Campobasso e Termoli: due amministrazioni che Lega e 5 Stelle vogliono conquistare alle prossime elezioni di primavera.
Il Movimento sta lavorando da tempo a tutt’e due gli obiettivi.
La Lega si era tenuta un po’ defilata. Più che altro si era accodata al centrodestra che, soprattutto nel capoluogo, insegue il modello che ha portato Toma a vincere le consultazioni regionali: tante liste collegate ad un unico candidato sindaco.
Nelle ultime ore, però, sarebbe cambiato qualcosa. Il quadro, va detto a scanso di equivoci, non è particolarmente chiaro. Ma trapelano indiscrezioni circa un vertice tra il direttivo regionale del Carroccio, guidato dall’assessore Luigi Mazzuto, e il ‘capitano’ Matteo Salvini. Da quanto si apprende, il ministro dell’Interno non è venuto in Molise e nemmeno è stato raggiunto dalla delegazione guidata da Mazzuto in uno dei tanti luoghi che quotidianamente visita per via dei molteplici eventi a cui è solito partecipare. La riunione sarebbe avvenuta in videoconferenza, mediante un collegamento Skype.
Salvini è stato categorico: voglio vincere! E quando il capitano ordina, le truppe eseguono.
Ma non è mica facile vincere le elezioni. Un conto è replicare sia a Campobasso sia a Termoli il “modello Toma”, un conto è vincere correndo da soli. Impresa titanica, praticamente impossibile, considerando che nel capoluogo e nella cittadina adriatica il sistema consente il voto disgiunto e prevede il turno di ballottaggio se nessuno dei candidati sindaci supera al primo turno la soglia del 50%.
E allora come si fa?
Pare lo abbia suggerito lo stesso Salvini. Offrendo anche più di qualche opzione.
Da questo punto in poi del ragionamento, tuttavia, è necessario procedere per ipotesi, perché le fonti non hanno svelato ulteriori particolari.
È in atto una strategia di preparazione del terreno che lascia presagire scenari non inediti ma quantomeno inimmaginabili fino a poche ore fa.
Campobasso e Termoli, ma probabilmente anche altre cittadine del Paese, potrebbero diventare un laboratorio politico per testare l’elettorato sull’alleanza gialloverde, alleanza da stringere prima e non dopo le elezioni, come invece avvenuto per il governo.
Quindi, nei ragionamenti non va sottovalutata l’esperienza di Palazzo Chigi. Sembra dunque evidente che Di Maio e Salvini non abbiano intenzione di farsi la guerra nel breve periodo. Affermare che potrebbero scendere in campo sotto lo stesso simbolo è prematuro. Anzi, sembra improbabile. Ma la storia dei due vicepremier insegna che quanto detto oggi non è più vero domani. Pertanto, seppur nel campo delle ipotesi, non conviene né scartare possibilità né dare nulla per scontato.
Partendo dal «vincere a tutti i costi» di Salvini, si potrebbe immaginare una coalizione di centrodestra, tornando dunque al ragionamento del “modello Toma”, ma a trazione Carroccio. In tal caso, però, bisognerebbe capire cosa avrebbero da dire gli alleati, partendo, appunto, dal governatore Toma, che da mesi ha schierato i suoi “mastini” alla ricerca di candidati, mentre personalmente si è dedicato alla “formazione” dell’aspirante sindaco (almeno su Campobasso): un giovane e promettente avvocato, che i beni informati definiscono già calato nel “personaggio”. Qualcosa la vorranno inoltre dire i deputati Aldo Patriciello e Annaelsa Tartaglione (Forza Italia), gli assessori Vincenzo Niro (Popolari per l’Italia) e Vincenzo Cotugno (Orgoglio Molise). Più defilati, invece, Michele Iorio e Quintino Pallante, che pure lavorano alla formazione di una lista (c’è chi sostiene due) ma cautamente, almeno per il momento, osservano le mutazioni del quadro.
Se Forza Italia, Fratelli d’Italia e civiche dovessero mettersi di traverso, potrebbe farsi avanti l’ipotesi del laboratorio Lega-5 Stelle.
Nel Carroccio comanda Salvini, quindi, qualsiasi sarà la soluzione, i soldati diranno «signorsì». Nel Movimento tutti si sentono un po’ protagonisti, prime donne. Qualcuno potrebbe storcere il muso. Ma è anche vero che se Di Maio e Di Battista dicono «giornalisti puttane», seppur con qualche accennata differenza, in linea di massima tutti sono pronti a sostenere la teoria del meretricio.
C’è da dire pure che le elezioni amministrative sono la prossima scadenza elettorale, ma l’appuntamento non è imminente. Sul tavolo di Palazzo Chigi in queste ore ci sono questioni molto più importanti delle consultazioni a Campobasso e a Termoli, come la manovra finanziaria che non piace all’Europa.
Gli esperti che analizzano i fenomeni politici sono pronti a scommettere che il governo, al netto di fatti gravissimi e imprevedibili, durerà ancora. Di sicuro a primavera Di Maio e Salvini saranno come oggi sulla scena da protagonisti, divergenze sugli inceneritori a parte. Il Movimento potrebbe perdere qualche altro punto percentuale, la Lega probabilmente arresterà l’incremento. Senza dimenticare che i sondaggi per i 5 Stelle hanno sempre fotografato un consenso inferiore poi aumentato all’esito del voto.
Certo, assimilare il Molise al “modello Paese” potrebbe indurre in errore, perché qui il clientelismo (per lo più disinteressato) influisce molto: sono tanti coloro che nelle cabine esprimono la preferenza con il cuore e non con la testa. È pur vero, però, che gli unici che hanno mosso le folle nelle ultime due campagne elettorali (politiche e regionali) sono stati Di Maio, Di Battista e Salvini. Il peso del Movimento è noto. Quello della Lega senza il resto della coalizione di centrodestra potrebbe riservare sorprese.
Un fatto è certo: se Carroccio e grillini decidessero di correre insieme, a Campobasso e a Termoli non ce ne sarebbe per nessuno. Ma proprio per nessuno.
È vero, tra ipotesi e ragionamenti non c’è nemmeno un accenno al centrosinistra. Il quadro regionale rispecchia perfettamente quello nazionale: Renzi deserta le assemblee, il governatore della Campania, la vecchia volpe De Luca, fa il menestrello, Bersani e Speranza ancora stanno tirando le somme dei danni provocati con la scissione: nessuna novità, poche i idee e per lo più confuse. Almeno per ora.
Luca Colella

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