Il decreto che recepisce le linee guida nazionali e quindi fissa l’istituzione di una breast unit al Cardarelli è del 18 luglio 2017. Alle indicazioni dell’allora commissario della sanità Frattura, l’Asrem ha dato attuazione complessiva con il nuovo atto aziendale di marzo 2018 che recepisce anche altre novità sulle reti tempo dipendenti (provvedimento approvato da Frattura prima di lasciare l’incarico).
Perché poi si arrivi alla centralizzazione del reparto a Campobasso solo un anno e mezzo dopo è una realtà che ha tante cause: otto mesi di vuoto nella struttura commissariale, visto che Giustini e Grossi sono stati nominati solo a dicembre 2018, probabilmente non sono stati indifferenti. Manca il nuovo piano operativo, quello in vigore prevede che il reparto di Senologia in cui eseguire gli interventi di carcinoma mammario sia incardinato nell’ospedale più grande della regione, che ha funzione di hub. Ancora una volta sono i numeri che sintetizzano il livello di sicurezza: per operare senza alcun pregiudizio neanche ipotetico per le pazienti servono 150 operazioni all’anno. Non le raggiunge Isernia, dove è scoppiata la rivolta per il trasferimento degli interventi a Campobasso, né il Cardarelli. E serve però anche una struttura complessa, un’equipe multidisciplinare (oncologo, senologo, genetista, radiologo, i reparti di anatomia patologica, biologia molecolare).
Ragioni della governance dell’Asrem messe nero su bianco dal direttore facente funzioni Antonio Lucchetti nella relazione letta in Aula dal governatore Donato Toma – che gliel’aveva chiesta in virtù della moratoria votata martedì scorso dal Consiglio – e che l’ex dg Gennaro Sosto aveva illustrato a Isernia nell’incontro con il comitato ‘In seno al problema’ a metà maggio. Da quella riunione, infuocata ma franca, venne fuori alla fine un orientamento possibilista dei commissari. Che però per cambiare il corso degli eventi dovrebbero metterlo, come il loro predecessore, nero su bianco: nel nuovo piano operativo o in un provvedimento che autorizzi l’Asrem a disciplinare diversamente i servizi di Senologia in Molise. Certo andare contro le indicazioni di società scientifiche e accordi nazionali non è semplice.
Così a Palazzo D’Aimmo viene fuori, per la seconda volta in poco più di quattro mesi, che a Isernia la Senologia non c’è mai stata. Che lì si siano effettuati interventi non significa che fosse una breast unit. E che quindi il corso delle cose è inesorabile: al Veneziale restano tutte le prestazioni di primo livello (visite specialistiche, ecografie e chirurgia ambulatoriale), al Cardarelli l’hub a garanzia – specifica Toma – dei «principi di uguaglianza, qualità e sicurezza delle cure» e per recuperare la mobilità passiva. Il Consiglio gli aveva dato mandato di ottenere una sospensione dei provvedimenti di riorganizzazione dell’azienda sanitaria in attesa del nuovo piano. «Si sospende un provvedimento che cancella qualcosa che c’è, non uno che sospende qualcosa che non c’è», la replica del presidente.
«Non mi ha convinto il metodo – attacca la capogruppo del Pd Micaela Fanelli – Ci sono malati, cittadini e comitati che chiedono di essere ascoltati. L’apertura al dialogo è il metodo corretto. E poi nel merito oggi esiste un servizio, c’erano accordi assunti, bisogna valorizzare Isernia senza stravolgere le norme».
Ai cittadini che lo hanno contestato invece il presidente dice altro: «Se c’è stato un servizio che non era autorizzato qualcuno dovrà risponderne. E comunque invito le persone a riflettere sulla sicurezza e le linee guida nazionali che non vanno contro ma a favore dei pazienti».

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