Il compenso dell’amministratore unico dell’Arsarp, la disciplina del distacco del personale degli enti strumentali in Regione e il limite alla circolazione dei rifiuti speciali sul territorio molisano: questi i tre punti critici, secondo il governo nazionale, della legge di stabilità 2019 dell’amministrazione Toma. I tre motivi per cui Palazzo Chigi a luglio ha impugnato la manovra regionale del Molise che la giunta di via Genova adesso si appresta a difendere davanti alla Corte costituzionale.
L’esecutivo ha infatti deliberato, il 9 agosto scorso, di costituirsi nel giudizio promosso dalla presidenza del Consiglio dei ministri, affidando l’incarico di rappresentare l’ente ad Antonio Galasso e Claudia Angiolini del servizio Avvocatura regionale.
Il primo articolo contestato da Palazzo Chigi è l’articolo 10 della legge di stabilità regionale 2019, che, non prevedendo una copertura finanziaria all’innovazione normativa in tema di retribuzione dell’amministratore unico dell’Arsarp, viola l’articolo 81, terzo comma, della Costituzione.
Per l’Avvocatura di Palazzo Vitale si tratta di una lettura «fuorviante, parziale ed erronea» perché «la spesa per tale personale è (ovviamente) già prevista e, in forza del principio dell’onnicomprensività della retribuzione dirigenziale, nulla è dovuto al dirigente della Regione Molise o dell’Agenzia stessa che sia chiamato a svolgere le funzioni di amministratore unico, oltre la normale retribuzione in godimento».
Nel mirino del governo nazionale anche le disposizioni sul distacco di risorse umane all’interno del
“Sistema Molise”, secondo Palazzo Chigi sono in contrasto con le norme costituzionali sul coordinamento della finanza pubblica perché sostiene che i relativi oneri verrebbero posti definitivamente a carico dei bilanci degli enti di appartenenza e non di quello dell’ente utilizzatore finale.
«I dipendenti degli enti costituenti il Sistema Regione Molise potranno essere utilizzati nell’ambito del Sistema stesso temporaneamente, negli ambiti delle competenze per materia riservate a ciascun e nte, per attività di comune interesse, in base a specifici protocolli di intesa sottoscritti ai sensi del richiamato articolo 15 della legge 241 del 1990, ma restano incardinati nell’organizzazione di appartenenza e non hanno titolo preferenziale in alcuna procedura, nemmeno assunzionale, bandita dall’amministrazione regionale. Dunque, giammai tale avvalimento potrebbe costituire un meccanismo per “internalizzare” in Regione il personale appartenente ai ruoli di altri enti», si legge nella delibera del 9 agosto.
Infine, l’articolo 32. Il governo nazionale ha motivato così l’impugnativa: la Regione Molise non può prefissarsi l’obiettivo di limitare nel proprio territorio lo smaltimento di rifiuti speciali di provenienza extra-regionale, né può ostacolare in qualsiasi m odo la libera circolazione di persone e cose, fissando autonomamente la percentuale massima di rifiuti speciali da accogliere sul proprio territorio. Il decreto legislativo 152/2006 stabilisce divieti e limitazioni sulla circolazione dei rifiuti fuori dal territorio regionale di produzione esclusivamente per i rifiuti urbani. Cosa risponde la Regione? Che la limitazione poggia sul principio di precauzione previsto dal Trattato sul funzionamento dell’Ue e che è transitorio. «Nel territorio regionale vi sono ambiti oggetto di monitoraggio continuo, per la verifica dei reali rischi sulla salute; difatti, per orografia e presenza di impianti particolari in detti territori, si determina un “effetto cumulo”, le cui conseguenze non riescono ancora ad avere una definizione scientifica certa, ma che mettono in allarme. Inoltre, la barriera ai quantitativi prevista in legge ha la caratteristica di rappresentare una limitazione transitoria, in attesa che l’attuale piano regionale per la gestione dei rifiuti, approvato il 01.03.16 a seguito della deliberazione di giunta 553 del 09.10.15, possa avere un ridimensionamento sui rifiuti speciali trattabili complessivamente a seguito di comprovate valutazioni scientifiche di pericolo per la salute».

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