Pallante gli ha chiesto più tempo per decidere, lo farà insieme a Meloni. «Aspettiamo», dice il presidente della Regione. Il doppio ruolo del sottosegretario, che oggi pesa di più perché Pallante e Iorio sono nello stesso nuovo partito (cui hanno dato vita Meloni e Fitto) e Iorio pure è presidente di commissione (sono valutazioni che circolano nella maggioranza di Palazzo D’Aimmo), non può continuare a tenerlo.
Il diretto interessato, secondo alcuni suoi colleghi, avrebbe lasciato più facilmente il posto da sottosegretario. Ma il presidente lo ridefinirà con decreto. «Deve essere un ruolo con attribuzioni più concrete, non basta scrivere che partecipa alle sedute della giunta. E poi?», spiega Toma.
Al termine di una giornata iniziata con la riunione chiarificatrice insieme ai capigruppo, il governatore sintetizza: «Dopo sette mesi di lavoro intenso, abbiamo lavorato tutti e io ho sudato sette camicie, abbiamo portato a casa obiettivi che sembravano irraggiungibili. Adesso, con la macchina a punto, non voglio sbavature né in maggioranza né in giunta. Saranno riviste le deleghe, qualcuna la tratterrò io». Conferma un dato rispondendo a una domanda sugli uomini che ha nell’esecutivo: «Non ho motivi per cambiare la giunta ad oggi. Stiamo ragionando per limare qualche non allineamento in maggioranza. Sono contento di come sta andando il confronto».
Torna sulla polemica dei 5 Stelle sulla sua frase “prendo poco per quello che faccio e che ho perso non facendo più la mia professione”: «Ho risposto alla domanda di una giornalista sui costi della politica, a parte l’ironia non è uno scherzo fare il presidente di Regione. E poi ai 5 Stelle vorrei ricordare che il commissario della sanità prenderà 180mila euro all’anno, il loro governo ne ha voluti due, con me commissario quei 180mila euro si potevano risparmiare».
Nel vertice coi capigruppo presieduto dal capo dell’Assemblea Salvatore Micone, Toma ha chiesto di evitare richieste estemporanee di iscrizione di mozioni e ordini del giorno, che gli atti ritenuti urgenti vengano vagliati prima dalla Conferenza dei capigruppo e che in genere si segua l’ordine cronologico di presentazione per evitare che passi troppo tempo e gli atti diventino superati.
Greco (5s) e Facciolla (Pd) gli hanno chiesto di dare spiegazioni all’Aula su quanto sta accadendo in giunta e in maggioranza. Toma ha assicurato che martedì riferirà. Entro una settimana quindi il caso dovrebbe essere chiuso con la riattribuzione degli incarichi.

Pallante e il doppio ruolo: «Mi sono rimesso al partito»

Deciderà Giorgia Meloni. Quintino Pallante ha rimesso l’incarico nelle mani del partito. Ma quale incarico? Il sottosegretario non nasconde il fastidio per una polemica che in maggioranza tiene banco da mesi. Da quando lui ha accettato di diventare sottosegretario – dopo che la leader nazionale aveva dato via libera alla rinuncia all’assessorato che Fratelli d’Italia puntava a ottenere dopo le regionali – e lui non ha lasciato la presidenza della IV commissione. Che nella divisione interna sarebbe andata a Orgoglio Molise con Paola Matteo.
«Sono stato nominato a settembre, l’ufficio me l’hanno messo a disposizione a dicembre. Paradossale che si cerchi di addossare a me la colpa della revoca delle deleghe agli assessori», ribatte Pallante.
Nella riunione di lunedì, aggiunge, il governatore anzi ha detto che «intende dare maggior peso al ruolo del sottosegretario con modifiche che presenterà. Sono stato chiamato come gli altri a dare un maggior contributo, non un minor contributo». E qui sarebbe scattata la levata di scudi degli altri: basta doppio ruolo, o presidente di commissione o sottosegretario.
«Io sono a disposizione del partito e della maggioranza. Se il mio partito si riterrà soddisfatto del ruolo maggiore che avrà il sottosegretario…». Allora lascerà la guida della commissione. Altrimenti, no. «Io non ho mai detto di voler mantenere entrambi i ruoli», insiste Pallante. «Ma fino al 13 dicembre non avevo neanche la stanza da sottosegretario».
Capogruppo, presidente di commissione e sottosegretario: all’indennità di carica si aggiunge una sola di funzione, il sottosegretario non ne ha. «Tre incarichi, dovrei rispondere a chi mi attacca per i costi, e lo stesso stipendio degli altri capigruppo. Anche il tema dei costi della segreteria, l’ho nominata a dicembre e in maniera parziale…». Non è lui la causa degli sprechi, dice ai 5 Stelle. E ai colleghi di maggioranza che battono sul doppio ruolo invece risponde: «Un dettaglio enfatizzato».

 

Nella fase di stanca rumors e veleni. Voci di ricorsi sulle surroghe e ipotesi di assessori esterni in quota a Fi

Nella fase di stanca, quella di mezzo, il tagliando di una giunta lascia sempre il posto a una guerra (o crisi) di nervi.
Sono quelle ore in cui si avvia il confronto e alle dichiarazioni pubbliche si affiancano, restando però sottotraccia e ben al di sotto del crisma dell’ufficialità, letture diverse, seconde possibilità, dietrologie e salendo nella scala veleni.
Per esempio, pare che in queste ore i nervi dei consiglieri surroganti siano fortemente in tensione: se Toma cambia anche solo uno dei quattro assessori interni, uno dei primi dei non eletti entrato in Consiglio tornerà cittadino semplice. Ma circola voce anche di un’altra spada di Damocle: qualcuno starebbe per impugnare la legge elettorale che introduce la sospensione degli assessori dall’Assise, contestando al Tar una delibera di Consiglio votata dai surroganti e ponendo la questione di legittimità costituzionale. Contrari alla surroga, i 5 Stelle che però hanno annunciato pubblicamente che si muoveranno per eliminarla. L’indiscrezione sembra quindi indicare altri eventuali ricorrenti.
In maggioranza, inoltre, diventa sempre più ingombrante il gruppo Iorio: con l’ex presidente fanno sponda Pallante e Scarabeo. Il pressing mira a ottenere rappresentanza in giunta. All’improvviso, nelle ore di stanca di questa crisi, viene fuori l’ipotesi di uno o più assessori esterni. Una mossa per depotenziare il gruppo Iorio? Sembra che qualcuno a Palazzo ci abbia pensato: Forza Italia potrebbe indicare esterni nell’esecutivo, Cavaliere e Di Baggio tornano consiglieri mentre Nico Romagnuolo e Scarabeo tornano primi dei non eletti.

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