Si vota a fine ottobre? Chissà… Di certo, se non si vota a fine ottobre il ritorno alle urne è rinviato al 2020. Perché di mezzo ci sarà la finanziaria da approvare, una manovra pesante che sterilizzi l’aumento dell’Iva. Serve un governo in carica, quindi, e servono forze politiche disposte a sostenerlo.
Il giorno dopo aver staccato la spina al governo Conte, Salvini ‘bombarda’ gli ex alleati da Termoli, accusa apertamente i 5 Stelle di tentativi di inciucio col Pd. Anzi, peggio: parla di un accordo fra Renzi e Di Maio. «Stai vaneggiando, inventatene un’altra per giustificare quello che hai fatto, giullare»: è la risposta di Di Maio. Ma in Parlamento i pontieri sarebbero al lavoro.
Negli ambienti pentastellati c’è la convinzione che non si andrà ad elezioni a fine ottobre. Quanto sia una speranza e quanto un’ipotesi realistica lo si capirà a inizio settimana. Il Pd molisano ieri ha riunito la direzione per le provinciali di Campobasso. Ma è chiaro che su tutto incombe la crisi nazionale. Che fa rinviare perfino la festa regionale in programma a Capracotta, da Roma non verrebbe nessuno. Il clima, quindi, è quello del ritorno al voto.
La presidente del Senato Elisabetta Casellati ha convocato la conferenza dei capigruppo lunedì alle 16 per fissare la data della discussione della mozione di sfiducia al premier presentata dalla Lega.
Passata la mozione in Aula – nessuno fa ipotesi diverse al momento – Conte si recherà da Mattarella per le dimissioni. E poi sarà il Capo dello Stato a decidere se affidare all’avvocato degli italiani (come lo stesso Conte si definì nel discorso di insediamento) un mandato esplorativo per verificare l’esistenza di una nuova maggioranza: potrebbe svolgerlo lo stesso Conte o il presidente di uno dei due rami del Parlamento. L’alternativa sarebbe un governo tecnico o di scopo (con il mandato di varare il bilancio) con a capo un tecnico. Consumati in modo infruttuoso questi tentativi, le elezioni. Due le date possibili, visto l’incombere della manovra: il 20 e il 27 ottobre. L’ultima è l’ipotesi più concreta. Le Camere vengono infatti sciolte fra 70 e 45 giorni prima delle consultazioni. L’orientamento, per consentire il voto degli italiani all’estero, è quello dei 60 giorni. Per garantire il ritorno alle urne il 20 ottobre, insomma, si dovrebbe andare ai dibattiti in Aula sulla sfiducia a Conte già prima di Ferragosto e consumare le fasi successive (consultazioni, eventuali mandati esplorativi) entro il 20 agosto. La soluzione delle urne aperte il 27 ottobre darebbe a Mattarella sette giorni in più.
ppm

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