«Voteremo la mozione di sfiducia che il gruppo del Pd presenterà contro l’assessore al Lavoro». Sono le 10 di mattina. Dalla sala conferenze di Palazzo D’Aimmo la dichiarazione di guerra delle pasionarie della Lega determinate ad andare fino in fondo per rimuovere dalla poltrona Luigi Mazzuto «inadeguato a ricoprire tale ruolo».
Nel pomeriggio però irrompe Salvini che gela le due: «Le consigliere non parlano e non parleranno più a nome della Lega» dice il Capitano che ha deciso da che parte stare in questa querelle. Poi aggiunge: «Il Molise e la Lega hanno bisogno di gente che lavora, bene e in silenzio, non di personalismi e polemiche». Il primo round finisce uno a zero per Mazzuto salvato dal vicepremier che affonda invece Aida Romagnuolo e Filomena Calenda. In questi dieci mesi di legislatura le due non erano mai state tanto vicine. Oggi usano lo stesso linguaggio, chiaro e diretto, per spiegare che la misura è ormai colma: l’assessore Mazzuto, l’unico che siede nella giunta Toma senza un mandato elettorale, deve togliere il disturbo anche da coordinatore regionale della Lega perché non gode più né della loro fiducia né di quella della base.
Alla guida di un partito che vola nei sondaggi serve uno «Schumacher», non uno che viaggia «col freno a mano tirato». Insomma un buon pilota – dicono ancora le donne delle Carroccio poche ore prima di essere ammonite dal Capitano – magari del Nord, che prenda il posto di chi in questi mesi ha pensato a coltivare solo il proprio orto, rallentando i tesseramenti, impedendo l’apertura di sezioni di partito nei comuni, boicottando i banchetti, cercando di neutralizzare insomma l’impegno di chi ha superato il vaglio delle urne.
Ad aprire il fuoco amico è la consigliera di Casacalenda, prima eletta del Carroccio, e assessora in pectore fino alla telefonata di Salvini in cui le fu chiesto di fare un passo indietro. Lei «ubbidisce» e per disciplina di partito cede lo scranno all’ex presidente della Provincia di Isernia, salviniano della prima ora ma senza il lasciapassare popolare «perché alla regionali non volle candidarsi» dice Aida. Oggi che Mazzuto «è diventato come Penelope» perché – spiega la capogruppo del Carroccio a Palazzo D’Aimmo – «noi costruiamo e lui distrugge », quel posto nell’esecutivo viene di nuovo reclamato dalle due consigliere che denunciano la fragilità dell’amministratore («pur di fare l’assessore non rivendicherà mai il candidato sindaco di Campobasso») e la debolezza del politico «imbavagliato» e dunque «impossibilitato a tracciare la vera linea della Lega».
Il clima dentro il palazzo, a dispetto delle gelide temperature che fuori sono calate a picco, è ormai surriscaldato. Ci sono gli attivisti che fanno da sponda alle battagliere donne della Lega. Se Toma non revocherà l’incarico a Mazzuto «non si escludono ripercussioni sulla maggioranza» avvertono Romagnuolo e Calenda ormai coalizzate e chiedere la testa dell’assessore. Determinata a sfiduciare Mazzuto «perché è inadeguato e non ci rappresenta più» anche Mena Calenda che due giorni fa ha sbroccato su Fb e rotto con l’assessore per essere stata esclusa da un incontro a Fornelli. Oggi spiega così la ritrovata armonia con la collega di partito un tempo nemica giurata: «Il coordinatore ha diviso le due elette per rafforzare la sua posizione».
«Salvini – l’auspicio di entrambe – a questo punto non può far finta di nulla». Poche ore più tardi scopriranno invece, attraverso una stringata dichiarazione ad un’agenzia di stampa, che il loro leader sta con l’assessore e che forse loro sono state messe alla porta.
al

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.