Mattinata ad alta tensione quella che ieri ha stravolto l’ordine del giorno dei lavori del Consiglio regionale, le consuete abitudini degli inquilini di Palazzo D’Aimmo e le regole scritte e non dell’attività politica e istituzionale. Il bus partito da Isernia con il gruppo di manifestanti che per la seconda volta in poche settimane ha preso d’assalto la sede dell’Assise arriva pochi minuti dopo le 10. Ci sono già altri manifestanti, provenienti da Agnone e dal basso Molise, che come loro hanno trovato il cancello chiuso e l’accesso allo spiazzo antistante interdetto. Carabinieri in servizio e uomini della Digos, il servizio di vigilanza interno: una sorta di cordone di sicurezza che esegue le direttive. Bandiere, striscioni, microfoni e decine di persone in rappresentanza dei diversi comitati che hanno acceso i fari sulle varie emergenze della sanità regionale non possono accedere. Motivo questo che si trasforma in una miccia, pronta ad infiammare la tensione. Si tenta una mediazione, alcuni delegati dei vari comitati raggiungono il presidente del Consiglio ma la musica non cambia. Si resta fuori, si occupa la sede stradale e la protesta sale di tono, irrimediabilmente. I manifestanti non si spostano di un millimetro, arrivano i consiglieri Scarabeo e Di Lucente che provano ad entrare nel garage di servizio con l’auto ma nulla da fare. Non si passa. E nemmeno i toni accomodanti e distensivi degli esponenti politici – che provano a spiegare che lì, loro, svolgono il compito per il quale sono stati eletti – riescono ad aprire un varco. «Non hanno fatto entrare nemmeno noi – spiega con decisione un’anziana che blocca la strada di accesso a Palazzo D’Aimmo e non accenna a muoversi nemmeno di un millimetro – voi dovevate uscire fuori, stare qui con noi. Rappresentate la provincia di Isernia, alle prossime votazioni, chi non sta con noi non avrà niente» incalza, mimando con il gesto della mano il senso delle sue parole e costringendo Scarabeo a lasciare la macchina ed entrare a piedi. Dal caso Senologia del Veneziale al Punto Nascita del San Timoteo, passando per il Caracciolo: i delegati dei comitati prendono la parola, la narrazione è identica, cambiano solo i volti e i nomi di chi racconta paure e timori. Trasferimenti di reparti, tagli, l’assistenza che potrebbe non essere tempestiva, i disagi legati all’orografia del territorio, la sensazione che si tratti di un effetto domino.
Emilio Izzo, che guida la protesta del capoluogo pentro, ragiona di diritti disattesi. «Abbiamo chiesto di incontrare i presidenti e i consiglieri prima dei lavori, loro in modo carognesco non solo non ci incontrano ma non ci fanno nemmeno entrare. Iniziano i lavori, questo è spregio. Ditemi ma quando mai hanno cominciato il Consiglio in orario?». L’idea è quella di andare in Prefettura, per segnalare la ‘democrazia interrotta’ visto il divieto di ingresso. «Di certo da domani elencherò tutti i consiglieri regionali che, rispetto alle nostre istanze ci diranno sì, sono con voi, ma con atti conseguenti così come ha fatto Aida Romagnuolo. Farò nomi e cognomi di quelli che mi diranno “sì, sono con voi a difendere la sanità pubblica”». Parla di una questione Molise, che può trovare soluzione solo dal ministro Speranza e dal governo Conte. L’idea, rilanciata ancora, è quella di una ‘moratoria Molise’ per risolvere Isernia, Termoli, Agnone, Venafro, Larino. E sulla Senologia, rincara la dose. «I medici devono operare in serenità, che viene a mancare visto che si contano i casi di chi si può operare e chi no. Professionisti con il fiato sul collo, ai quali vengono aperti gli armadietti per vedere dentro cosa c’è. È successo l’altro ieri, c’è una denuncia. Oppure far sapere che non si acquisterà più il liquido per le indagini diagnostiche sul linfonodo sentinella».
Sempre al Veneziale, racconta Annarita Di Pilla (una mamma), «dal 15 novembre sarà smantellato la Neurofisiopatologia». Reparto in realtà chiuso e accorpato a Campobasso da anni, la signora a Toma consegna una lettera, chiede che si sia un ambulatorio almeno a Isernia.
Le mamme del comitato “Voglio nascere a Termoli” da Toma invece vogliono chiarezza sulla richiesta di deroga per il punto nascite del San Timoteo.
Un’assemblea davanti ai cancelli per fare il punto e non spegnere i riflettori, dal Palazzo escono i consiglieri del Pd, quelli dei 5 Stelle, Romagnuolo e Calenda.
E nello spiazzo antistante il Consiglio, per farsi vedere e sentire, ci sono anche dei manifestanti a quattro zampe: randagi curati e accuditi dai volontari in attesa di adozione, chiedono – i volontari e le associazioni – il piano triennale del randagismo e il pronto soccorso animali.
In serata, a chiusura di seduta, si surriscalda l’ambiente pure in Aula: sui concorsi appena avviati dalla Regione, quello per dirigenti finisce anche nel mirino di Andrea Di Lucente, che vuole vederci chiaro, racconta che qualcuno gli ha segnalato possibili irregolarità, addirittura previsioni sui vincitori. Scarabeo chiede spiegazioni su queste dichiarazioni. Delle mozioni, una dei 5s, si discuterà nelle prossime riunioni dell’Assemblea.

E sulla formazione scoppia la rissa: corpo a corpo con il sottosegretario

Da oltre un anno almeno, gli operatori della formazione professionale assistono alle sedute del Consiglio regionale attendendo una soluzione. Terminati i progetti su cui erano impegnati, l’hanno sollecitata al governo regionale. Però ancora non arriva. C’è una proposta di legge a firma di Scarabeo iscritta all’ordine del giorno, sarà discussa – è stato assicurato – appena la giunta avrà definito la copertura economica. Anche ieri, comunque, la formazione professionale era a Palazzo D’Aimmo. Mentre la seduta era sospesa, il caos.
Un confronto durissimo con il sottosegretario alla presidenza della Regione Quintino Pallante in cui sono volate accuse, urla e parole grosse. Gli operatori puntano il dito lamentando di essere stati traditi dai politici cui hanno dato il voto. Evidentemente Pallante respinge al mittente, perché dalla zona pubblico gli viene risposto: come fa a dire che non lo abbiamo votato?
Il sottosegretario non demorde e replica: «Io non me ne vado da qua, sto in Aula e voglio essere rispettato». Arriva il collega di maggioranza Di Lucente (poi anche Cavaliere e Paola Matteo) per convincerlo a lasciar perdere. «Io non me ne vado, voglio essere rispettato, non ho paura di nessuno», ancora Pallante. «Anche noi vogliamo essere rispettati, ci state rispettando?». Gli animi si surriscaldano, la Digos evita contatti più decisi. «Io ho votato centrodestra», urla a Pallante uno degli operatori. La lite comunque non degenera. Anche perché l’esasperato operatore cambia obiettivo, se la prende coi giornalisti. Invitati naturalmente a uscire. E cala il sipario.

 

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