Nessuno come Michele Iorio ha governato tanti anni consecutivamente. Oggi siede tra i banchi della maggioranza, ma è sempre molto critico con le scelte del governo regionale, almeno con quelle che non ritiene all’altezza del particolare momento che sta vivendo il Molise.
A Micone – che lui stesso aveva tirato in ballo per le nomine del Cda di Molise Acque e che ieri ha risposto con una nota al vetriolo – l’ex governatore non intende replicare. Non cade nella provocazione, Iorio.
«Pariamo di vertenze, di lavoro, di sanità, di politica. Le rispondo su tutto e a tutto. Alimentare le polemiche non serve a nulla e non è quello di cui i molisani hanno bisogno», taglia corto il presidente, aggiungendo una frase di Andreotti: «Morale o moralisti? Io distinguerei le persone morali dai moralisti, perché molti di coloro che parlano di etica, a forza di discuterne non hanno poi il tempo di praticarla»
Forte dell’esperienza maturata negli anni, la sua ricetta sulla sanità è semplice: ridurre la mobilità passiva attraverso il potenziamento delle strutture pubbliche, ma per far ciò è necessario che il governo centrale partecipi con uno stanziamento straordinario.
Tante, anche durante questa chiacchierata, le critiche rivolte a Palazzo Vitale: talvolta esplicite, talvolta appena accennate, talvolta “nascoste” tra le righe.
Non lo ha detto e nemmeno lasciato intendere, ma è evidente che se si presentasse l’opportunità di tornare alle urne Iorio non se la lascerebbe scappare.
Presidente Iorio, prima della pausa estiva una seduta monotematica del Consiglio per discutere in aula di lavoro e avviare un percorso che porti a soluzioni concrete.
«Era quasi ora. Ad oggi i lavoratori non hanno avuto nessuna risposta concreta. La Commissione che presiedo ha analizzato l’intera situazione individuando, anche con la collaborazione delle parti sociali, proposte per attuare specifici interventi. La situazione in Molise è talmente grave che merita provvedimenti straordinari da prendere in Consiglio».
Al di là del ruolo che deriva dalla presidenza della Commissione preposta, perché ha deciso di impegnarsi in prima persona nella risoluzione delle vertenze? Un compito assai gravoso.
«I cittadini ci hanno eletto per risolvere i problemi che l’inerzia politica degli ultimi anni ha trasformato in situazioni più complesse del dovuto. Mi è stato assegnato un ruolo ed è mia abitudine fare il massimo per dare risposte. E poi per la prima volta nella storia è avvenuta una istanza dei sindacati che hanno chiesto di essere ascoltati dalla Commissione che presiedo perché si prendano iniziative. Non si può non ascoltare un grido di allarme così forte. Poi verificheremo le capacità di chi ha il compito di realizzare le risposte individuate in Commissione».
È stato il governatore più longevo di questa regione, ne conosce ogni angolo. Perché è così difficile portare il Molise sulla strada giusta?
«La strada giusta è la soluzione ai problemi. Negli ultimi anni è mancata la capacità politica di imporsi a livello nazionale per ottenere le soluzioni sperate e, a livello locale, non si è stati capaci di mettere in campo le misure giuste. Senza crescita e senza infrastrutture non si risolve nulla, anzi. Un esempio su tutti è la costruzione dell’autostrada. Una classe politica che manda indietro i fondi per l’unica infrastruttura in Molise di rilievo nazionale, lei si può aspettare che sia in grado di far imboccare la strada giusta al territorio? Non ho mai ritenuto che il Molise avesse difficoltà a trovare la strada giusta. Sono gli uomini, di solito, che la perdono».
Nessuno, nemmeno lei, ha mai lavorato per dare una vocazione univoca a questo territorio: al momento pare che la Regione voglia privilegiare il turismo, ma dalla costa al venafrano ci sono insediamenti industriali che mal si conciliano con chi vuole scoprire e vivere un territorio affascinante e incontaminato. Vogliamo vivere di industrie, di agricoltura, di accoglienza, di cultura?
«Mi sono sempre rifiutato di ritenere il Molise un giardino zoologico. Una regione è tale se sfrutta tutte le possibilità che ha una società moderna per svilupparsi. Il che equivale a non essere monotematici. Serve il turismo ma serve anche l’agricoltura, un’industria moderna, comunicazioni stradali, l’Università. Non è vero che turismo è cultura. Semmai è la cultura che può favorire il turismo».
