Il pareggio soddisfa la minoranza. Sul dieci a dieci, invece, la maggioranza tira dritto. Gli avversari direbbero che tira avanti.
Finisce così la votazione, con appello nominale (Scarabeo è assente, ndr) come chiesto dai 5 Stelle, sulla mozione di «sfiducia politica» all’assessore Luigi Mazzuto con l’impegno al presidente di verificare se ci sono le condizioni per tenere il coordinatore leghista nell’esecutivo. Il documento è respinto. Ma al Pd che l’ha promosso interessava il dibattito e quello c’è stato.
Prima dei lavori, una concitata conferenza dei capigruppo. Facciolla e Greco comunicano che chiederanno di discutere immediatamente la mozione, che in calce ha dieci firme: i due dem, i 6 Cinque Stelle e le due consigliere espulse dalla Lega Romagnuolo e Calenda. Tre premesse prima del dispositivo, il minimo indispensabile per non intaccare il fronte, troppo eterogeneo per aggiungere anche un solo altro ‘considerato’. Il governatore oppone il regolamento: solo il presidente e la giunta possono essere sfiduciati. Ma le opposizioni hanno aggirato l’ostacolo, la mozione è di sfiducia politica e non tecnica. Il primo stop quindi manca l’obiettivo.
Convulso il vertice di maggioranza. Toma avrebbe chiesto chiarimenti alle ribelli: siete con noi o contro? Loro avrebbero ribadito le critiche a Mazzuto, come assessore e coordinatore. Forse qualcuno evoca gli incarichi assegnati alla Lega, per esempio la presidenza di commissione. Fatto sta che Calenda e Romagnuolo lasciano la riunione del centrodestra prima che finisca. Emblematico il fatto che pochi minuti dopo sia la capogruppo del Carroccio – perché formalmente ancora lo è – a chiedere di discutere la sfiducia a Mazzuto.
«Dieci mesi dopo le regionali non c’è più una maggioranza politica», attacca Micaela Fanelli. Nulla di personale contro Mazzuto, il Pd punta il dito contro «una linea politica eterodiretta da Pontida». Il riferimento è alle dichiarazioni di Mazzuto pro regionalismo differenziato e contro gli sprechi del Molise, «a cui un assessore nelle sue funzioni deve proporre soluzioni e non scagliarsi contro». Il Molise prima di tutto, o non è vero? E poi le «mancate riposte sulle vertenze», a partire dalla mobilità in deroga alla Ittierre.
Accenti e contenuti diversi nelle parole di Aida Romagnuolo: «Non è una sfiducia a Toma o alla maggioranza, né a Salvini che evidentemente non è a conoscenza di quello che combina Mazzuto», marca la distanza dai dem e puntualizza che Mazzuto deve andar via perché a suo parere è inadeguato e non perché ambisce al suo posto in giunta. Poi affonda: quando mi sono candidata sognavo il governo del buon senso e invece il cambiamento non si è visto. Calenda non salva Salvini. Delusa dal capitano, si chiede se il governo regionale sia «un organismo deciso a tavolino o scelto dall’alto». Lei e Romagnuolo insieme fanno 3mila preferenze, Mazzuto nemmeno una perché non si è candidato L’assessore le ha escluse, accusa, e «non ha risolto una vertenza». Se la Lega nazionale non le vuole, Calenda ne ha evidentemente preso atto, «saremo la Lega Molise».
Greco anticipa il responso dell’Aula e lo definisce «la prima sconfitta di Toma», costretto a scegliere «fra Salvini e il Molise». Tutto già scritto per i pentastellati, tutto già detto, ricorda il capogruppo: «Siamo immersi nelle sabbie mobili del partitismo. I vostri primi passi confermano la nostra battaglia tesa a impedirvi di continuare a danneggiare i molisani». Sotto il profilo dell’azione di governo a Toma dice: «È il curatore fallimentare di Frattura. Non può più neanche addossare colpe a chi ha governato prima di lei, l’unico cambiamento che abbiamo visto è nell’accesso ai suoi uffici…».
Infine Vittorino Facciolla: «Fra poco compirà il suo atto di debolezza. Non ci farà neanche iscrivere la mozione, ma poi non si aspetti da noi aiutini politici. Se le due consigliere che oggi sottoscrivono con noi vorranno sfiduciare il presidente della Regione, le nostre firme saranno in calce al documento. Perché la risposta ai problemi dei molisani non può essere: lo dice Salvini».
Volevate il dibattito? C’è stato… Chiudendo la discussione prima del voto, Toma taglia corto. E l’aria che tira si capisce dall’incipit. «Faccio le mie condoglianze politiche ai 5 Stelle per il risultato in Sardegna, esprimo il mio cordoglio al Pd. Auguri alla consigliera Fanelli, assessore in un Comune non molisano così è rimasta in Europa…». Ai suoi dice: «Archiviamo una mozione spiacevole che non ci porta nulla di utile. Chi fa l’assessore lo decide il presidente…». Dopo il voto le minoranze lasciano l’Aula. Dei tanti argomenti in agenda, se ne discute solo uno. Gli altri sono rinviati perché i proponenti non ci sono.

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