego alla deroga, invece,
il tesseramento in Molise si chiude il 19 novembre (lo ha deciso sempre il coordinamento): da quella data partirebbero le operazioni per le primarie del 16 dicembre. Meno di un mese per assemblee di circolo, di federazione e primarie.
Interpellata da Primo Piano, Bibiana Chierchia spiega che pur se non c’è stata ancora una richiesta formale di deroga «ci stiamo interfacciando col nazionale» e che il regolamento che sembra così perentorio è stato approvato prima delle dimissioni di Martina, elemento che – per la componente del coordinamento dem – cambia le cose.
L’incertezza incide naturalmente sulla definizione di schieramenti e candidature. Di fatto, solo il capogruppo Facciolla ha dichiarato l’intenzione di scendere in campo se non si farà sintesi su un nome autorevole. Buono, Chierchia, Venittelli, Libertucci: queste le ipotesi su cui lavora il fronte ‘anti Facciolla’. E Veneziale, l’unica alternativa che metterebbe in difficoltà l’ex collega assessore. Il tema per tutti è la squadra. Non sono indifferenti nemmeno gli sponsor. Sulla scena è tornato l’ex senatore Ruta, sta cercando di rimettere insieme il suo gruppo. Ma la polarizzazione sulle consuete divisioni ha allontanato chi, pur non essendo tifoso di Facciolla, non vuole partecipare alle solite guerre interne.

r.i.

Indennità ridotte e via l’assegno di fine mandato: il ddl di Fanelli

Fra Pd e 5 Stelle in Regione è ‘lotta senza quartiere’. Dopo la proposta di legge sul taglio ai vitalizi degli ex consiglieri (e il ricalcolo contributivo per chi li ha maturati ma ancora non li percepisce), presentata da Facciolla e Fanelli, l’ex sindaca di Riccia ha depositato un altro ddl che riduce le indennità di carica ed elimina l’assegno di fine mandato.
«In un contesto economico di difficoltà per i cittadini, le famiglie e le imprese molisane, la proposta legislativa nasce dall’esigenza di dare un segnale inequivocabile della volontà di ridurre strutturalmente le spese sostenute dalla Regione per i costi della politica, diminuendo le indennità ed eliminando anacronistici istituti come quello dell’assegno di fine mandato. I risparmi conseguiti – dice Fanelli – saranno destinati al finanziamento di politiche a sostegno dei negozi nei piccoli comuni al fine di tutelare ed incentivare attività che sono sempre più dei veri e propri presidi sociali».
La riduzione del trattamento economico dei consiglieri, del presidente del Consiglio, del presidente e dei componenti della giunta è pari al 18,33%: percentuale calcolata sulla scorta della riduzione delle indennità del 10% unita alla trattenuta dell’8,33% prevista per l’assegno di fine mandato di cui si chiede l’abolizione.
Fanelli ricorda che da sindaca di Riccia, «per lunghi periodi, ho rinunciato a qualsiasi emolumento, facendo risparmiare al mio Comune, in nove anni di mandato, circa 155.000 euro. Oggi, da consigliere regionale, ritengo che anche in seguito alla riduzione di circa il 20% delle indennità di carica, gli eletti in Regione continueranno a percepire una congrua indennità che, seppur decurtata, non giustifica affatto un privilegio supplementare al termine del mandato. Inoltre, i risparmi conseguiti non finiranno genericamente nel bilancio regionale, ma saranno vincolati a sostenere la sopravvivenza dei piccoli esercizi commerciali delle nostre aree interne, lì dove c’è più bisogno di veri interventi di sostegno per combattere lo spopolamento fisico ed economico dei nostri territori più fragili».

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