Egregio direttore, mi permetta innanzitutto di ringraziarla per lo spazio che ha inteso concedermi. Ho pensato fosse giusto – oggi, nel giorno della Festa dell’Europa – scrivere queste poche righe per condividere con lei e con i suoi lettori una piccola riflessione su di una ricorrenza così importante e tuttavia troppo spesso sottovalutata, se non addirittura trascurata. Sono perfettamente consapevole – come cittadino e padre di famiglia prima, e imprenditore e politico poi – delle difficoltà che attraversa oggi l’Europa, stretta com’è da problemi difficili e da un diffuso senso di “euroscetticismo” che certamente non fa bene alla credibilità delle sue istituzioni. Ma tant’è, e da più parti, nel corso della campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo, ascoltiamo le invettive demagogiche contro un’Europa distante e lontana dalle reali esigenze dei cittadini.
Io ritengo invece che mai come oggi sia importante ricordare gli avvenimenti del 9 maggio 1950 per comprendere appieno il significato di un’idea – l’unità politica dell’Europa – che ha completamente trasformato il modo di concepire la politica sul continente e che è ancora di grande e stringente attualità. E spiego il perché.
Certamente l’idea di un’Europa unita non nasce nel maggio 1950. Essa ha infatti radici ben più profonde nella storia del pensiero e a più riprese si è tentato nel corso dei secoli – il più delle volte con la forza delle armi – di unire il continente sotto un’unica bandiera. La storia ci ha insegnato quale sia stato il prezzo – umano, sociale, politico, economico – che le generazioni precedenti hanno dovuto pagare per aver vissuto simili stravolgimenti.
Quello che avviene il 9 maggio di 69 anni fa è invece qualcosa di diverso. Di estremamente innovativo nella sua semplicità. Il discorso di Robert Schuman, la sua “dichiarazione” che oggi festeggiamo e ricordiamo come l’atto di nascita dell’Unione Europea, rovescia la logica della dominazione dello Stato nazionale e apre la porta all’avvio dell’integrazione pacifica del continente europeo. Il tutto, è bene ricordarlo, all’indomani del più sanguinoso e tragico conflitto che la storia europea abbia mai vissuto.
È questa dunque la grande intuizione dei padri fondatori: mettere insieme le risorse economiche ed industriali degli Stati per creare quella “solidarietà di fatto” che avrebbe reso materialmente impossibile il ricorso alla guerra.
Sotto questo punto di vista non è certamente un caso che l’Unione Europea abbia ricevuto il premio Nobel per la pace nel 2012. Chi oggi parla di sovranismo, dunque, non solo tradisce gli sforzi compiuti dai nostri genitori per consegnarci un futuro migliore, ma tenta di portare indietro le lancette della storia per meri scopi elettorali.
Io credo invece che festeggiare l’Unione Europea non significhi dimenticarne i problemi, né tantomeno sottovalutare l’importanza e l’urgenza delle riforme da fare. Significa invece invocarne il ritorno ai principi e ai valori che ispirarono uomini come Schuman, Monnet e De Gasperi. L’integrazione europea è infatti condivisione di esperienze, valori e principi comuni, all’interno dei quali ciascuno è libero di esprimere al meglio la propria identità nazionale. L’Europa non ci chiede di accettare il corso degli eventi come una realtà immutabile. Essa è la nostra scelta giornaliera: un “plebiscito quotidiano” attraverso il quale decidiamo di legarci ad essa. Di legarci gli uni agli altri in un destino comune.
Oggi, essere meridionali significa anche e soprattutto essere europeisti. Significa essere consapevoli del ruolo che le regioni del Mezzogiorno d’Italia rivestono all’interno dell’Unione Europea, e dunque del mondo globalizzato. E il nostro Molise non fa eccezione. Significa sapere che Bruxelles crede ed investe nello sviluppo del Sud molto più di quanto non faccia, a volte, il governo italiano. Un motivo in più per cambiare il mondo che ci circonda e costruire un futuro migliore. Le sfide da affrontare sono globali, ma insieme in Europa possiamo indicare la strada e ridurre i cambiamenti climatici, rendere sicure le frontiere, combattere il terrorismo. Insieme possiamo promuovere pace, uguaglianza, diritti e democrazia. Ciascun Paese membro, Regione o piccola città può lasciare il segno, ma soltanto insieme possiamo fare la differenza.
Questo perché l’Europa oggi è il nome di tutte le libertà in pericolo. L’Unione Europea è lo scandalo dei nazionalisti, perché è una costruzione politica che, al di là dei suoi meccanismi di funzionamento, è fondata su libertà fondamentali indisponibili e sul rispetto dei diritti personali di tutti i cittadini europei, a prescindere dal volere degli esecutivi e dalle pretese degli stati nazionali. Oggi l’Unione Europea è l’argine che ancora impedisce ai governi di cambiare leggi o costituzioni per limitare la libertà di stampa o quella religiosa, per restringere la libertà economica, per reprimere le libertà civili. La risposta ai populisti è solo lo stato di diritto e la democrazia. È la difesa a tutti i costi dell’Europa, per quanto imperfetta.
Nel salutarla, auguro a lei e ai suoi lettori una buona Festa dell’Europa.
Aldo Patriciello
Eurodeputato

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