Nelle tre precedenti letture il Pd aveva votato contro, poi il governo coi 5 Stelle ha cambiato le carte in tavola. Sul taglio dei parlamentari non era ammessa trattativa, per i pentastellati andava fatto. Era nel programma originale di governo del Movimento, quello ancora non condizionato da alcun contratto.
Ieri pomeriggio, nella quarta e definitiva lettura della riforma costituzionale firmata Fraccaro, hanno votato contro solo 14 deputati e due si sono astenuti, 533 invece i sì. I componenti della Camera passano da 630 a 400, i senatori da 315 a 200. Entrambe le Camere avranno meno componenti di quanti oggi ne ha Montecitorio. Alla se4duta erano presenti il premier Conte, il ministro degli Esteri e capo politico 5s Di Maio, il capodelegazione del Pd Dario Franceschini.
«Una riforma che incide sui costi della politica e rende più efficiente il funzionamento delle Camere. Un passo concreto per riformare le nostre Istituzioni. Per l’Italia è una giornata storica», così Conte su Twitter. Di riforma storica e «grandissima vittoria per i cittadini italiani» ha parlato Di Maio. «Questa è la vostra vittoria», ha detto poi rivolgendosi ai sostenitori con cui è stata festeggiata la riforma davanti a Montecitorio.
«La riduzione dei parlamentari è una riforma che il centrosinistra e il Pd portano avanti, in forme diverse, da 20 anni – ha scritto su Facebook il segretario del Pd Nicola Zingaretti -. Oggi abbiamo deciso di votarlo tenendo fede al primo impegno del programma di governo e anche perché abbiamo ottenuto, così come da noi richiesto, che si inserisca dentro un quadro di garanzie istituzionali e costituzionali che prima non c’erano».
Il Molise perde il 30% di rappresentanza alla Camera, perché i deputati sono due e non più tre. Anche se non sempre il terzo è stato eletto, nel 2013 per esempio a Montecitorio entrarono solo Leva e Venittelli del Pd, mancò il seggio invece Sabrina De Camillis che poi fu nominata sottosegretario nel governo Letta. Al Senato, invece, la XX Regione non perde nulla. Un taglio che, per una volta, al Molise taglia pochissimo rispetto agli altri.
«Siamo abbondantemente al di sotto del taglio medio», evidenzia il parlamentare pentastellato Antonio Federico. Non ne fa tanto una questione di risparmio, «ci si può tagliare le indennità invece che le poltrone», ma di efficacia ed efficienza del Parlamento. «Io guardo alla possibilità di lavorare meglio, nelle commissioni per esempio, e snellire tempi e procedure. In termini di rappresentanza poi si guadagna anche perché non sarà più possibile costituire e controllare lobby e gruppetti, si eviteranno i ras anche perché sarà più difficile essere eletti, si dovrà uscire dalle cerchie ristrette che garantivano il seggio fino ad oggi».
In Senato, durante i primi passi della riforma, i molisani Fabrizio Ortis e Luigi Di Marzio contribuirono alla correzione dei documenti che prevedevano la riduzione dei senatori in Molise da 2 a 1, «poiché non consideravano che la nostra regione già 55 anni fa, in occasione della sua istituzione, si era vista riconoscere un numero inferiore di senatori rispetto alle altre», spiegò Ortis, assicurando che però la linea era stata appunto corretta. «Siamo stati per anni il Paese con il numero più alto di rappresentanti eletti, abbiamo ascoltato per 40 anni chiacchiere e promesse sulla riduzione del numero dei parlamentari, ma solo il Movimento 5 Stelle è riuscito ad arrivare all’approvazione di una storica legge di riforma costituzionale», il suo commento ieri. Ha detto sì pure la deputata di Leu Giuseppina Occhionero: «La democrazia parlamentare deve. recuperare la fiducia da parte dei cittadini. Questo è il primo passo. Sì al taglio dei parlamentari accompagnato dalle altre riforme “di garanzia” e da una nuova legge elettorale».
r.i.

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