Ogni anno questo territorio perde circa 3mila persone. Oltre al saldo che penalizza le nascite rispetto agli anziani che ci lasciano, pesa tantissimo la quota di chi, perlopiù giovani, emigra per cercare fortuna altrove.
«Il fenomeno dell’invecchiamento è tipico della nostra nazione ma qui in Molise abbiamo una vera e propria emergenza. Per correggere questo fenomeno è necessaria un’analisi specifica che individui le ragioni che portano i giovani ad emigrare. Io ho lavorato in questi mesi con professionisti esperti nel settore per elaborare uno studio da sottoporre alla maggioranza. Ho nel cassetto persino una proposta di legge».
Il suo Molise, quello delle scelte negli oltre dieci anni di presidenza, lo immaginava com’è oggi?
«Assolutamente no. Oggi mi viene la depressione a guardare la mia regione come è e a pensare a tutto quello che si sarebbe potuto realizzare e non è stato fatto. Immagini se, dopo di me e il mio governo che comprende tutti coloro che hanno fatto gioco di squadra per raggiungere gli obiettivi, avessero proseguito con le azioni che avevamo messo in campo. E penso non solo all’autostrada ma anche al potenziamento del porto di Termoli, al collegamento con l’altra sponda dell’Adriatico, all’Università del Turismo a Termoli in una location unica credo su tutto l’Adriatico. E penso anche alle grandi filiere che se oggi erano funzionanti avrebbero avuto ricadute positive sul nostro territorio, al Lotto zero, ai collegamenti con l’Abruzzo, all’irrigazione delle Piane di Larino, all’acquedotto molisano centrale, alle trattative con le Regioni limitrofe per l’acqua i cui proventi servivano agli investimenti sul nostro territorio e per creare posti di lavoro. Penso alla Circumlacuale già inserita nell’intesa con la Puglia, al progetto Geosat con creazione di posti di lavoro in Molise. È stato cancellato tutto con un colpo di spugna. Mi chiedo: solo perché portavano la mia firma?».
Cosa le manca di più di quegli anni?
«Tutta la possibilità di poter fare. Possibilità che oggi mi viene negata nonostante io abbia ancora voglia di rendermi utile a questa regione».
Oltre alle consigliere Romagnuolo e Calenda, che spesso non sono in linea con la maggioranza ma per lotte intestine alla Lega, lei è tra i pochissimi consiglieri che pungola il centrodestra.
«Beh, mi sono candidato proprio per questo motivo. Ho sempre detto che avrei difeso progetti e soluzioni in linea con quanto avevamo programmato con l’ultimo governo del vero centrodestra ma non pare ci sia discontinuità con gli ultimi cinque anni».
Ambiva a qualcosa in più, si aspettava che il presidente Toma desse più peso alla sua esperienza, magari assegnandole un incarico di governo? E cosa non le piace dell’attuale governo?
«Onestamente, sì. Non è una questione di incarichi perché dopo aver ricoperto ruoli di vertice per tanti anni, l’incarico di per sé è solo l’avere la possibilità di poter fare. Sull’aspetto politico la discriminazione che si applica nei miei confronti è palese. Le ultime nomine, da basso impero, ne sono la dimostrazione. Non mi imbarazza tanto il mancato assenso di Toma, ci tengo a precisare. Mi piacerebbe solo sapere i motivi del diniego a riconoscere ad una parte politica che chiede rispetto per i 5.200 voti apportati e utili alla vittoria con una lista a me intestata. Certamente atipica ma politicamente significativa. Il mio problema è che ovunque io mi giri trovo povertà, desolazione, depressione, sfiducia, malcontento, rabbia».
Ancor prima che da politico, le chiedo un parere da medico e da cittadino su quanto sta accadendo nella sanità di cui lei è stato anche commissario. Cosa chiederebbe oggi ai ministeri affiancanti?
«Per eliminare la confusione che regna nella sanità è necessario definire con chiarezza due punti essenziali: garantire i trattamenti di emergenza a tutto il territorio ripristinando sicuramente la neurochirurgia a Campobasso, e ridurre con il potenziamento della struttura pubblica l’enorme mobilità passiva. Da troppi anni il Molise ha subito vessazioni incomprensibili sul cosiddetto piano di rientro che somiglia più ad un piano di distruzione calcolata del servizio pubblico. Mi aspetto che il governo del cambiamento operi quella reale discontinuità con il passato che sulla sanità non vedo ancora, magari attuando quello sforzo economico applicato per Roma Capitale o qualche altra città metropolitana».
Ha un sogno per il Molise?
«Che torni ad essere una regione normale dove tutti possano vivere e costruire il proprio futuro».
Luca Colella

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