Andrea Cozzolino, eurodeputato e candidato Pd alle elezioni del 26 maggio nella circoscrizione Meridionale. Nell’ultima legislatura è stato vicepresidente della Commissione europea Sviluppo regionale e relatore per il Parlamento europeo del Regolamento sul Fesr.
Oggi pomeriggio sarà a Campobasso per partecipare all’iniziative del Partito democratico “Poi dice che uno si butta a Sinistra”, durante il quale sarà presentato l’ultimo lavoro del giornalista molisano Giuseppe Tabasso. Appuntamento a partire dalle 18 in piazza della Vittoria, 8.
Con Primo Piano ha fatto il punto sulla sfida di domenica prossima.
Onorevole, come mai ha scelto di ricandidarsi al Parlamento europeo?
«Ho deciso di correre in questa nuova tornata elettorale per dare voce ai tanti territori che hanno subito, in un momento di crisi, quella politica di austerità più vicina ai conti che alle persone. In questa campagna elettorale ci metterò tutto l’impegno di chi vuole ridare voce alle aree più in difficoltà e che, per crescere, hanno bisogno delle risorse e dei progetti europei, e non certo di sovranismi più attenti a disgregare anziché a unire. C’è ancora molto da fare. Dobbiamo far sì che gli sforzi profusi nell’ultimo quinquennio per superare il decennio di austerità si concretizzino in un’Europa le cui realtà territoriali devono capitalizzare il grande risultato ottenuto con il varo della nuova programmazione».
Il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza la sua relazione sul Regolamento per il Fondo di Sviluppo regionale e il Fondo di coesione 2021-2027. Molti hanno parlato di “una vera riforma” e di “un successo enorme”: perché?
«Mi permetta, innanzitutto, di ringraziare tutti quelli che hanno espresso il loro apprezzamento per questo mio lavoro e i risultati che, con determinazione e persino testardaggine, sono riuscito a ottenere. Sì, credo la si possa davvero considerare un successo. Intanto, perché dopo ben 10 anni di austerità, di politiche attente più ai numeri che alle persone e che hanno soltanto aggravato le disuguaglianze, questa nuova programmazione di ingenti risorse europee parla di crescita e di investimenti: un cambio di rotta totale, che dà ossigeno alle nostre comunità e alle nostre imprese. In secondo luogo, perché sono riuscito ad avvicinare le politiche dell’Unione alle esigenze specifiche dei nostri territori. Ci sono differenze enormi tra le Regioni d’Italia e d’Europa, e quindi sarebbe stato impensabile continuare ad agire come se le stesse misure potessero andare bene per tutte. Infine, sono riuscito a introdurre una considerevole semplificazione delle procedure e un primo grado di flessibilità nell’accesso ai fondi europei che richiedono la compartecipazione delle amministrazioni nazionali e locali – una novità importantissima – che aumenterà di molto le nostre possibilità di avere ancora maggiori risorse».
Tante novità. In concreto, ci può spiegare meglio quali sono?
«La prima è che, oltre a raddoppiare a quasi 3 miliardi i finanziamenti per le aree urbane medio-grandi e metropolitane, ora abbiamo una riserva specifica di 1,5 miliardi per i piccoli Comuni e le aree interne: un successo davvero enorme dopo tanti anni nei quali le politiche europee prendevano in considerazione soltanto i Comuni sopra i 50mila abitanti, e una novità importantissima per le Regioni – come il Molise – fatte soprattutto di piccoli Comuni.
Inoltre, la nuova programmazione prevede il finanziamento degli interventi per la prevenzione del rischio sismico – un punto per noi fondamentale, in un contesto nel quale nessuno degli altri Paesi membri dell’Unione ha un problema di rischio terremoti così serio ed esteso come il nostro. Ora abbiamo delle nuove risorse, che ci permettono di mettere in sicurezza i nostri territori.
Un’altra novità, a me molto cara, è il riconoscimento del ruolo dei Parchi, delle aree naturali protette e dei distretti turistici nella tenuta sociale, ambientale ed economica dei nostri territori, ora inserite nella programmazione dei fondi europei. Questo significa dare più forza ai nostri più importanti presidi contro l’abbandono, il degrado e persino la consegna dei territori alla criminalità. Perché il nostro futuro passa anche dalla difesa delle comunità e dell’ambiente, soprattutto nelle Regioni, come il Molise, così ricche di aree protette e riserve naturali».
L’ambiente: tema diventato obiettivo strategico della nuova programmazione?
«Sì, uno dei tre individuati, assieme al sociale e all’innovazione. Ho chiesto che almeno il 30% delle risorse destinate alle Regioni venga utilizzato per gli interventi volti a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. Ma anche – altra novità importantissima – che questi fondi possano sì essere impiegati per la dismissione e la messa in sicurezza delle discariche, ma non per gli investimenti legati ai combustibili fossili».
E il lavoro?
«Le cito una sola cosa: il divieto di utilizzare questi fondi per le delocalizzazioni d’impresa, anche all’interno dell’Ue. Perché bisogna fermare quel fenomeno deplorevole del trasferimento solo per evitare di dover rispettare i diritti dei lavoratori e pagare meno tasse e contributi. È un primo passo verso una maggiore equità del mercato europeo, che deve tenere conto dei diritti sociali».
Un’Europa, quindi, non così “matrigna” come viene dipinta…
«Dalla programmazione 2014-2020, il Molise ha visto arrivare 77 milioni per le infrastrutture, il patrimonio storico-culturale, il turismo, l’export delle Pmi e l’agricoltura, con investimenti in 200 aziende e assistenza per oltre 1800 imprenditori agricoli. E questo è solo un esempio dell’enorme differenza tra quello che viene raccontato, con tanto odio e livore, e la realtà.
L’Europa ha sicuramente bisogno di diventare una comunità di persone più che di egoismi nazionali, che affronti unita le vere grandi sfide sociali, ambientali ed economiche. Ma l’Europa è anche un luogo di pace, libertà, democrazia, welfare, programmi concreti e risorse concrete – e i nostri giovani lo sanno. Saranno in tanti a votare questo 26 maggio e proprio perché, qualunque cosa dicano le sirene dell’odio, l’Europa è un orizzonte di opportunità e di crescita».
Stiamo parlando di speranza?
«Sì, di una speranza. Da un’Europa che abbiamo reso più vicina e più attenta. Il momento di ridare forza e dignità al Sud è arrivato».

ppm

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