Il numero dà il senso di un disastro incombente, a meno di porvi rimedio e quindi rimpiazzare subito «chi esce dalla professione attiva per ‘quota 100’», come chiede la presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche Barbara Mangiacavalli.
Secondo i dati calcolati in base agli anni di anzianità lavorativa e all’età anagrafica dei dipendenti del servizio sanitario nazionale (in Molise è di 54.2 anni, fra le più alte d’Italia), infatti, il settore pubblico potrebbe perdere di colpo 22mila infermieri.
A fine 2018 il limite ‘quota 100’ è stato raggiunto da 75.000 infermieri, il 28% di quelli dipendenti dal Ssn: in Molise un esercito di 4.111 persone. Oltre ai 129 che al 31 dicembre scorso hanno raggiunto il limite naturale di età. Non tutti i 4.111 sceglieranno di andare in pensione in anticipo, ma considerando la lunga permanenza in servizio e gli stipendi mediamente non alti (nel Ssn sono in media di 31-32mila euro/anno), Fnopi stima che circa il 30% medio di chi possiede i requisiti opti per questa possibilità. Si tratta quindi di 22.360 infermieri che potrebbero a breve – da subito: in un solo anno – abbandonare il servizio con un danno fortissimo per l’assistenza, aggiungendosi ai circa 11.500 che hanno raggiunto il limite di età per la pensione. In regione, 1.233 unità.
«Il rapporto numerico infermieri pazienti era già ai limiti del rischio prima di ‘quota 100’ – spiega Tonino Aceti, portavoce Fnopi – ma ora con questa ulteriore emorragia di professionisti la situazione si aggrava. Inoltre, più del 36% delle nuove fuoriuscite dal sistema avverranno nelle Regioni in piano di rientro, già gravemente colpite dal blocco del turnover e il 61% delle nuove carenze è nelle Regioni che dal nuovo sistema di monitoraggio del Livelli essenziali di assistenza risultano inadempienti. Il combinato disposto tra l’attuazione di ‘Quota 100’, il mancato superamento del tetto di spesa per il personale sanitario e il blocco del turnover, rischia di essere la formula perfetta per “mandare in pensione” anche il servizio sanitario pubblico. Se non si adotteranno immediate e profonde contromisure a collassare sempre di più saranno i Livelli essenziali di assistenza già in forte difficoltà e si rafforzeranno le disuguaglianze. Aumenteranno le liste di attesa e le difficoltà di accesso alle cure da parte della popolazione soprattutto delle Regioni in piano di rientro, aumenterà la conseguente necessità di ricorrere al privato magari utilizzando le risorse derivanti dal reddito di cittadinanza, per chi lo prenderà».

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.